Messaggio di Natale 2008 del Patriarca latino di Gerusalemme

GERUSALEMME, martedì, 23 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il Messaggio per il Natale di quest’anno del Patriarca latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal.

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Le campane delle chiese di Betlemme ritornano a suonare, con il perenne canto degli Angeli:“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà” (Lc 2,14). “Il principe della pace” è nato, rivolgo questo messaggio di Natale a tutti gli abitanti della Terra Santa in Giordania, Palestina e Israele: Cristiani locali, Ebrei, Musulmani, Druzi, pellegrini, e a tutti gli amici della Terra Santa. Invito tutti a innalzare la preghiera al Signore affinché faccia di questa terra “ un regno di verità e vita, un regno di santità e grazia, un regno di giustizia, amore e pace” (Prefazio di Cristo Re, Liturgia Romana). Il desiderio nostro profondo è che il santo Natale porti quella pace tanto sospirata da tutti i popoli, basata sulla giustizia e sulla verità. La nostra vita in questa terra, santificata dai Profeti, potrebbe così diventare una terra di un continuo Natale che si rinnova, dove la gioia natalizia regni nei nostri cuori e nelle nostre famiglie, e si manifesti anche per le nostre strade. Allora, daremo testimonianza ai cari pellegrini che visitano questa terra, della portata della nostra fede e dell’amore reciproco, della nostra ospitalità e coesistenza fraterna, uniti nella fede in Dio e in un inettulabile destino comune.

Chiediamo a Dio di concederci la pace e ai nostri paesi la prosperità. Che moltiplichi le opportunità di lavoro, certo, ma soprattutto le opportunità d’incontro tra i cittadini e di dialogo tra le religioni e le culture. Allora la stabilità si estenderà e dissiperà le peoccupazioni delle famiglie per il futuro dei loro figli che non faranno più ricorso all’emigrazione, non saranno sradicati dalle loro radici religiose e nazionali, e non perderanno la loro identità.

Natale è ritornato e ci ritrova più portati alla speranza, per i recenti incontri internazionali, ai più alti livelli, tra responsabili religiosi e anche tra diversi promotori di pace. C’è stato un vero salto di qualità, basato su una sincera volontà di progredire nella relizzazione della pace, del dialogo, della coesistenza e dell’accettazione dell’altro, e si è presa una certa distanza dagli atteggiamenti rigida intransigenza, dai pregiudizi e dalle accuse offensive d’infedeltà.

Possa la grazia di Natale e le preghiere sincere dei fedeli accompagnare i leader che hanno intrapreso queste iniziative di pace, benedire i loro sforzi e coronarli di successo. Questa speranza e questo ottimismo, però, non ci fanno dimenticare l’instabilità, la mancanza di prospettive chiare per l’avvenire, la mancanza di sicurezza, le agressioni contro i cittadini e le violazioni contro proprietà e beni.

Come Betlemme aspettò durante secoli Colui che avrebbe “spezzato il giogo e la sbarra che pesavano sulle spalle del popolo, e il bastone del suo aguzzino” (Cf. Isaia 9,3), così anche noi stiamo aspettando la manifestazione della grazia del Signore che metterà fine all’occupazione e all’ingiustizia, liberandoci da quelle paure, difficoltà e divisioni interne che affliggono questa terra. Aspettiamo l’alba di una nuova era nella quale il perdono vincerà sulla vendetta, l’amore sull’odio; un’era nella quale sorgerà il sole di pace e giustizia, i rancori, l’avidità e le ambizioni scompariranno, e le inimicizie tra di noi tramonteranno; un’era in cui la gente s’incontrerà in spirito d’armonia e amicizia:“Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto, il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà” (Isaia 11,6).

Nauralmente, in questa solenne occasione, non dimentichiamo Gerusalemme, questo grande patrimonio di cui siamo corresponsabili e che ci preoccupa tanto. Difendiamo i suoi diritti e la sua sacralità, e vogliamo conservare il suo carattere unico e tipico. E’ il luogo santo comune dove le tre religioni monoteistiche, l’Ebraismo, l’Islam e il Cristianesimo s’incontrano e si uniscono nella fede in Dio e nell’appartenenza alla discendenza del loro padre Abramo. La Città di Gerusalemme soffre dagli illegali insediamenti, e di un’emorragia di emigrazione dei suoi figli cristiani verso l’estero, a causa della mancanza di pace e del deterioramento della situazione politica. Tutto ciò non fa altro che suscitare in noi una forte apprensione per il futuro delle nostre Comunità cristiane e per le loro condizioni. Apprensione condivisa da tutti i Patriarchi d’Oriente dei quali, vi riporto il loro ultimo messaggio:

“Ci rivolgiamo ai nostri figli e a tutti gli abitanti della Terra Santa che vivono in condizioni deteriori in Palestina, soprattutto l’ingiusta chiusura imposta a Gaza e a centinaia di migliaia di innocenti. Siamo riconoscenti a tutti gli uomini di buona volontà che non risparmiano sforzi per spezzare questo blocco. Nello stesso tempo invitiamo fortemente i responsabili locali e internazionali ad impegnarsi seriamente per raggiungere una pace giusta e finale in Terra Santa. Che questa terra torni ad essere fonte di redenzione, riconciliazione, giustizia e perdono per i suoi abitanti e per il mondo. Invitiamo i palestinesi stessi a ritornare con coraggio alla loro unità interna nel quadro della legalità palestinese riconosciuta, evitando così alla popolazione un assedio mortificante”(Comunicato finale della 18esima Assemblea del Consiglio dei patriarchi cattolici d’Oriente, Bkerké, novembre 2008)

Nella preghiera di questa solennità non dimentichiamo gli altri villaggi e città della Terra Santa che soffrono disagi e tribolazioni a causa delle difficoltà di comunicazione interna ed esterna. Con dolore e rammarico costatiamo l’imposizione ai civili di barriere di chiusura, posti di controllo esasperante e costruzione di muri di isolamento. Il che provoca violenze e coercizioni, accresce il sentimento d’ostilità e odio tra i popoli, quando abbiamo, invece, un estremo bisogno di tranquillità, serenità, fiducia reciproca e collaborazione.

La seconda tragedia, davanti alla quale non possiamo rimanere in silenzio, è quella dell’Iraq come popolo, civiltà, patrimonio e storia, in seguito all’occupazione e alla distruzione delle sue strutture di stato, diventando purtroppo teatro del terrorismo e della violenza. Ci colpisce, in particolare, la distruzione di chiese e moschee, i rapimenti e l’uccisione di sacerdoti e vescovi, le devastazioni e il saccheggio delle case, nonché le minacce e le espulsioni dei cristiani. E’ nostro profondo auspicio che la popolazione dell’Iraq resti nella sua patria. Vogliamo pregare per l’unità di questa nazione e per il ritorno alla vita normale in tutte le sue parti.

Carissimi fratelli e sorelle, ci è molto lieto comunicarvi il desiderio di Sua Santità il Sommo Pontefice Benedetto XVI di visitare la Terra Santa, nel prossimo mese di maggio, come pellegrino, per pregare con noi e per noi, e per rendersi conto personalmente delle nostre reali condizioni in questa regione. Assicuriamo la nostra preghiera affinché il pellegrinaggio di Sua Santità nei nostri paesi sia una benedizione per tutti, un’opportunità di armonia tra i popoli, un’occasione per togliere le barriere, solvere i problemi, alleviare le sofferenze e rinsaldare i rapporti, di modo che tutti i popoli della regione godano di sicurezza e pace.

Da Betlemme rivolgo un appello ai confratelli vescovi e, in generale, a tutti i leader religiosi, ai sacerdoti e seminaristi, ai religiosi e religiose, alle comunità di vita contemplativa, a tutte le persone di buona volontà, a tutti i credenti, ai pellegrini e amici di Terra Santa: non dimenticate Betlemme e Gerusalemme nelle vostre preghiere. La Terra Santa lancia un grido di speranza alle vostre coscienze e fa appello al vostro aiuto, non lasciatela sola e isolata nella sua tribolazione. Rimanga invece terra di amore e pace, di
riconciliazione e giustizia per tutti i suoi figli.

O Bambino di Betlemme, tu che hai voluto nascere nel silenzio e nella quiete, semina nei nostri cuori l’amore per la giustizia, la pace e la serenità. Tu che hai conosciuto la povertà, il bando e l’esilio, abbi pietà dei nostri poveri ed espulsi, dei nostri prigionieri e profughi.

Tu che sei infinito, hai voluto fare l’esperienza dei limiti nel tempo e nello spazio. Hai conosciuto i limiti dello spazio, la nascita in una grotta, la fuga all’estero e il cammino per le nostre strade. Hai pure conosciuto i limiti del tempo quando sei “sceso” nel grembo della Vergine Maria, sei nato in una grotta come un esule, e ti sei rifugiato in Egitto come profugo e rigettato. Santifica i nostri paesi e che il tuo santo nome sia santificato dappertutto. Che tutte le circostanze difficili che viviamo ci conducano a una maggiore santità e ci rendano piu vicini a te e agli altri.

O Bambino della Grotta, tu che hai rigettato la violenza, l’omicidio e l’odio,

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e con la tua nascita hai diviso la storia tra vecchia e nuova,
allontana dalla tua terra le guerre e la distruzione delle case,
semina nei nostri paesi i germi di fraternità,
concedi agli afflitti e ai poveri speranza e consolazione.
O Bambino povero, emigrato ed espatriato, volgi il tuo sguardo
su chi è emigrato dalla Giordania e dalla Palestina, dal Libano, dall’Iraq
e dagli altri paesi vittime d’ingiustizie.
Fa della tua patria una terra di benedizione e di prosperità,
una terra d’incontro tra tutti i fedeli delle religioni.
Nessuna nazione alzi più la spada contro un’altra.
Il tuo Natale sia la nascita di un’era nuova,
ricca di pace, stabilità e sicurezza.

Amen

Fouad Twal,
Patriarca Latino di Gerusalemme

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ZENIT Staff

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