Da un lato, il dolore per il crimine del femminicidio definito una nuova “strage di innocenti”. Dall’altro, la speranza di vedere gente, vittima di droghe e dipendenze, aver “cambiato vita” durante il Giubileo, proprio come auspicato da Papa Francesco. Ogni Natale, è ormai un appuntamento fisso la Messa del cardinale Pietro Parolin al CeIS, il Centro Italiano di Solidarietà fondato da don Mario Picchi sul finire degli anni ’60.
Come lo scorso anno, il Segretario di Stato porta a volontari, operatori e ospiti “l’abbraccio e la preghiera di Papa Francesco”. Un abbraccio che questa volta si stringe soprattutto intorno a Concetta e Alberto, i genitori di Sara Di Pietrantonio, la 22enne uccisa crudelmente dal suo ex fidanzato il 29 maggio scorso. Alla giovane è intitolata la ‘Casa di Sara’, struttura che viene inaugurata oggi per accogliere tutte le donne vittime di violenza, “senza alcuna barriera discriminatoria, come è nello stile di Don Mario Picchi”, dice Parolin.
Che nell’occasione, ricorda, durante un’appassionata omelia, le parole del Papa nella Bolla Misericordiae Vultus: “Davanti al male commesso, anche a crimini gravi, è il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita’. Rimanere sulla via del male è solo fonte di illusione e di tristezza”.
Tuttavia ci sono dolori davanti ai quali si può rispondere solo con il silenzio. L’omicidio “efferato” di Sara, strangolata e bruciata nel pieno della sua giovinezza, è uno di questi. “Non ci sono parole per esprimere il dolore di noi tutti davanti a un omicidio così efferato, che purtroppo fa parte di una catena che sembra senza fine”, dice infatti il cardinale. “Le cronache ci raccontano di un femminicidio ogni tre giorni. È una strage di innocenti. Voi genitori di Sara sperimentate il dolore immenso che ha vissuto la Madonna quando ha visto il Figlio crocifisso. Siate certi che non siete soli e che non vi mancherà mai il nostro sostegno e la nostra preghiera”.
La stessa preghiera e lo stesso sostegno il porporato li assicura a tutti gli ospiti del CeIS che, da anni, giorno dopo giorno, lottano contro la schiavitù della tossicodipendenza. Per loro il Segretario di Stato lo scorso anno invocava “un ritorno alla vita. Alla vera vita”. Oggi dice: “Avete pensato alle vostre famiglie, alle vostre mogli o ai vostri mariti, ai vostri figli e avete deciso di cambiare vita, di lasciare la strada della droga, che spesso è anche strada di corruzione, per ritornare sulla via del bene. L’unica strada che ci indica Gesù che si è fatto uno di noi per condividere le nostre debolezze e sofferenze, ma anche le nostre gioie, risorgendo a vita nuova con ciascuno di noi, nessuno escluso”.
“Avete fatto tanta strada dal momento in cui avete deciso di vincere le dipendenze e di non farvi vincere da esse”, prosegue il cardinale. “Siete ben consapevoli che vi aspetta ancora un lungo cammino da fare insieme con i vostri buoni samaritani, i vostri educatori” che “vivono ogni giorno accanto a voi, condividendo il peso delle vostre non facili esistenze”.
Parolin non manca di stigmatizzare il male di droga e narcotraffico, ricordando la dura accusa del Papa durante il viaggio in Messico, il quale domandava “un coraggio profetico e un serio e qualificato progetto pastorale per contribuire, gradualmente, a tessere quella delicata rete umana, senza la quale tutti saremmo fin dall’inizio distrutti da tale insidiosa minaccia”.
“Solo cominciando dalle famiglie – diceva il Papa, e Parolin lo ribadisce – solo avvicinandoci e abbracciando la periferia umana ed esistenziale dei territori desolati delle nostre città; coinvolgendo le comunità parrocchiali, le scuole, le istituzioni comunitarie, la comunità politica, le strutture di sicurezza; solo così si potrà liberare totalmente dalle acque in cui purtroppo annegano tante vite, sia la vita di chi muore come vittima, sia quella di chi davanti a Dio avrà sempre le mani macchiate di sangue, per quanto abbia il portafoglio pieno di denaro sporco e la coscienza anestetizzata”.
“La Chiesa sarà sempre contro ogni tipo di droga e dipendenza”, rimarca il Segretario di Stato. Che indica ai presenti l’atteggiamento “che ci viene chiesto da Dio” davanti alle sfide della vita: l’umiltà. La stessa umiltà di Maria che “non si vanta perché è arrivata prima tra le sue compagne, non si mette sul piedistallo ricercando applausi, non cerca di ottenere il maggior numero di ‘Mi piace’ su Facebook, bensì loda il Signore perché ‘ha guardato l’umiltà della sua serva’. E si mette subito al servizio della cugina Elisabetta, anche lei incinta”.
L’esempio della Vergine è “un invito a non chiudersi in se stessi”, sottolinea Parolin, specie “in un tempo in cui qualcuno vorrebbe perfino alzare muri per impedire a chi soffre per la violenza delle guerre e la fame di trovare un rifugio sicuro”. Il pensiero è per “i nostri fratelli profughi che, come la Sacra Famiglia in fuga in Egitto per sottrarsi alla persecuzione del re Erode, bussano alle nostre porte, spesso dopo aver attraversato il mare in viaggi di fortuna durante i quali molti di essi, tra cui tanti bambini e donne incinte, perdono la vita”. “Essere migrante non è delitto, bensì un invito a un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano”, afferma Parolin citando ancora una volta il Papa.
Proprio al Vescovo di Roma rivolge un ultimo pensiero, ricordando l’affettuosa visita di febbraio ai 60 ospiti del CeIS di Castel Gandolfo durante uno dei ‘Venerdì della Misericordia’ del Giubileo. “Papa Francesco vi porta nel suo cuore e offre ogni giorno la sua preghiera all’altare per ciascuno di voi e per le vostre famiglie, ricordandosi dei volti di tutti coloro che ha incontrato in questi ‘Venerdì della misericordia’”, assicura il cardinale. “Preghiamo per lui, perché il Signore lo conservi a lungo a guida della Chiesa e la Madonna, Madre del Signore Gesù e Madre nostra, protegga tutti noi nelle ore liete e tristi della vita”.