“Io Francesco di Paola” Monologo teatrale sulla vita di S. Francesco

Intervista a Walter Cordopatri in occasione del VI centenario della nascita del Santo patrono della Calabria

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Si può costruire un monologo su un Santo vissuto seicento anni fa? E come può essere attrattivo?
Quali le ragioni di interesse per una figura eroica e rigorosa come quella di San Francesco di Paola?
Perché il mondo moderno sembra ancora attratto da una figura che sembra così lontana e antistorica?
Queste e altre domande ZENIT le ha rivolte a Walter Cordopatri che sabato 30 aprile presso il Santuario Diocesano di San Francesco di Paola a Pizzo Calabro, interpreterà il santo dalla nascita alla morte, esaltando la spiritualità e la personalità del patrono di Calabria.
Da Rizziconi (RC) a Roma, da ragazzo di paese a ragazzo di città, dalla spensieratezza alla responsabilità, per intraprendere gli studi propedeutici a diventare un attore professionista… una idea non comune dalle nostre parti, cosa hai pensato e cosa hanno pensato i tuoi genitori?
Questo percorso non era previsto. Ti racconto un aneddoto… un giorno, a scuola, avendo l’interrogazione di storia a cui non ero assolutamente preparato, mi inventai la morte di una mia zia, riuscendo addirittura ad improvvisare le lacrime (ride) e riuscì così ad evitare l’interrogazione… successe però che quel pomeriggio il mio professore chiamò a casa per fare le condoglianze ed allora successe l’indicibile. Il giorno dopo il professore mi dichiarò che c’era cascato appieno alla favola raccontata il giorno precedente e mi consigliò di intraprendere la carriera d’attore. Da quell’episodio scrissi sul motore di ricerca “scuola di recitazione” ed ebbi come risultato il “centro sperimentale di cinematografia”, non sapendo però che fosse la scuola più prestigiosa nel settore e che ogni anno si presentavano puntualmente un migliaio di persone. Alla fine ne prendono solo 8. Io riuscì nella mia incredulità, dopo aver scritto un monologo, ad entrare. Da allora ho studiato tantissimo, anche se con qualche freno mentale esercitato da mio padre che, non troppo sognatore come me, mi invitava (e lo fa ancora oggi) a fare un lavoro serio (ride)… e vabbè che ci posso fare…  ma in compenso ho l’incondizionato sostegno della mia più grande fan, cioè mia madre, che mi spinge ad andare avanti in questo cammino.
Come è nata l’idea d’interpretare san Francesco di Paola e portarlo nei vari teatri?
Volevo concentrarmi su una delle figure calabresi. Dalle prime ricerche sono stato attratto dalla figura del Santo di Paola e patrono della Calabria. Chiamai il regista, Salvatore Romano, e lui scrisse con entusiasmo un monologo. Da allora mi sono innamorato di questa figura e del suo messaggio.
In questo caso il tuo lavoro è anche una “missione” e non solo un prodotto “commerciale”. Cosa ti aspettavi prima di intraprendere questa tua personale “missione” e cosa hai trovato nel cammino intrapreso?
Considero la mia una missione molto particolare. Infatti, attraverso il monologo “Io Francesco di Paola”, tale missione si concretizza e si esalta. Attraverso lo spettacolo lo spettatore rivive la vita del Santo soffermandosi sulla sua umanità. Nonostante ci siano seicento anni di distanza il suo messaggio è ancora molto attuale. A parte i costumi i colori e le usanze, le denunce fatte da Francesco sono ancora oggi attuali. San Francesco era critico con tutti i potenti e in qualche occasione anche con la sua amata Chiesa. Attraverso lo spettacolo mi piace raccontare l’umanità dell’uomo chiamato Francesco, riconosciuto come santo.
Il Santo di Paola è stato proclamato da San Giovanni XXIII, patrono della Calabria, definendolo nell’occasione come “Luce della Calabria”. In occasione del VI centenario dalla sua nascita cosa c’è a tuo avviso da riscoprire nella sua vita e spiritualità?
C’è da riscoprire l’austerità della sua vita colorata di santità. Il suo contatto con la natura. Il rispetto verso il creato. Abbinare una personalità fortissima ad una dolcezza straordinaria è la cosa che mi ha sorpreso approfondendo la vita di san Francesco.
Il Santo Paolano condivide il nome col Santo d’Assisi patrono d’Italia e con l’attuale Pontefice… quale collegamento tra i tre a tuo avviso?
Oltre al nome loro si assomigliano per la semplicità, l’umiltà e la serenità. Una serenità molto particolare in quanto i tre mantengono una umanità che si mostra al di là della veste che indossano. Un uomo di strada avverte subito tutto ciò. Se così si può dire, i tre sono “impastati di popolo”.
San Francesco si scagliava contro la corruzione ed il malcostume, oggi questo messaggio è ancora attuale…
È attualissimo secondo me. Mi ha molto affascinato e stimolato questa sua battaglia contro i potenti e i “governatori” dell’epoca. Seicento anno fa come oggi troviamo i potenti con la stessa pretesa: servirsi degli altri e non servirli. Il Santo non usava mezzi termini. In una celebre lettera egli si scagliò contro i potenti invitandoli a non fare solo i propri interessi ma di servire il popolo. Non aveva paura di ripercussioni. Era voce del popolo e si faceva carico delle loro esigenze. La sua vita era denuncia incarnata.
