Santa Messa e Canonizzazione dei Beati Paolo VI, Oscar Arnulfo Romero Galdámez, Francesco Spinelli, Vincenzo Romano, Maria Caterina Kasper, Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù, Nunzio Sulprizio - Foto © Vatican Media

Beato Tiburzio Arnáiz Muñoz: "Pastore con l’odore delle pecore"

Omelia del Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi nel corso della Messa di Beatificazione di Tiburzio Arnáiz Muñoz

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Pubblichiamo di seguito l’omelia che l’Em.mo Card. Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha pronunciato questa mattina nella Cattedrale di Malaga (Spagna) nel corso della Santa Messa di Beatificazione di Tiburzio Arnáiz Muñoz, Sacerdote della Compagnia di Gesù (+1926):
Omelia del Card. Angelo Becciu
“Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli” (Lc 12,8).
Cari fratelli e sorelle, queste parole che abbiamo ascoltato nel Vangelo, ci richiamano la nostra responsabilità di testimoni di Gesù. Mentre era circondato dalla folla che lo seguiva, Gesù, prima di parlare alle migliaia di persone, si rivolge ai suoi discepoli, ricordando loro un fatto che accadrà alla fine dei tempi: il giudizio finale. Esso sarà pronunciato da Dio Padre, giudice giusto, circondato dagli angeli, e alla presenza decisiva del Figlio dell’uomo. Questi non è altri che Gesù stesso. Egli, mentre parla ai discepoli, è consapevole di essere destinato dal Padre ad agire quale Figlio dell’uomo nell’ultimo giorno, quando svolgerà il ruolo di avvocato dei giusti, di colui cioè che ha il potere di decidere delle persone al cospetto del tribunale di Dio.
E succederà questo: chi sarà da Lui riconosciuto, sarà salvato; chi non sarà riconosciuto sarà perduto. L’intervento del Figlio dell’uomo a nostro favore dipenderà da un fatto ben preciso: abbiamo o non abbiamo riconosciuto Gesù nel corso della nostra vita? L’aver riconosciuto o rinnegato Lui in questo mondo sarà decisivo sulla nostra sorte finale. La posizione che assumiamo di fronte a Cristo sarà determinante per il nostro destino eterno; tutto si giocherà su due parole: «mi riconoscerà» o «mi rinnegherà».
Riconoscere Cristo significa non avere il timore di dichiararsi cristiani, testimoniando concretamente il suo Vangelo e i valori in esso indicati. Rinnegare Cristo significa sconfessare Lui e il suo insegnamento di vita, di amore, di giustizia, di pace, di fraternità. Anzi rinnegare Cristo significa non aver sperimentato il suo Amore! E il riconoscimento di Gesù deve essere compiuto «davanti agli uomini», cioè pubblicamente; infatti, poco prima Egli aveva ricordato: «Ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato nelle terrazze» (Lc 12,3). L’ amore di Dio che ha toccato i nostri cuori in qualsiasi momento della nostra vita deve germogliare e rendersi effusivo e operativo. Qualora esso si inaridisse tutto perderebbe colore, significato, luce. Saremmo come tralci staccati dalla vite e utili solo ad essere gettati nel fuoco. La fede professata con le labbra deve esprimersi in un’attitudine di amore totale verso il mondo e le realtà che ci circondano. Il credente è chiamato ad essere presenza evangelica viva e penetrante nel tessuto culturale e sociale in cui vive. Al riguardo, il Santo Padre Francesco ha affermato: «Ricordiamolo bene tutti: non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta e ci vede deve poter leggere nelle nostre azioni ciò che ascolta dalla nostra bocca» (Omelia in San Paolo fuori le Mura, 14 aprile 2013).
Il Beato Tiburzio Arnáiz Muñoz, con l’intenso sapore della sua testimonianza fedele al Vangelo fino all’eroismo, ha saputo permeare della dottrina di Cristo l’ambiente nel quale è vissuto, contribuendo così alla missione della Chiesa nel mondo. Con la sua vita, segnata da opere buone, ci offre un esempio chiaro di fede sincera e profonda, arricchita dal senso della presenza di Dio e dalla prontezza di accordare la propria esistenza alla volontà divina. L’intenso e fecondo ministero apostolico di questo zelante sacerdote e figlio spirituale di Sant’Ignazio di Loyola fu esercitato sul fondamento della fede e della carità, tutto proiettato all’edificazione delle anime e alla salvezza di quanti erano oggetto delle sue cure pastorali. La sua predicazione vivace e calorosa diventava così motivo decisivo di conversione per molti, specialmente durante le missioni popolari, attraverso le quali svolgeva una intensa e feconda evangelizzazione e promozione sociale. Egli fu pastore secondo il cuore di Cristo e missionario della fede e della carità. Fu il tipico esempio del “pastore con l’odore delle pecore” come direbbe oggi Papa Francesco.
