Al Papa le fonti di Santa Chiara d’Assisi

Il dono di una donna importante per la Chiesa, e non solo

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Il Papa ad Assisi giovedì 4 agosto ha visitato in forma strettamente privata l’infermeria presso la Porziuncola.
Se il precedente momento di preghiera nella Basilica di Santa Maria degli Angeli è stato trasmesso in diretta da diverse reti televisive, nulla di nulla del momento – tanto caro a Francesco – di visita ai frati infermi e anziani del convento.
Qualche notizia è trapelata dall’omelia del funerale di padre Fernando Conti, uno degli ammalati su cui si è chinato il Papa e che è deceduto dopo pochi giorni (cfr. https://it.zenit.org/articles/dopo-una-vita-di-misericordia-padre-fernando-conti-e-tornato-al-padre/ ), ma un particolare importante è che mentre Francesco prendeva una tisana nel refettorio con i frati padre Giovanni Boccali, sedutogli accanto, gli ha donato il volume che raccoglie la nuova edizione delle fonti clariane, ossia inerenti santa Chiara d’Assisi, da lui stesso curato con nuovi testi.
Come quasi a sugellare una continuità visto che la precedente edizione fu donata a Benedetto XVI il 27 febbraio 2013 in occasione della sua ultima udienza generale (cfr. https://it.zenit.org/articles/una-notizia-inedita-su-benedetto-xvi-e-santa-chiara/ ).
Tale evento, tanto discreto quanto significativo, è ben illustrato dall’articolo di monsignor Felice Accrocca Alle radici della pianticella di san Francesco pubblicato da L’Osservatore Romano l’11 agosto, in occasione della festa di santa Chiara e qui sotto riprodotto.
Il francescano Giovanni Boccali, uomo di poche parole e di molta sostanza, è persona di spirito, capace di sorridere anche nelle difficoltà senza arrendersi mai, con il gusto del lavoro assiduo: come testimonia la sua copiosa bibliografia, egli si è impegnato sodo per una vita intera e continua a farlo tuttora, ormai quasi novantenne e «ricoverato — così mi scrisse mesi or sono, in occasione della mia elezione alla cattedra beneventana — tra gli infermi “tumorati” di Dio».
Non è facile, in effetti, riassumere i risultati delle sue ricerche, anche solo a volersi limitare agli studi clariani: si pensi, ad esempio, alla scoperta — grazie a una segnalazione delle clarisse del protomonastero di Assisi — dell’Audite poverelle, lo straordinario testo che Francesco d’Assisi indirizzò a Chiara e alle sue sorelle, oppure all’edizione della Legenda sanctae Clarae virginis, nonché a molti altri testi, alcuni dei quali permanevano inediti.
Quest’attività pluridecennale ha trovato ora degna sintesi nel monumentale volume delle Fonti clariane, vera summa delle testimonianze medievali su santa Chiara d’Assisi, di cui è stata pubblicata la seconda edizione aggiornata (Padova, Editrici Francescane, 2015, pagine 1399, euro 49).
L’opera si articola in dieci sezioni: scritti di Chiara d’Assisi; primi documenti ufficiali (tra i quali, più importanti, gli atti del processo di canonizzazione, la lettera di canonizzazione di Alessandro IV, la legenda ufficiale Admirabilis femina); legendae minori latine (tra queste, la Legenda versificata ); legendae in volgare italiano; testi da altre lingue, soprattutto dal tedesco e dall’olandese; testimonianze dei secoli XIII-XV (per la gran parte di ambito francescano, tranne alcune eccezioni, come la prima e la più antica, a opera di Giacomo da Vitry); documenti curiali (dalla costituzione 13 del concilio Lateranense IV, seguita dal cosiddetto Privilegio di povertà di Innocenzo III, fino a un frammento della Forma vitae di Innocenzo IV); testi liturgici latini (legislazione pontificia e dell’Ordine dei minori, ufficiatura, messe, testi poetico-liturgici); ritmi e rime italiane; sermoni editi.