Continuerai a portare nei teatri italiani il Santo di Paola o è già in progetto la realizzazione di un nuovo “lavoro” su altre figure di santità calabresi?
Dopo due anni di studio e di rappresentazione di questo meraviglioso Santo, la mia intenzione è portarlo avanti più a lungo possibile durante l’arco dell’anno, in onore dei suoi seicento anni dalla nascita. A tal proposito ti darò uno scoop: finalmente il lavoro “Io Francesco di Paola” è stato inserito all’interno del programma festivo dalla Consulta Ufficiale per i Festeggiamenti del VI centenario dalla nascita di S. Francesco di Paola. Quindi con mia grande gioia (posso dire che questo è il coronamento di un sogno) sarò anche a Paola. Detto questo, mi auguro di immedesimarmi attraverso i monologhi teatrali in altri grandi figure calabresi. Attraverso il teatro, infatti, si potrebbero raccontare altre vite, altre esperienze ed aneddoti di tanti Santi calabresi.
Interpretazione ed immedesimazione… sono termini simili non uguali. In cosa ti senti naturalmente vicino a san Francesco e cosa invece ti riesce più difficoltoso?
Con la premessa che l’attore è un vero lavoro che necessita di molto studio e preparazione, ti dico: io prima di cimentarmi nel personaggio ho dovuto veramente studiare duro e documentarmi sulla sua vita ed in particolare sulla personalità del Santo paolano. Mi sono così potuto concentrare su alcune caratteristiche principali. Ecco il punto. La comunanza con me è una sola (ride) siamo entrambi calabresi! La testardaggine calabrese è nota! La cosa più difficile è la semplicità di fondo in quanto un conto è conoscerla, un altro conto totalmente diverso è saperla esternare senza filtri fiabeschi. Solo vivendola in prima persona puoi comprenderla appieno. Solo camminando scalzo puoi dire che significa passeggiare così nei boschi. Non è facile! Una semplicità incarnata che oggi non è immediato capire. La categoria di semplicità di oggi sarebbe stata considerata dal Santo un lusso. Oggi parliamo di semplicità da una posizione totalmente differente. Seicento anni fa era diverso. E la sua semplicità era quella, non la nostra. Detto questo la cosa più difficile è stato immedesimarmi proprio in questo e far passare questo tipo di messaggio… ad oggi mi chiedo ancora se ci sono riuscito.
Hai cambiato qualcosa nella tua vita dopo l’approfondimento del Santo di Paola? La tua spiritualità ti ha aiutato nel lavoro d’interpretazione o è stato quest’ultimo ad aiutarti nella tua vita spirituale?
Io sono un credente e sono sensibile a questo tipo di storie e di personaggi. Prima di essere proclamati e riconosciuti santi sono persone in cerca di Dio. La cosa che più mi affascina è proprio l’umanità di Francesco e come affrontava le varie problematiche a tutti i livelli. Dopo aver interpretato un Santo con le caratteristiche di Francesco la mia spiritualità si è arricchita tantissimo quindi… Si! sono stato arricchito dopo aver interpretato il Santo. Restano i miei problemi però li affronto, o meglio, mi sforzo di affrontarle, come se stessi ancora interpretando Francesco al teatro e quindi cerco di vederli come lui li avrebbe visti e superarli come lui avrebbe fatto. La cosa che voglio aggiungerti è che mi ha segnato profondamente è la sua avversione verso l’estetica. Oggi sembra essere necessario solo apparire, lui scartava l’apparenza per radicarsi nell’essenza. Oggi è il corpo a contare e non l’anima. Per il Santo è totalmente diverso. Questo mi ha segnato.
Progetti futuri e prospettive?
Quello di riuscire a collaborare nel riscatto della mia terra. Mi piacerebbe sempre accostarmi a tutti i sognatori come me. È da due anni che lavoro ad un mio piccolo grande sogno che si concretizza nel poter strutturare un “progetto formativo”. Ovviamente sulle mie competenze ed il mio lavoro: interpretazione e recitazione. Quindi su tale progetto lavorerò duro e con la testardaggine e la tenacia che essa richiede. Affinché si possano trovare anche da noi le possibilità che io ho trovato solo a Roma.
Perché o per-chi sei tornato in Calabria?
Sono tornato… (riflette) per me! In Italia non c’è poi tutto questo spazio per i giovani come me. A Roma mi sentivo a volte soffocato. Ero uno fra milioni, una piccola formica che non riusciva ad esprimersi. È difficile farsi notare. La mia terra invece è sorprendentemente vergine da questo punto di vista. Allora ho pensato… perché non provare a farmi notare proprio qui, nella mia terra? Alla fine sia al sud che al nord fare l’attore è difficile. Per cui mi spendo qua! In Calabria almeno attraverso lavori che riguardano questa terra da vicino ho l’opportunità di essere ascoltato e seguito. “Io Francesco di Paola” è un lavoro che è stato portato in Friuli, in Campania nel Lazio… quindi mi affascina proprio questo, cioè partire dal sud per esportare il lavoro e non il contrario. La ricchezza che abbiamo va riscoperta, il mio compito è quella di portarla in teatro se riesco!
 

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Domenico De Angelis

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