rivoluzione ungheria 1956 - youtube (cseh dominik)

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Budapest 1956, quando "l'eroico popolo ungherese" difese la civiltà cristiana

Il sessantesimo della rivoluzione ungherese offre uno spunto sulle coincidenze tra quell’evento e tre vittorie militari della cristianità e un modello per le sfide odierne al secolarismo

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Ricorrono il 23 ottobre sessant’anni dall’inizio della rivoluzione ungherese. L’anniversario è occasione propizia per una riflessione sul valore che assume quell’evento, i cui echi storici risuonano fino a far vibrare le radici cristiane dell’Europa.
D’altronde, già dopo i primi vagiti di quell’insurrezione popolare contro il governo comunista di Mátyás Rákosi e contro la presenza sovietica in Ungheria, l’Osservatore Romano ne identificò il senso più profondo. Il 24 ottobre, infatti, il quotidiano della Santa Sede scrisse che “l’eroico popolo ungherese combatte per la libertà e per la civiltà cristiana”.
Del tema ne ha parlato ieri all’Accademia d’Ungheria in Roma, nel contesto del convegno internazionale “La rivoluzione ungherese del 1956 e l’Italia”, padre Adam Somorjai OSB, dell’Abbazia di Pannonhalma, luogo in cui è nato San Martino di Tours.
Il benedettino ha elencato delle corrispondenze tra la rivoluzione ungherese e alcune tappe – consumatesi sui campi di battaglia – della storia del cristianesimo europeo. Nel 1456 a Belgrado le truppe del Regno d’Ungheria sbarrarono la strada ai turchi che, dopo aver conquistato Costantinopoli tre anni prima, volevano estendere i suoi domini sul resto d’Europa. Nel 1571 la Lega Santa, costituita da San Pio V, sconfisse i turchi nella celebre Battaglia di Lepanto. Nel 1683 fu ancora una Lega Santa a soffocare la tracotanza militare e religiosa ottomana sull’Europa, fermandone l’assedio alle porte di Vienna. E infine nel 1956 studenti, braccianti ed operai ungheresi provarono a scacciare gli spettri atei e comunisti dalla loro patria cristiana.
C’è come un filo conduttore che attraversa questi eventi, e padre Somorjai l’ha pazientemente saputo riannodare. Servendosi di un’efficace terminologia junghiana, egli ha definito la battaglia del 1456 – a cui il popolo ungherese è ancora molto legato – l’archetipo della rivoluzione del 1956.
Quest’ultima ebbe inizio proprio nel giorno (23 ottobre) in cui la Chiesa fa memoria di San Giovanni da Capestrano, frate che prese parte alla Battaglia di Belgrado insieme a migliaia di volontari europei.
Una prima coincidenza con Belgrado si ebbe però il 29 giugno 1956, quando Pio XII emanò la Lettera Apostolica “Dum Maerenti Animo”, in cui ribadiva l’assistenza della Chiesa universale ai suoi figli perseguitati dal comunismo nell’Europa orientale. Esattamente 500 anni prima (29 giugno 1456), il suo predecessore Callisto III scrisse “Cum his superioribus annis”, per chiedere il divino soccorso nei confronti di quei valorosi che stavano difendendo Belgrado. Soccorso dal cielo che arrivò tra luglio e agosto, quando la roccaforte di Belgrado fu definitivamente liberata.
Appartiene all’ambito dei simboli anche il fatto che Pio XII beatificò il Papa della vittoria contro i turchi a Vienna, Innocenzo XI, il 6 ottobre 1956, proprio nei giorni in cui era in stato embrionale l’insurrezione contro il comunismo in Ungheria e alla vigilia dell’anniversario della vittoria di Lepanto. “Callisto III nel 1456, Pio V nel 1571, Innocenzo XI nel 1683, invitando alla preghiera ed anche alla lotta, furono modello per Pio XII nel 1956, il quale indirizzò ben quattro Encicliche per liberare i popoli dell’Europa dell’Est”, ha riflettuto padre Somorjai.
Il quale ha inoltre sottolineato che “il consolidamento delle iniziative pontificie” è testimoniato anche dall’istituzione di feste liturgiche. La Trasfigurazione del Signore fu inserita nel Calendario liturgico romano il 6 agosto da Callisto III come ringraziamento per la vittoria di Belgrado del 1456. Pio V istituì il 7 ottobre, anniversario della battaglia di Lepanto, la festa della Madonna della Vittoria, che il suo successore Gregorio XIII trasformò in Madonna del Rosario. Infine il Santo Nome di Maria fu istituito come ex voto da Innocenzo XI il 12 settembre, giorno della vittoria a Vienna contro i turchi, nel 1683.
Non può essere ascritta all’elenco di vittorie la rivoluzione ungherese, soppressa nel sangue dai carri armati sovietici nel novembre ’56 dopo l’iniziale successo. Fu però il preludio di quanto sarebbe avvenuto qualche decennio dopo. Lo ritiene anche padre Somorjai, citando un effetto simbolico della pur fallita insurrezione di Budapest: “Non è un caso che, dopo la sconfitta della rivoluzione del 1956, la Radio ungherese, nel Paese comunista, ristabilì il suono della campana di mezzogiorno”. Tradizione, questa, che fu introdotta da Callisto III per commemorare la vittoria di Belgrado.
E a proposito di date coincidenti, proprio un 23 ottobre, nel 1989, venne ufficialmente proclamata la Repubblica d’Ungheria a seguito della caduta del regime comunista. Il 23 ottobre è stata proclamata nel Paese magiaro festa nazionale.
Il tramonto del comunismo non ha però diradato le ombre della minaccia alla civiltà europea. La bolla ideologica di un Occidente privo di identità e di riferimenti etici non negoziabili costantemente insidia quelle radici cristiane che “l’eroico popolo ungherese” difese nel ’56. Il suo esempio si incarna quindi nella lotta dinanzi alle sfide odierne.

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Federico Cenci

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