Ciascuna sezione è preceduta da un’introduzione e accompagnata da una scheda bibliografica; una breve introduzione è premessa poi a ogni singolo testo, affiancata da un’essenziale bibliografia divisa tra “Fonti” e “Studi”. La numerazione marginale progressiva, analogamente al sistema utilizzato per le Fonti francescane, facilita i rimandi interni.
Per quanto attiene ai testi liturgici, non ci si limita alla sola traduzione, ma viene pubblicato anche l’originale latino, «perché il brano originale è sempre migliore della sua traduzione». Limitatamente alla sezione prima (scritti di Chiara), si poteva essere più decisi nel qualificare come apocrifa la lettera a Ermentrude di Bourges; sarebbe stato inoltre preferibile, a mio avviso, collocare l’Orazione delle cinque piaghe nella sezione sesta (testimonianze in ambito francescano).
La sezione ottava, la nona e la decima risultano in particolar modo preziose, poiché consentono di abbracciare, con uno sguardo sintetico, settori nei quali la ricerca è ancora agli inizi. Le testimonianze francescane sono certo più studiate, ma l’averle qui riunite faciliterà, d’ora in poi, le cose, poiché consentirà di istituire collegamenti e rapporti finora tutt’altro che facili.
Anche la sezione terza e la quarta potranno favorire nuovi approfondimenti, che non apparivano altrettanto agevoli fin quando i testi erano sparsi in sedi diverse. Si prenda ad esempio uno degli episodi più famosi della vita di Chiara: la Legenda ufficiale Admira bilis femina riferisce le battute essenziali di un dialogo intercorso tra la Santa e Gregorio IX, che mostra con evidenza le differenti prospettive e sensibilità dei due protagonisti.
Scrive infatti l’agiografo che il Papa tentò di persuadere Chiara affinché accettasse dei possedimenti, ma ella resistette «con animo risoluto». Gregorio IX allora insistette: «Se temi per il voto, noi te ne assolviamo». «Santo Padre — gli rispose la santa — non desidero giammai, in perpetuo, essere assolta dalla sequela di Cristo».
Al contrario, alcune legende minori latine e altre vite in volgare trasmettono una risposta diversa, molto più netta, da parte di Chiara, la quale avrebbe desiderato essere sciolta sì, ma dai peccati, non dalla sequela di Cristo. Lo stesso riferisce suor Battista Alfani, monaca del monastero perugino di Monteluce; della sua vita le Fonti clariane riportano solo alcuni estratti, ma Alfani è ferma anch’ella nello scrivere che di fronte alle pressioni di Gregorio IX e del vescovo Ostiense, Chiara rispose di voler essere assolta dai peccati, «non di observare glj consiglj di Yesu Cristo».
Identica risposta ritroviamo, inoltre, nel sermone Sicut meridiana lux clara est, nella versione tradita dal manoscritto Roma, Biblioteca Pontificia Università Antonianum 24, e — come mostrerà in modo inequivocabile un prossimo volume di Aleksander Horowski che renderà disponibili molti inediti su santa Chiara — in altri sermoni d’epoca basso-medievale. Si potrebbe pertanto avanzare l’ipotesi di una diversa redazione del racconto, se non — addirittura — vedere in tale risposta l’eco della fonte giunta all’agiografo ufficiale, che poi la rielaborò fino a darcene il testo da tutti conosciuto attraverso la Legenda.
Un esempio soltanto, quello addotto, che lascia però intuire la ricchezza del materiale messo a disposizione degli studiosi da Boccali e che adombra senz’altro la possibilità di ulteriori ricerche. In Appendice si trova anche la pianta del convento di san Damiano (1213-1214) e diversi e dettagliati Indici: dei luoghi biblici, analitico, alfabetico dei testi liturgici in lingua latina, alfabetico secondo l’indole dei testi liturgici, alfabetico dei testi poetici italiani.
L’opera corona degnamente decenni di ricerche e costituisce il lascito prezioso di uno studioso serio, attento e solerte, segno inequivocabile di un affetto autentico per san Francesco e la per sua “pianticella” Chiara.
 
 

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ZENIT Staff

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