Pope General Audience 2 marzo 2016

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Il Papa: "La Chiesa non ha bisogno di soldi sporchi, ma di cuori aperti"

Nell’Udienza generale, Francesco tuona contro quei benefattori le cui offerte sono “frutto del sangue di gente maltratta e schiavizzata”. Ricorda poi che “dove c’è rifiuto della paternità di Dio, non c’è più vita possibile”

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Regala perle di misericordia, Papa Francesco, ai fedeli riuniti in piazza San Pietro per l’Udienza generale del mercoledì a cui ricorda che Dio “non ci tratta secondo i nostri peccati”. Ma non manca di dare una stoccata anche a chi maschera dietro generose offerte alla Chiesa denaro proveniente da chissà quali affari illeciti.
“Il popolo di Dio, la Chiesa non ha bisogno di soldi sporchi, ma ha bisogno di cuori aperti alla misericordia di Dio”, tuona a braccio Bergoglio. “Alcuni benefattori della Chiesa – aggiunge – vengono con l’offerta e questa offerta è frutto del sangue di tante gente sfruttata, maltratta, schiavizzata, col lavoro malpagato. Io dirò a questa gente: ‘Per favore portati indietro il tuo assegno, brucia il tuo assegno’”.

Pope General Audience 2 marzo 2016

Udienza generale 2 marzo 2016

Non è questa, infatti, la strada del Signore: la Sua è la “via della giustizia”, quella su cui, “come padre affettuoso ma anche attento e severo”, cerca di riportare il popolo d’Israele accusato “di infedeltà e corruzione”. Dio – dice il Papa – è come un padre di famiglia “che ama i suoi figli, li aiuta, se ne prende cura, li perdona. E come padre, li educa e li corregge quando sbagliano, favorendo la loro crescita nel bene”.
Egli, come spiega il profeta Isaia, “parla al popolo con l’amarezza di un padre deluso: ha fatto crescere i suoi figli, ed ora loro si sono ribellati contro di Lui. Persino gli animali sono fedeli al loro padrone e riconoscono la mano che li nutre; il popolo invece non riconosce più Dio, si rifiuta di comprendere. Pur ferito, Dio lascia parlare l’amore, e si appella alla coscienza di questi figli degeneri perché si ravvedano e si lascino di nuovo amare”.
È questa “la relazione padre-figlio” a cui spesso fanno riferimento i profeti. Una relazione che “si è snaturata”, spiega il Pontefice, “la missione educativa dei genitori mira a farli crescere nella libertà, a renderli responsabili, capaci di compiere opere di bene per sé e per gli altri. Invece, a causa del peccato, la libertà diventa pretesa di autonomia e l’orgoglio porta alla contrapposizione e all’illusione di autosufficienza”.
Ecco allora che Dio richiama il suo popolo, che “affettuosamente e amaramente” definisce il “mio” popolo, proprio per “attestare che lo protegge”. “Questa appartenenza dovrebbe essere vissuta nella fiducia e nell’obbedienza, con la consapevolezza che tutto è dono che viene dall’amore del Padre. Invece, ecco la vanità, la stoltezza e l’idolatria”, osserva il Santo Padre.
Ne deriva “uni stato di sofferenza” perché questa è “la conseguenza del peccato”. “Dove c’è rifiuto di Dio, della sua paternità, non c’è più vita possibile”, afferma Papa Francesco, “l’esistenza perde le sue radici, tutto appare pervertito e annientato”. Tuttavia, “anche questo momento doloroso è in vista della salvezza, la prova è data perché il popolo possa sperimentare l’amarezza di chi abbandona Dio, e quindi confrontarsi con il vuoto desolante di una scelta di morte”.
La sofferenza, quale “conseguenza inevitabile di una decisione autodistruttiva”, deve dunque “far riflettere il peccatore per aprirlo alla conversione e al perdono”, rimarca il Santo Padre. Proprio questo è “il cammino della misericordia divina”, verso un Dio che “non ci tratta secondo le nostre colpe”, in cui “la punizione diventa lo strumento per provocare a riflettere”.
Pope Francis

Papa Francesco

“Si comprende così che Dio perdona il suo popolo, fa grazia e non distrugge tutto, ma lascia aperta la porta alla speranza”, ripete Bergoglio. “La salvezza implica la decisione di ascoltare e lasciarsi convertire, ma rimane sempre dono gratuito”.
Nella sua misericordia, il Signore indica quindi “una strada che non è quella dei sacrifici rituali, ma piuttosto della giustizia”. Per questo viene criticato il culto: “non perché inutile in sé stesso ma perché – spiega il Papa – invece di esprimere la conversione, pretende di sostituirla; e diventa così ricerca della propria giustizia, creando l’ingannevole convinzione che siano i sacrifici a salvare, non la misericordia divina che perdona il peccato”.
“Quando uno è ammalato va dal medico, quando uno si sente peccatore va dal Signore”, evidenzia il Pontefice a braccio. “Ma se invece di andare dal medico va dallo stregone, non guarisce”. E “tante volte noi preferiamo andare per le strade sbagliate, cercando giustificazioni, una giustizia, una pace che ci viene regalata invece dal nostro Signore se andiamo nella strada che ci indica Lui”.
Dio, come riporta il profeta Isaia, dice infatti: “Se anche i tuoi peccati fossero scarlatti, diventeranno bianchi come la neve, e candidi come la lana, e il popolo potrà nutrirsi dei beni della terra e vivere nella pace”.
Questo è “il miracolo del perdono che Dio, come Padre, vuole donare al suo popolo”, sottolinea il Vescovo di Roma che ribadisce l’esortazione di Isaia: “Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano difendete la causa della vedova… Penso – aggiunge a braccio – anche ai tanti profughi che sbarcano in Europa e non sanno dove andare”.
“La misericordia di Dio è offerta a tutti – conclude il Papa – e queste parole del profeta valgono anche oggi per noi, chiamati a vivere come figli di Dio”.
Per leggere il testo completo della catechesi si può cliccare qui.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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