Che ci sarebbe stata molta partecipazione lo avevano previsto in tanti. Ma forse in pochi ritenevano che potessero raggiungere un tale successo le marce in diverse città della Colombia per protestare nei confronti del Ministero dell’Istruzione, reo di voler inserire nei libri di testo programmi d’educazione sessuale infarciti d’ideologia gender.
Le strade di Baranquilla, Cartagena, Medellin, soprattutto della capitale Bogotà sono state invase da migliaia di persone, tra presidi, insegnanti, genitori e figli, uniti per lanciare il proprio grido di dissenso al Governo. La stampa colombiana lo ha definito un vero e proprio “fiume di vesti bianche”, come il candore dei bambini, che nessuno nel Paese latino-americano vuole che venga sporcato da ideologie destabilizzanti.
Detonatore di questa protesta pacifica è stato il supporto della Chiesa cattolica. Alla vigilia dell’iniziativa il card. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá, ha tenuto una conferenza stampa per ribadire in modo forte e chiaro la posizione della Chiesa su questo tema. Egli ha rilevato che “l’ideologia di genere distrugge la società”, giacché priva l’essere umano della fondamentale “complementarietà tra maschio e femmina”.
Oltre ad esponenti del clero cattolico, sono scesi in strada membri delle Chiese che costituiscono la ricca galassia dell’evangelicalismo latino-americano. I manifestanti hanno chiesto a gran voce le dimissioni di Gina Parody, la ministra dell’Istruzione che da mesi sta portando avanti questa battaglia – evidentemente antipopolare – per introdurre il gender nelle scuole di Stato.
A Baranquilla il corteo si è concluso in Plaza de la Paz, di fronte alla Cattedrale María Reina. Di fronte a una piazza piena – la quale può contenere circa 22mila persone – ha parlato mons. Victor Tamayo, vescovo ausiliare di Baranquilla.
Senza mezzi termini, il presule ha invitato la Parody a riflettere sull’ipotesi di dimettersi. “Al ministro chiedo di vivere la realtà, di guardare alla base del Paese. Deve riflettere” e valutare se è ancora in grado di rappresentare il popolo.
A quello del vescovo è seguito l’intervento di un bambino di 11 anni, salito sulle spalle del papà per poter essere visto dal pubblico. “Io sono figlio di una mamma e di un papà e mi sento orgoglioso. Voglio rispettare questo!”, ha urlato il bambino raccogliendo scroscianti applausi.
La polemica è nata a seguito della decisione del Ministero dell’Istruzione di distribuire in tutte le scuole primarie della Colombia una guida contro le discriminazioni in base all’orientamento sessuale, che coglie le indicazioni dell’Unfpa (fondo delle Nazioni Unite che promuove la “uguaglianza di genere”, ndr) e dell’Unicef.
Il popolo colombiano denuncia che in queste guide viene affermato che non si nascerebbe maschi o femmine, giacché il genere sarebbe una “costruzione culturale”. Si fa notare inoltre che a proposito di famiglia, questo documento ritiene che “si rende necessario realizzare una trasformazione del modo in cui si concepisce la famiglia nello spazio scuola (…) in modo da evitare equivoci sull’esistenza di un modello di famiglia eterosessuale”.
La prosa è piuttosto contorta, ma il tentativo di destrutturare identità sessuale e famiglia appare lampante. Pertanto non convincono le rassicurazioni sul fatto che non si vuole imporre alcuna ideologia gender, giunte dopo le manifestazioni dagli uffici del Ministero dell’Istruzione. Il messaggio lanciato ieri è eloquente: la battaglia del popolo colombiano proseguirà.
Marcha por la Familia, Colombia - Twitter (@jbeltranconcejo )
Colombia. Il popolo invade le strade: "No al gender nelle scuole"
Nutrite manifestazioni in tante città colombiane per chiedere le dimissioni del ministro dell’Istruzione, che “contro le discriminazioni” vuole inculcare il gender agli alunni