"L'eredità di gioia di san José de Anchieta sgorga dal cuore di Gesù"

Papa Francesco ha presieduto la Messa di ringraziamento, nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, per la canonizzazione del gesuita brasiliano

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Una folla festante ha accolto l’arrivo di papa Francesco, recatosi oggi pomeriggio nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola per celebrare una Messa di ringraziamento per la recente canonizzazione, avvenuta lo scorso 3 aprile, di José de Anchieta, chiamato “Apostolo del Brasile”. La chiesa di Sant’Ignazio di Loyola è della Compagnia di Gesù, ordine cui appartiene il nuovo santo, “gesuita della prima ora”, come è stato definito stamattina dal cardinale di San Paolo Odilo Scherer.

Il cardinale brasiliano era presente alla Liturgia, insieme al suo connazionale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida, e a tanti altri porporati, vescovi e preti, tra cui numerosi rappresentanti della Compagnia fondata da Sant’Ignazio di Loyola.

Nella sua omelia in lingua spagnola, il Santo Padre ha proposto nuovamente il concetto della gioia, di cui le Scritture sono ricolme in questa prima settimana del Tempo di Pasqua. Papa Francesco ha commentato il passaggio del Vangelo di oggi sui discepoli di Èmmaus, inizialmente increduli rispetto alla Resurrezione di Cristo.

“È più facile illudersi che seguire il Risorto”, ha commentato il Pontefice. Ebbene, la manifestazione di Gesù ai discepoli rappresenta “il momento dell’antidoto contro il cinismo della facilità del credere in un fantasma”. È dunque, ha proseguito papa Francesco, “il momento dello stupore, della gioia vera”.

Sentimenti deliziosi, che nascono dal momento che Gesù Risorto “ci richiama al vero” e sancisce “la sua vittoria sulla morte e sul peccato”.

“La gente si avvicinava al Signore piena di stupore”, ha proseguito il Vescovo di Roma. “E Pietro rammenta la gioia dell’incontro con il Signore”. Un gesto, quello dell’ex pescatore di Cafarnao, che “irradia gioia” e testimonia che “la Chiesa cresce con la forza di attrazione” dei suoi discepoli, non con “il proselitismo”.

Di questa “allegria apostolica”, di questa “gioia” era un esempio José de Anchieta. “Era il primo gesuita che Ignazio ha voluto mandare in America”, ha detto il Papa. Era – ha proseguito – “un ragazzo di 19 anni: era tanta la gioia che aveva che ha fondato una nazione, ha messo i fondamenti culturale della nazione in Gesù Cristo”. Un ragazzo umile, che “non aveva studiato teologia, filosofia”, ma era un ragazzo “che aveva sentito lo sguardo di Gesù, si è lasciato rallegrare e ha optato per la luce”, ha spiegato papa Francesco. Ciò che ci insegna questo nuovo santo brasiliano (il terzo nella storia del Paese sudamericano) è che “non ha avuto paura dell’allegria” e che “la sua gioia è anche parte della sua santità”. Pertanto, ha concluso nell’omelia il Santo Padre, “la sua, per noi, deve essere un’eredità di gioia che sgorga dal cuore di Gesù”.

Momento di particolare trasporto è stato vissuto quando la statua di Nostra Signora di Aparecida, patrona del Brasile, è stata posata sull’altare della chiesa. Mentre il Papa è rimasto con il capo chinato dinanzi alla statua, numerosi fedeli e religiosi brasiliani presenti alla Messa hanno intonato l’inno della loro patrona. In quel canto, che ha velato di lacrime gli occhi di alcuni presenti, si è percepita, in tutta la sua intensità, quella “forza di attrazione apostolica” con cui san José de Anchieta ha trascinato il popolo brasiliano e di cui papa Francesco ha parlato nel corso dell’omelia.

Una reliquia del santo, al termine della Messa, è stata consegnata al Santo Padre da due gesuiti.

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Federico Cenci

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