Giovanni Paolo II, il santo che ha invitato l'uomo ad accogliere Gesù in un'epoca di "apostasia silenziosa"

Nell’omelia della Messa di ringraziamento per la canonizzazione di ieri, il card. Angelo Comastri ha ricordato il coraggio di papa Wojtyla, difensore della famiglia, della vita, della pace e dei giovani dalla “cultura del vuoto”

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L’appuntamento con la storia continua. Dopo la festa di ieri, il fiume di pellegrini affolla ancora piazza San Pietro, dove si è celebrata stamattina la Messa di ringraziamento per la canonizzazione di Giovanni Paolo II.

Davanti a 80mila fedeli, in gran parte polacchi, il celebrante, il cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro e vicario del Papa per la Città del Vaticano, durante la sua omelia ha esclamato in modo energico un “grazie” a papa Wojtyla, invitando inoltre la Chiesa a “raccogliere l’eredità e l’esempio della sua fede coraggiosa”. Del resto, come lo stesso Giovanni Paolo II affermava, “i santi non ci chiedono di applaudirli, ma di imitarli”.

Il cardinal Comastri ha poi ricordato le fasi commoventi dei funerali del Papa canonizzato ieri: “L’8 aprile 2005 – appena nove anni fa – tantissimi di noi eravamo qui in questa piazza per dare l’ultimo saluto a Giovanni Paolo II”. L’immagine che il celebrante ha offerto ai fedeli è quella dell’Evangelario “sulla semplice bara di rovere” che, “tra lo stupore di tutti”, iniziò ad essere sfogliato da un “vento improvviso”.

Riavvolgendo ancora di più il nastro della memoria, il porporato ha inoltre ricordato la sera del 16 ottobre 1978, quando dal balcone della basilica di San Pietro si affacciò il neo-eletto papa Karol Wojtyla, primo pontefice slavo della storia.

“Sia lodato Gesù Cristo”, esclamò Giovanni Paolo II, e questo “era il grido della sua fede, era l’incipit del suo pontificato”. Il cardinal Comastri ha dunque definito il Papa polacco, mutuando quanto attribuì nel 2006 Benedetto XVI al suo predecessore, “una roccia nella fede”. Una fede, ha aggiunto, “schietta e salda, convinta, forte e autentica, libera da paure e compromessi”.

Una fede che sottende il coraggio. “Giovanni Paolo II – ha proseguito il card. Comastri – ha avuto il coraggio di dire apertamente la fede in Gesù in un’epoca di apostasia silenziosa da parte dell’uomo sazio, che vive come se Dio non esistesse”. E ancora: “Giovanni Paolo II ha avuto il coraggio di difendere la famiglia, che è un progetto di Dio scritto a chiare note nel libro della vita. Ha difeso la famiglia mentre si stava diffondendo confusione e pubblica aggressione verso la famiglia, nel tentativo folle di scrivere una anti-genesi, un controprogetto del Creatore”.

Nell’Enciclica Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II denunciò come la famiglia fosse “oggetto di numerose forze che cercano di distruggerla o comunque di deformarla”: da qui l’auspicio che il nuovo santo ci aiuti a “ritrovare la strada del progetto di Dio riguardo alla famiglia, che è l’unica strada che dà dignità alla famiglia e verità all’amore e futuro agli sposi e futuro ai figli”.

La difesa della famiglia è strettamente legata a quella della vita. “Giovanni Paolo II ha avuto il coraggio di difendere la vita umana in un’epoca in cui si sta diffondendo la cultura dello scarto, come più volte si è espresso Papa Francesco, che è un regresso di civiltà”, ha affermato il card. Comastri.

La fede di papa Wojtyla si è declinato anche nell’intricato scacchiere geopolitico, manifestando “il coraggio di difendere la pace mentre soffiavano cupi venti di guerra”. E poi nel mondo dei giovani, “per liberarli dalla cultura del vuoto e dell’effimero e per invitarli a accogliere Cristo”, Colui che è “unica luce della vita e unico capace di dare pienezza di gioia al cuore umano”.

Giovanni Paolo II ha elargito al mondo intero la “gioia di essere prete”, “gioia di appartenere a Cristo” e di “spendersi totalmente per la causa del suo Regno”, ha detto inoltre il cardinale. Il quale ha concluso la sua omelia ricordando il contributo di papa Wojtyla nel riproporre “con forza e convinzione la devozione a Maria” dopo “l’inverno mariano” che caratterizzò “la prima fase post-conciliare”.

Il saluto iniziale è stato affidato al card. Stanislao Dziwisz, per circa 40 anni segretario personale di Karol Wojtyla e oggi arcivescovo di Cracovia. Il porporato ha definito Giovanni Paolo II “figlio della terra polacca, il papa della Divina Misericordia” che, “ha conseguentemente messo in vita le decisioni del Concilio e ha anche introdotto la Chiesa nel terzo millennio della fede cristiana”.

Ricordando che l’Italia per Giovanni Paolo II divenne “una seconda patria”, il card. Dziwisz ha assicurato che oggi “la benedice dall’alto, come anche benedice la Polonia e il mondo intero. Nel suo cuore hanno trovato posto tutte le nazioni, le culture, le lingue”.

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Federico Cenci

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