Fu intrepido araldo del Vangelo specialmente tra le persone più umili e dimenticate nei cosiddetti “corralones”, i quartieri più poveri ed anche ostili alla Chiesa di Malaga, consumando la sua vita per il prossimo, sorretto da un grande amore per Dio. Egli ha trovato il valore fondamentale della sua vita sacerdotale e religiosa proprio nel dono di sé stesso e nel fervido ministero della Parola. Di questo tratto essenziale della sua fisionomia pastorale, rese partecipi un gruppo di fedeli laiche, impegnate nella catechesi nelle zone rurali, che ancora oggi, riunite nella società di vita apostolica delle Missionarie delle Dottrine rurali svolgono un apprezzato apostolato.
Da dove proveniva tutto questo ardore apostolico del novello Beato? Da una intensa vita spirituale, che trovava il culmine nella preghiera e nell’Eucaristia: qui, egli attingeva la forza per spendersi senza riserve nel ministero sacerdotale. Questa unione con il Signore, frutto della fede, era la ragione della sua speranza e si manifestava poi nell’amore verso gli altri. Nell’incontro orante, a cuore a cuore, con il Cristo, egli a poco a poco maturava nella «profonda conoscenza di lui» (Ef 1,17)– come ci ha ricordato San Paolo nella seconda lettura – conseguendo così «uno spirito di sapienza» (ibid.) per mezzo del quale formava e guidava le coscienze nell’instancabile attività del confessionale, punto di riferimento nella chiesa del Cuore di Gesù per i penitenti di Malaga e non solo, della direzione spirituale, dei ritiri e soprattutto degli Esercizi spirituali predicati a persone di tutte le classi sociali.
Cari fratelli e sorelle: qual è il messaggio che il Beato Tiburzio offre alla Chiesa e alla società di oggi? Egli rappresenta per tutti noi, specialmente per i sacerdoti e le persone consacrate, l’esempio dell’uomo che non si accontenta del già conquistato ma che docile alle esigenze dello spirito intende donarsi a Dio con maggior radicalità. Da qui la sua decisione di entrare nella Compagnia di Gesù dopo dodici anni di ministero diocesano. Egli ha risposto all’amore di Dio attraverso una crescente donazione di sé nel ministero e nell’amore verso gli ultimi, gli scartati. Quanto c’è bisogno, ai nostri giorni, di dilatare il cuore ai bisogni spirituali e materiali di tanti nostri fratelli, che attendono da noi parole di fede, di consolazione e di speranza, come pure gesti di premurosa accoglienza e di generosa solidarietà!
Presentare Tiburzio Arnáiz Muñoz, oggi, alla Chiesa, vuol dire riaffermare la santità sacerdotale, ma soprattutto far conoscere un ministro di Dio che fece della sua esistenza un costante, luminoso ed eroico cammino di totale donazione a Dio e ai fratelli, soprattutto verso i più deboli. Egli si sentiva corresponsabile dei mali spirituali e morali, e delle piaghe sociali del suo tempo e sapeva di non potersi salvare senza salvare gli altri. Questa assunzione di responsabilità, questa maturità di fede, questo stile di presenza sacerdotale e cristiana nel mondo, sono necessarie anche nell’odierno contesto ecclesiale e sociale, il quale ha estremo bisogno della presenza e dell’impegno di sacerdoti, di persone consacrate e di fedeli laici che sappiano testimoniare con coraggio e fermezza, con entusiasmo e slancio il proprio sentirsi con Cristo, in Cristo e per Cristo, diventando testimoni credibili del Vangelo. Il nuovo Beato rappresenta per la Chiesa di oggi un modello che stimola a vivere di Cristo, e per l’intera società una fiaccola capace di illuminare la storia dei nostri tempi. Il suo esempio ci accompagni e la sua intercessione ci sostenga. Per questo invochiamolo: Beato Tiburzio Arnáiz Muñoz, prega per noi!

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ZENIT Staff

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