Scoperto il tesoro della Chiesa!

Non inginocchiarsi di fronte agli uomini è l’esercizio più difficile da fare

Share this Entry

È il 6 agosto del 258 d.C. e nelle catacombe di san Callisto si sentono delle urla. I soldati romani, a nome dell’imperatore Valeriano, entrano a forza ed arrestano tutti coloro che si trovano lì a celebrare una messa: Papa Sisto II, vari diaconi e Lorenzo.
Tutti verranno uccisi tranne Lorenzo. E un motivo c’è.
Tempo prima, quel ragazzo pieno di doti e di fede, era stato notato per la sua grande attenzione verso i poveri, per la sua onestà ed integrità. Papa Sisto II lo ha nominato diacono, dandogli una responsabilità particolare: amministrare i beni e le offerte della chiesa per custodirle ed utilizzarle per i poveri, gli orfani e le vedove (allora non c’erano i sussidi statali o le pensioni).
Lorenzo è un trentenne generoso e coraggioso ed il giorno in cui tutti vengono arrestati ed uccisi, capisce subito come mai lui sia ancora vivo: l’imperatore Valeriano vuole che gli consegni i tesori della chiesa.
Un giorno Lorenzo gli dice che lo porterà a vedere il luogo dove la chiesa ha il suo tesoro nascosto. Valeriano va all’appuntamento pieno di aspettative ma non la prende affatto bene quando vede una massa di poveri disgraziati ed ammalati, farglisi avanti.
Sembra che quel giorno Lorenzo gli abbia detto: “Ecco! Questo è il tesoro della chiesa!”.
Il giovane diacono si ritrovò rinchiuso nel sotterraneo del palazzo del centurione Ippolito.
Lì c’era un altro prigioniero: Lucillo. Lucillo era cieco e sconfortato e Lorenzo gli parla di Gesù. Il compagno di prigionia si converte e viene battezzato da Lorenzo con quel po’ d’acqua che esce dal suolo della prigione. Lucillo, bagnato con l’acqua del battesimo, guarisce e ritorna a vedere!
Nel frattempo il centurione Ippolito osserva tutto quel che sta accadendo nel sottosuolo del suo palazzo: vede l’angoscia spazzata via, i ciechi tornare a vedere e una serenità soprannaturale sgorgare da ogni muro della prigione.
La mansuetudine di quei carcerati ed il miracolo di Lucillo lo colpiscono ed anche lui si converte e si fa cristiano.
Una specie di virus spirituale dilaga ovunque vada Lorenzo ed è ancora lui a battezzare Ippolito.
L’imperatore Valeriano non prende bene neanche questa cosa. Ippolito fu poi legato alla coda di cavalli e fatto trascinare per sassi e rovi fino alla morte.
Il 10 agosto del 258 d.C. anche Lorenzo verrà ucciso. Probabilmente fu “bruciato sopra una graticola” (come narra sant’Ambrogio dopo aver raccolto un antico racconto della passione di questo santo).
Qualche studioso ha ipotizzato che sia stato decapitato (come Sisto II, Cipriano ed altri).
C’è solo una certezza: san Lorenzo rifiutò di inginocchiarsi di fronte qualcuno che non fosse Dio o le sue creature più amate: i poveri e gli ammalati. Per questo fu ammazzato.
Rifiutarsi di inginocchiarsi di fronte a ciò che ordina il mondo, ha le sue conseguenze. Il viaggio per la libertà vera, ha un biglietto che si paga a caro prezzo.
Anche oggi è così. Non inginocchiarsi di fronte alla finanza, al potere, ai soldi, all’orgoglio, all’ego, all’apparenza, al “si è fatto sempre così”, a personaggi famosi che mettiamo sui piedistalli della santità laica…è difficile. Per riuscirci si ha bisogno di un surplus di forza interiore e di conoscenza critica dei fatti.
Scrivo questo perché ieri, in una sala d’attesa, mi sono messa ad ascoltare una persona che raccontava di John Lennon: il famosissimo profeta del pacifismo che sperava in un mondo senza religione per poter finalmente vedere pace dappertutto. Eppure, quando tornava a casa, picchiava il figlio, consumava droghe e tradiva la moglie.
Sono spuntati i documenti della causa di divorzio dalla sua prima moglie Cyinthia, basate sulla testimonianza della collaboratrice domestica, Dorothy Jarlett, che viveva 24 ore su 24 con la coppia, nella loro abitazione, sempre piena di «bustine di marijuana sparse qua e là».
Anche il figlio Julian, intervistato dopo la morte del padre, al mondo intero inginocchiato e piangente per la scomparsa del profeta della pace, ha detto senza mezzi termini: «Parlava e cantava d’amore, ma a me non ne ha mai dato… fu un cattivo padre. Ed io non riesco a diventarlo per colpa sua. La parte più oscura del mio carattere mi viene decisamente da papà. Quando divento troppo aggressivo, so che è la sua eredita».
D’altra parte lo stesso Lennon dichiarò pubblicamente nel 1980 che «Julian fu un figlio non previsto. Che venne fuori da una bottiglia di whisky». Julian oggi racconta che quando all’epoca lesse quelle parole del padre fu lacerato “dentro”.
E ci credo! Milioni di fans inginocchiati davanti all’altare del profeta, immaginando con lui il mondo immerso in una pace mondiale, e poi…
A me fa un po’ tenerezza questo John Lennon inghiottito dal mondo che lo voleva per forza sul piedistallo laico della santità. Prigioniero del “muoviti, muoviti, facci sognare” (come cantava Bennato).
Qualche mese prima di essere ucciso, disse in un’intervista: «La gente ha sempre avuto l’immagine che io fossi un anti-Cristo o un antireligioso. Ma io non lo sono. Oggi sono un uomo più religioso. Sono cresciuto cristiano e solo ora capisco alcune delle cose che Cristo diceva attraverso le parabole».
La sua compagna Yoko Ono, a queste parole, reagì male (come racconta il critico musicale Julián Ruiz).
Così nascose per 30 anni l’ultima canzone di Lennon, intitolata “Help me to help myself” (registrata un mese prima di morire) perché era la confessione pubblica del fatto che «in quei giorni Lennon si era avvicinato a Cristo e voleva frequentare la Chiesa».
Caro san Lorenzo, aiutaci ad inginocchiarci solo davanti a Dio.
Tutto il resto è fragilità ed umanità.
Da amare ed accarezzare, ma non da idolatrare.
***
[Fonte: www.intemirifugio.it]

Share this Entry

Maria Cristina Corvo

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione