Don Olinto Marella in cammino verso la gloria degli altari

Si chiude la fase diocesana del processo di beatificazione di questo sacerdote italiano

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BOLOGNA, domenica, 18 dicembre (ZENIT.org).- Sabato 17 dicembre l’Arcivescovo di Bologna, monsignor Carlo Caffarra, ha chiuso nella Cattedrale di S. Pietro, di questo capoluogo dell’Emilia-Romagna, la fase diocesana del processo di beatificazione di don Olinto Marella (1882-1969).

“Egli ha conosciuto la miseria umana: egli ha conosciuto Cristo; con tutte le forze egli li ha avvicinati”, ha detto di lui monsignor Caffarra nel corso dell’omelia.

“P. Marella richiama la coscienza della nostra città – ha sottolineato l’Arcivescovo – ; è una salutare spina piantata nella sua carne” con il suo ricordare alla società che se si separa la miseria umana da Cristo, “l’uomo diventa o indifferente all’umiliazione dell’altro o semplice operatore sociale”.

Don Olinto Marella nasce a Pellestrina (Venezia) il 14 giugno 1882 e viene ordinato sacerdote nel 1904.

Nel 1924 si trasferisce a Bologna, che diverrà la sua città d’adozione, dove inizia ad insegnare Storia e Filosofia prima al Liceo Galvani e fino all’età della pensione all’Istituto Minghetti.

Per ben 16 anni, fino al febbraio 1925, gli fu vietato di celebrare la Messa, a causa della sospensione “a divinis” comunicatagli dal Vescovo di Chioggia, monsignor Antonio Bassani. Fra le diverse ragioni vi fu quella di aver accolto in casa sua un sacerdote scomunicato, don Romolo Murri, molto attivo in quegli anni nei dibattiti sulle questioni sociali.

Zelante promotore di iniziative benefiche rivolte ai poveri, nel 1934 fonda il “Pio gruppo di assistenza religiosa negli agglomerati dei poveri” e dà vita a “Case rifugio” per orfani e bambini abbandonati, mendicando per le vie della città.

Nel 1941 fonda l’Opera “Pro infantia et juventute”, associazione delle terziarie francescane chiamate anche “Suore di Padre Marella”.

Successivamente nel 1948 istituisce una prima “Città dei ragazzi” con laboratori-scuola; nel 1954 una seconda a S. Lazzaro di Savena, il “Villaggio artigiano”, la Casa della Carità e la chiesa della Sacra Famiglia.

Nel corso dell’omelia, l’Arcivescovo Caffarra ha ricordato quindi un passaggio contenuto in uno scritto che padre Marella aveva consegnato al Cardinale Antonio Poma, e che fu reso pubblico solo nel giorno del suo funerale.

In questo scritto egli dice: “ho desiderato e mi sono proposto di lasciarmi guidare … dall’unico assillo che ‘Charitas Christi urget nos’ (“l’amore del Cristo ci spinge”, ndr).

“La carità di p. Marella – ha spiegato monsignor Caffarra – non può essere intesa in altro modo. La carità cristiana ha una sua autonomia poiché ha una sua inconfondibile originalità”.

“L’uomo ha bisogno che la sua miseria sia avvicinata a Cristo e Cristo alla sua miseria: la carità cristiana è la risposta a questo bisogno”, ha quindi aggiunto.

“Affidiamo ora alla Chiesa il giudizio definitivo sulla sua santità; a noi comunque resta la missione di non dilapidare il suo lascito”, ha ricordato ai fedeli presenti l’Arcivescovo di Bologna.

“La sua testimonianza resti sempre piantata nella coscienza della nostra città, perché nessuna sorta di collasso o atonia spirituale spenga mai nei suoi abitanti il desiderio del vero amore”, ha poi concluso.

Il processo di beatificazione è stato aperto formalmente l’8 settembre 1996 dal Cardinale Giacomo Biffi, con la nomina del Tribunale diocesano.

Secondo quanto informato dall’Ufficio Stampa dell’Arcidiocesi di Bologna, tra il 1998 e il 2000 i periti storici hanno esaminato oltre cento testimonianze. Mentre, il Decreto degli atti processuali è stato emanato lo scorso 1° dicembre.

Al termine della chiusura della fase diocesana del processo, gli atti originali verranno portati nell’Archivio della Curia. Due copie verranno consegnate alla Congregazione per le Cause dei Santi in Vaticano, dove continuerà la procedura in vista della beatificazione.

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ZENIT Staff

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