Pope Francis in Ostia

ANSA - OSSERVATORE ROMANO

Il Papa a Ostia, baciato dalla folla e dal sole

Giovani, malati, famiglie e nomadi tra gli incontri del Papa a Santa Maria Regina Pacis. Nell’omelia, il Pontefice chiedere rimanere in Gesù per non divenire tralci morti o “ipocriti”

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La consueta girandola di famiglie, bambini, anziani, malati, ha animato, ieri pomeriggio, la nona visita pastorale di Papa Francesco in una parrocchia romana “di periferia”, ovvero Santa Maria Regina Pacis a Ostia Lido, nel settore sud della diocesi di Roma.

In una giornata quasi estiva, il Pontefice è giunto nella chiesa intorno alle 16 per salutare le varie realtà pastorali e confessare quattro fedeli. Ancor prima, però, come nell’ultima visita a San Tommaso Apostolo a Pietralata, ha voluto regalarsi un ‘fuori programma’ recandosi nel campo dei giostrai gestori del vicino Luna Park. Nello stupore generale, il Papa è entrato pure nella roulotte delle Piccole Sorelle di Gesù di Charles de Foucauld che hanno scelto di condividere la realtà dei nomadi.

Prima della Messa, poi, Bergoglio si è intrattenuto con un gruppo di giovani complimentandosi con loro per non aver ceduto alla “tentazione” di “andare in spiaggia, con questo sole”, e preferendo venire invece a salutarlo in parrocchia. D’altronde “nella vita – ha detto il Papa – si deve scegliere”, e alcune scelte sono “difficili” e non “tanto belle”. Ad esempio, “se io devo fare i compiti della scuola e devo dare testimonianza di quello, ma non lo faccio, scappo in strada, vado… È  una scelta sbagliata. E quella scelta sarà divertente, ma non ti darà gioia”.

Proprio di gioia ha parlato poi il Papa ai ragazzi, che – ha sottolineato – “non si compra qui al mercato” e mica “te la danno perché tu vinci ad un gioco al Luna Park”. “No! La gioia è un dono”, ha rimarcato, “è un regalo dello Spirito Santo”. E dobbiamo chiederla per “non avere quella faccia ‘caduta’ della tristezza, della malinconia” o ancora peggio “un sorriso di cartone”.

“Se io sono triste, se io sono giù, se io sono pigro e non so cosa fare, devo chiedere la gioia allo Spirito Santo e Lui me la darà, perché è un regalo che viene da Lui”, ha ribadito Bergoglio, invitando i ragazzi a superare le barriere dell’egoismo e ad “andare sempre oltre, andare avanti”. L’incontro si è concluso con la preghiera dell’Ave Maria.

L’orazione alla Vergine ha suggellato pure il saluto di Francesco alle famiglie dei bambini battezzati nel corso dell’anno, alle quali il Santo Padre ha ricordato l’importanza del Sacramento del Battesimo: “un bel passo” con cui “si incomincia la vita della fede”. Questa fede è un cammino – ha evidenziato il Pontefice – che i genitori dovrebbero compiere insieme al bambino. “È importante…. Quando avete tempo! Perché non sempre con i bambini si ha tanto tempo”, ha raccomandato, “ma sempre essere vicini al Signore che ha dato la fede a questi bambini”.  

Infine ai malati e agli anziani, sistemati nella palestra parrocchiale, Bergoglio ha portato una parola di conforto, ricordando che tutti loro, “che hanno saggezza della vita” e “saggezza del dolore”, sono dei veri “privilegiati” perché “assomigliano tanto a Gesù: soffrono come Gesù e portano la croce come Gesù”.

Essi, inoltre, sono “la memoria del nostro popolo, la memoria della famiglia”: i giovani, i bambini, i ragazzi “sono il futuro di una storia che voi date loro il futuro di un popolo”, ha incoraggiato il Santo Padre. E ha ammonito che “se in una comunità sono trascurati gli ammalati e gli anziani, vuol dire che “quella comunità non va bene, manca qualcosa”.

Durante la Messa in Santa Maria Regina Pacis, alle 18, il Papa si è soffermato sulle parole di Gesù nell’Ultima Cena: “Rimanete in me”. Come all’Angelus ha quindi ribadito che “questa è la vita cristiana: rimanere in Gesù”, come i tralci che se attaccati alla vite danno frutto, se staccati muoiono e finiscono nel fuoco.

A noi che “siamo peccatori”, a volte il Signore “ci pota un po’, perché possiamo dare più frutto”, ha proseguito il Papa. E rimanere in Cristo è anche questo: avere “la volontà di ricevere la vita da Lui, anche il perdono, anche la potatura”, nella certezza che il Signore “sempre ha cura di noi”.

Il guaio è “se noi ci stacchiamo da lì, non rimaniamo nel Signore”: diventiamo “cristiani a parole, ma non di vita”, cristiani “morti, perché non diamo frutto”, ha avvertito Francesco. Ha quindi evidenziato come, concretamente, rimanere in Gesù si traduca nel “pregare”, nell’“accostarsi ai sacramenti” e nell’“avere lo stesso atteggiamento di Gesù”.

Ad esempio, se siamo “bugiardi”, se “truffiamo” gli altri o ancora peggio li “spelliamo” chiacchierando e mal parlando di loro, sicuramente non rimaniamo in Gesù” – ha rimarcato il Papa – perché “Gesù mai ha fatto questo”. Rimanere in Lui, significa infatti “fare le stesse cose che faceva Lui: fare il bene, aiutare gli altri, pregare il Padre, curare gli ammalati, aiutare i poveri, avere la gioia dello Spirito Santo”.

Ogni cristiano, alla luce di questo, dovrebbe allora domandarsi: “Io rimango in Gesù o sono lontano da Gesù? Sono unito alla vite che mi dà vita o sono un tralcio morto, che è incapace di dare frutto, dare testimonianza?”. Attenzione, ha soggiunto il Papa, perché oltre ai tralci morti ci sono anche i “tralci ipocriti”; quelli, cioè, “che si fanno vedere come discepoli di Gesù, ma fanno il contrario”, che “magari vanno tutte le domeniche a Messa, forse fanno la faccia da immaginetta, tutte pie, ma poi vivono come se fossero pagani”.

Cristo “ci dà la forza, e se noi scivoliamo in peccati ci perdona”, ha concluso il Papa ma ci domanda queste due cose: rimanere in Lui e non essere ipocriti. E “con questo una vita cristiana va avanti”.

Prima del rientro in Vaticano, Francesco ha voluto immergersi un’ultima volta nella folla di parrocchiani, salutando soprattutto a quelli rimasti fuori della Chiesa che, tra striscioni e bandierine, si dimenavano per riuscire a stringere la mano o anche solo incrociare lo sguardo del Vescovo di Roma. A tutti costoro, il Papa ha detto: “Grazie della vostra calorosa accoglienza… Vi porto nel cuore!”.

 

 

 

 

 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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