Gesù ed "Il Signore degli Anelli"

Gli elementi cristiani nel celebre fantasy dello scrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

“Sono un cristiano, anzi un cattolico”. Così si definiva John Ronald Reuel Tolkien, scrivendo al padre gesuita Robert Murray. Scrittore ed importante studioso della lingua anglosassone, Tolkien inserì sempre riferimenti al cristianesimo nelle sue opere, evidenziando la gratitudine “per essere stato allevato in una fede che mi ha nutrito e mi ha insegnato tutto quel poco che so”, in particolare alla madre che “si uccise con la fatica e le preoccupazioni per assicurarsi che noi (lui e la sorella n.d.a.) crescessimo nella fede”.

Lo scrittore definiva poi la sua opera più celebre, Il Signore degli Anelli, “fondamentalmente religiosa e cattolica” (La realtà in trasparenza. Lettere 1914-1973, a cura di Humphrey Carpenter e Christopher Tolkien). Sono diversi i temi con cui l’autore esprime la sua cattolicità nella trilogia, coniugati in modo formidabile al meraviglioso mondo abitato dai popoli di Arda da lui creato: la speranza, la provvidenza, l’umiltà, l’amicizia, l’amore, la pietà, il sacrificio, la morte, la salvezza e la risurrezione.

Innanzitutto la speranza: i popoli della Terra di Mezzo sperano nella liberazione da Sauron (il male). Questa speranza è accompagnata dalla disperazione degli attacchi degli orchi che invadono e bruciano i villaggi, uccidendo tutti gli abitanti. Entrambi i temi, però, sono accomunati dalla Provvidenza: il Palantìr, da oggetto oscuro, diviene mezzo per aiutare Frodo e Sam. Gollum, poi, compiendo il gesto di gettarsi con l’anello tra la lava del monte Fato, libera Frodo dal potere negativo che questo aveva su di lui (Tolkien dà a questo genere di eventi il nome di eucatastrofe, buona catastrofe).

Gli ultimi saranno i primi era esplicitato nelle Beatitudini dettate da Gesù, e l’umiltà di due piccoli hobbit, come Frodo e Sam, semplici ed ingenui, si trasforma in vittoria alla fine della saga, divenendo elemento centrale dei protagonisti. L’amicizia lega tutti i personaggi fin dalla nascita della Compagnia dell’Anello: quella tra Frodo e Sam, Merry e Pipino, o l’inimicizia ironica tra Legolas e Gimli. L’amicizia è spesso coronata dall’amore (Aragorn e Arwen, Eowyn e Faramir, Sam e Rosy) che emerge come un legame forte che unisce e dà coraggio.

La Misericordia e la Pietà si presentano fin dal principio della vicenda narrata ne Lo Hobbit: Bilbo, hobbit buono, zio di Frodo, mosso dalla pietà non uccide Gollum, sebbene sia un cavernicolo disgustoso che cercherà, in seguito, di sottrarre il suo “tesssoro” con inganni e tranelli al nipote Frodo.

Altro esempio di pietà e di misericordia nella trilogia è l’episodio di Théoden che decide di non uccidere, su consiglio di Gandalf, Grima Vermilinguo, nonostante avesse cospirato contro lo stesso re di Rohan. Due temi, questi, molto a cuore a Tolkien, il quale, negli anni ’40, prima di partire in guerra, disse al figlio: “Stai attento, figlio mio, a non odiare; non devi combattere il nemico con le sue stesse armi”.

Questo singolare consiglio, che rispecchia a pieno la religiosità di Tolkien, viene inserito anche nell’opera, quando Gandalf consiglia di distruggere l’anello e non portarlo a Gondor per usarlo contro il nemico, come suggerito da Boromir.

Infine nel romanzo, Tolkien affronta più volte il tema della morte, strettamente collegata al sacrificio e seguita, a volte, dalla risurrezione: è il caso di Gandalf, che per il bene della Compagnia dell’anello si sacrifica combattendo contro il terribile mostro Barlog. Gandalf tornerà in una nuova veste per “continuare la mia missione”.

Paolo Gulisano, scrittore italiano e critico della letteratura inglese, particolarmente delle opere tolkieniane, ha spiegato come Tolkien non intenda impersonificare Cristo nei suoi personaggi, ma dimostrare come vivere da cristiani in un mondo “pagano” come lo è la Terra di Mezzo (Cfr. Tolkien e il Signore degli Anelli – La fantasia del potere).

Azzardando ad aggiungere altre “influenze” cattoliche che Tolkien ha dato al suo capolavoro fantasy, possiamo trovare anche una simbologia numerica cristiana, come l’età della maturità degli Hobbit, raggiungibile a 33 anni, gli anni di Cristo alla sua morte. Oppure il novero degli Anelli forgiati: uno come l’unità di Dio, 3 come la Trinità, 7 come il numero di Dio nella tradizione ebraica e che ricorre anche nell’Antico Testamento (la Creazione avvenuta in 7 giorni), e 9 come il numero perfetto, essendo tre volte la Trinità.

Al giorno d’oggi, nel quale la letteratura fantasy è vista come oscura, come un incitamento alla magia che porta i giovani a vivere in mondi del tutto personali o alienanti, Tolkien è un esempio di letteratura moderna che conduce Cristo alle nuove generazioni, facendolo entrare nelle loro vite di soppiatto, senza far rumore.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Francesco Andrea Allegretti

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione