Donare un sorriso a un bambino africano: in tutti i sensi

Il prof. Fabio Massimo Abenavoli racconta la sua esperienza di chirurgo plastico con la sua ong “Emergenza sorrisi”, in paesi in via di sviluppo o zone di guerra: “In Afghanistan ho operato anche figli di talebani”

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Il chirurgo plastico e ricostruttivo Fabio Massimo Abenavoli è il fondatore e il presidente della Ong Emergenza Sorrisi –Doctors for Smiling Children, il cui motto è appunto “donare un sorriso”. Non si tratta di mere parole: il professor Abenavoli insieme a uno staff di medici scrupolosamente selezionati raggiunge le zone più povere del mondo, per consentire ai bambini affetti da labio-palatoschisi e altre malformazioni del volto, di tornare a sorridere e vivere la propria infanzia con gioia e guardare al futuro, con ottimismo. Inoltre, il professore con l’appoggio della sua Onlus ha elaborato un programma sanitario di aiuto per immigrati, ribattezzato “emergenza medica on-line” che sarà presentato domani, 10 febbraio alla Camera dei Deputati. Per saperne di più, ZENIT lo ha intervistato.
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Com’è nata la Ong Emergenza Sorrisi-Doctors for smiling children?
Si tratta di un vero e proprio progetto di vita. Sin dalla laurea in medicina, in conformità col giuramento di Ippocrate, sognavo di dedicarmi ai più bisognosi. Durante la mia specializzazione in Brasile, ho collaborato con diverse organizzazioni no-profit. Poi, in virtù della crescente adesione dei colleghi ai programmi umanitari, ho deciso di fondare la mia Onlus, Emergenza Sorrisi, nata nel 2007. Recentemente promossa a Organizzazione Non Governativa, dal Ministero degli Esteri, per l’impegno dimostrato nella cooperazione allo sviluppo; la nostra attività è di tipo medico – chirurgica: operiamo bambini con malformazioni al volto, traumi di guerra, tumori nei Paesi in via di sviluppo.
Quanti bambini sono stati aiutati fino a oggi?
Sono quasi 4mila i bambini operati in paesi come Afghanistan, Kurdistan, Benin, Georgia, Congo, Gabon, mentre dal 2007 a oggi sono 7mila i bambini gratuitamente visitati dagli specialisti, in tutto 470 medici, per un totale di 72 missioni chirurgiche. I sanitari per partecipare alle missioni, sono costretti a sfruttare i propri giorni di ferie, non disponendo, tuttora, in Italia di un servizio di accreditamento equo, garantito dal ministero.
Quali sono le prossime tappe?
Il prossimo viaggio sarà venerdì, in Burkina Faso. Stiamo lavorando con un gruppo di missionari francescani per la realizzazione di un centro chirurgico nella Capitale. A fine marzo, torneremo, invece, a Kabul per la regolare attività chirurgica e poi in Benin e Costa d’Avorio per un progetto socio-sanitario sponsorizzato dalla Conferenza Episcopale italiana, sulla prevenzione di alcune gravi patologie.
Una o più storie di bambini “salvati” che le sono rimaste nel cuore?
Tutte le storie sono memorabili. Ricordo, però, con commozione la storia di un bambino in gravi condizioni in Iraq, dal complicato decorso postoperatorio, che destava tra noi molta preoccupazione. Il padre del bimbo, di religione islamica, si avvicinò e mi chiese di pregare insieme: un cattolico e un musulmano, uniti dal bene, intenso come valore universale.
Com’è il rapporto con la popolazione e con i medici locali?
Il rapporto con la popolazione autoctona è ottimo. Noi volontari facciamo del nostro meglio per essere ospiti graditi, adeguandoci il più possibile agli usi e costumi. Per merito del nostro approccio ci muoviamo facilmente, anche, in zone di guerra come l’Iraq e l’Afghanistan, grazie al supporto dei medici locali e al sostegno della popolazione. Ho persino operato i figli dei talebani, dopo aver spiegato loro, con chiarezza, il nostro obiettivo. Collaboriamo con i medici del posto, ricreando nei paesi dove andiamo la nostra stessa organizzazione, gestita dai medici locali, in modo da favorire un programma socio-sanitario autonomo.
Oltre all’importante missione di “donare un sorriso”, avete in cantiere altri progetti umanitari?
Abbiamo elaborato “emergenza medica on-line”: un progetto a favore dei tanti immigrati, accolti in Italia e non assistiti dal punto di vista sanitario. Abbiamo stabilito, perciò, di creare attraverso un sistema di tele-medicina un’offerta di servizi specialistica a tutti i centri di accoglienza attraverso un’applicazione scaricabile per pc e telefoni, per richiedere le consulenze specialistiche gratuitamente ai nostri medici volontari.
Un obiettivo “tangibile” per i prossimi anni?
Il mio obiettivo è da un lato creare “altrettante Ong Emergenza Sorrisi” quanti sono i Paesi meno sviluppati: veri e propri centri di eccellenza medica. E dall’altro, attuare nuovi piani di sviluppo nella cooperazione: scuole, ospedali, attività commerciali e imprenditoriali, per promuovere le economie dei singoli Stati.
 Tutto ciò, sarà possibile grazie alle donazioni. Quanto sono generosi gli italiani?
Gli italiani, private e aziende sono molto generosi, quando si propongono progetti chiari e trasparenti quale il nostro. Noi collaboriamo, infatti, con l’Istituto Italiano della Donazione (IID), un’associazione che, grazie ai suoi strumenti e alle verifiche annuali, assicura che l’operato delle Organizzazioni Non Profit (ONP) sia in linea con standard riconosciuti a livello internazionale e risponda a criteri di trasparenza, credibilità ed onestà.

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Rita Ricci

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