Nulla senza te

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Gv 15,1-8

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Lettura

Con la pagina della vite e dei tralci Gesù esorta i discepoli a puntare alla “misura alta” della loro sequela, cioè alla santità, che consiste nell’unione con Cristo mediante l’unione fraterna, “rimanendo in” Lui. In questo capitolo giovanneo troviamo, infatti, come continuo ritornello il comandamento nuovo di Gesù.

Meditazione

Con l’allegoria della vite e dei tralci, Gesù vuole inculcare nei discepoli la necessità dell’unione profonda e vitale con la sua persona divina. Il tema dominante è dato dal verbo rimanere in che ricorre ben sette volte. Nei primi quattro versetti Gesù parla soprattutto della relazione che intercorre tra Lui, il Padre e i discepoli, raffigurati nei tralci. Si tratta di un rapporto triangolare. Negli altri quattro versetti, invece, si sottolinea molto la relazione tra Gesù e i suoi discepoli. Si tratta di un rapporto bivalente (Io-Voi). Può essere significativo evidenziare il simbolismo numerico: due volte torna l’espressione Io sono la vite (rapporto dialogico: rispetto al Padre-vignaiolo; rispetto ai discepoli-tralci); sei volte portare frutto (il massimo della imperfezione se non si è radicati in Gesù); sette volte rimanere: è qui la perfezione e la causa del portare frutto. «Io sono la vera vite», cioè la vite della verità. L’opposizione è alla “vigna del Signore”, che nell’AT è uno dei simboli del popolo-sposa Israele. Per Osèa questa vigna è stata colmata da Dio di benedizione e tenerezza nel deserto, tempo dell’innamoramento e dell’amore fedele. Ma la vigna-Israele ha tradito se stessa e l’amore di Dio (cfr. Is 5,1-7; Sal 80,9-17). Gesù è la vite nuova della verità, che mai più deluderà… perché è Dio fatto carne. E porterà frutto chi si attaccherà rimanendo saldamente in Lui. La vite non è più il popolo (Israele-Chiesa) ma Gesù nella sua dignità cristologica: Io Sono. Solo se rimane radicata in Cristo-vite, la Chiesa-popolo nuovo esiste e porta frutto. «Chi rimane in me… fa molto frutto… Chi non rimane in me viene gettato via…» è il dilemma posto da Gesù ai suoi discepoli: accettare di essere innestati in Lui o essere soppressi perché «senza di me non potete fare nulla». L’accento delle parole di Gesù non è sul termine “portare frutto”, ma su “in me”. Rimanere in Gesù è fonte e meta della santità, è l’essenziale della vita cristiana, è l’unico sentiero di fecondità evangelica e pastorale, perché porta con sé la fecondità di Cristo-vigna che ha dato se stesso per amore.

Preghiera

Signore Gesù, Amore che non delude, dammi di rimanere sempre in te; fammi essere amore come te. Per essere fedele al Padre, per dare fecondità al mio cuore, per irrigare con l’acqua della tua Parola la terra arida dell’umanità. Amen.

Agire

Oggi farò un attento e fiducioso esame di coscienza per capire bene in che cosa continuo a deludere Dio. Poi chiederò perdono e potrò ricominciare…

Meditazione a cura di mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti  info@edizioniart.it

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione