Santi Pietro e Paolo

Santi Pietro e Paolo - © Carmelo Raco

La testimonianza di martirio degli apostoli Pietro e Paolo

La testimonianza dei due apostoli che la Chiesa ha ricordato ieri è stata il preludio di una sequenza di testimonianza di vita cristiana che prosegue fino ad oggi

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La solennità della memoria del martirio degli apostoli Pietro e Paolo è stata il preludio di un’interminabile sequenza di testimonianza di vita cristiana che continua numerosa anche ai giorni nostri.
Ripensando alla storia personale delle due colonne della Chiesa, appare subito evidente la trasformazione che essi hanno avuto per mezzo della grazia, la quale vuole operare nel cuore di ogni uomo a condizione che si accetti liberamente di lasciarsi raggiungere e avvolgere dal suo amore.
Pietro, il Principe degli Apostoli, era un uomo di umili origini, un pescatore che passava le sue giornate sul mare di Galilea, chiamato da Dio non in virtù delle sue capacità, ma per volontà divina. Ricordiamo che quando avvenne il primo miracolo di Gesù della pesca miracolosa, Pietro avvertì immediatamente tutto il suo disagio di essere vicino a Cristo pronunziando quelle celebri parole: “Signore, allontanati da me, perchè sono un peccatore” (Lc 5,8). Egli aveva chiaro i suoi limiti e la sua fragilità, e questa sua umile conoscenza di se stesso ha costituito per lui quel santo desiderio di seguire il Signore. L’essere diventato apostolo non lo ha preservato dalla tentazione di cadere nelle seduzione del male. Dopo aver pronunziato, nei pressi di Cesarea di Filippo, la sua professione di fede del Cristo, “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16), lo troviamo subito ribellarsi alle parole di Gesù, invitandolo a desistere dalla volontà di Dio Padre che invitava Gesù, il suo figlio prediletto, al sacrificio della croce per la salvezza del mondo.
Malgrado Pietro sia stato sempre il primo a rispondere alle domande di Gesù, il primo a promettere fedeltà e vicinanza al suo Maestro, lo vediamo lasciarlo solo nella preghiera sul Monte degli Ulivi, scappare davanti al suo arresto, negarlo di fronte ad una portinaia, rinchiuso nel cenacolo per paura con gli altri discepoli. Malgrado queste incoerenze tra le sue intenzioni e le sue effettive azioni, alla fine della sua vita lo vediamo appeso sulla stessa croce di Gesù, ma a testa in basso, perchè non si riteneva degno di subire lo stesso supplizio del suo Signore.
Paolo ha avuto vicende di vita diverse rispetto a Pietro, anche se la misericordia di Dio ha agito con la stessa generosità ed efficacia nell’animo dell’apostolo della genti.
Paolo veniva dal mondo giudaico, aveva studiato alla scuola di Gamaliele, era un fariseo osservante delle tradizioni dei padri, era un convinto sostenitore che la salvezza venisse dall’osservanza dalla legge, e per questa ragione era disposto a perseguitare tutti i tragressori della legge. Ma dopo l’incontro con Gesù risorto sulla via di Damasco ricevette una rivelazione che trasformò la sua vita. Egli diverrà un profondo sostenitore dell’amore misericordioso di Gesù, predicando che la salvezza è riservata non solo ai giudei, ma ad ogni uomo che si apra all’amore di Dio, per ricevere il suo spirito di verità e libertà. Paolo ha annunziato al mondo intero che la salvezza viene dalla grazia della fede, la quale porta con se la forza di compiere le opere di carità, ma nello stesso tempo di accogliere la misericrdia di Dio che perdona i nostri limiti, le nostre omissioni ed i nostri peccati.
Paolo dopo avere compiuto i suoi viaggi apostolici nella quale ha patito la fame, la sete, la nudità e dove ha ricevuto percosse, ha rischiato varie volte di perdere la vita, giunse a Roma per essere giudicato a causa della sua fede. Anche in questa occasione rese testimonianza con le sue parole e con il gesto del martirio all’amore per Gesù Risorto verso il quale provava una immensa gratitudine per avere rinnovato profondamente la sua esistenza.
La città eterna è diventata, così, testimone della fede di questi due luminosi apostoli che hanno reso fertile un terreno che avrebbe dato tanti frutti abbandonanti di vita e di amore. I tanti martiri della Chiesa delle origini costituiscono una illustre testimonianza di come l’esempio di Pietro e Paolo abbia suscitato nei loro animi quella speranza della vita eterna, preparando il terreno a cogliere quell’intuizione sulla vittoria di Gesù operata sul male e sulla morte. Tanti uomini e donne, anziani e bambini, ricchi e poveri, hanno preferito il martirio piuttosto che rinnegare la fede in Dio, convinti che la morte subita per amore a Cristo non solo gli avrebbe spalancato le porte del paradiso, ma sarebbe stata quella testimonianza che avrebbe attratto anche altri uomini ad accogliere la fede cristiana che conduce alla salvezza delle anime, alla resurrezione della carne e alla comunione dei santi.
La Chiesa dei nostri tempi assiste quotidianamente al martirio di tanti cristiani che vengono uccisi a causa della loro fede in Dio. La celebrazione dei santi martiri diventa per tutti un invito a dare sempre testimonianza della propria fede, la quale aumenta di splendore proprio quando gli altri tentano di soffocarla, una fede che compie la sua missione non quando si pone su un piedistallo ma quando perdona i propri agressori, una fede come il chicco di grano caduto per terra che muore e produce molto frutto.
Il paradosso della vita cristiana è racchiuso proprio nella celebrazione dei martiri, i quali non hanno potuto vedere in vita i frutti delle loro fatiche, ma ora godono dal cielo dei benefici delle loro opere. Essi intercedono per ogni uomo, affinché possa accettare di salire quotidianamente sulle propria croce, per attendere con pazienza ed umiltà l’arrivo del Salvatore che porta in dono la vera pace e l’autentica consolazione.

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Osvaldo Rinaldi

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