Si apre la scena: sole tre cornici, un fantoccio dalle sembianze umane e i musicisti, separati dal mondo da una tenda trasparente che li fa intuire ma non vedere. Eterei come la levità delle loro note e poi lei, che troneggia nel proscenio, protagonista assoluta di una veglia al femminile. Lei è Lina Sastri, un’incantatrice di mestiere e in questa pièce: una donna ante litteram, una tarantolata, una strega maliziosa, una madre, un’amante non corrisposta, un’emigrante, ma soprattutto un’abitante della sua città, Napoli. Ed è alle sue origini che è dedicata quest’ora e mezza di inno alla canzone napoletana.
Sette quadri, che raccontano il mare, gli emigranti, la terra, il cielo, la solitudine, la rinascita e anche il trionfo di Napoli: una città che è “una carta sporca”, come cantava il compianto Pino Daniele, ma anche il gioiello, “l’amara terra mia” rimpianta da Domenico Modugno, apprezzata dal nullatenente “Chi tene o’ mare” e basta. Ma è Lina Sastri la mattatrice che non solo sa cantare ma interpreta anche le canzoni – con commenti originali – con il preludio alla taranta, con i sospiri della solitudine, con la turbolenza della passione, la malinconia dell’emigrante e i dubbi di una madre sola. “Con i sogni spezzati sulle spalle e con le stelle in mano. E il cuore che sorride spalancato, spezzato, ma palpitante. Quando sento le lacrime so che ancora sono viva!”, spiega la stessa Sastri.
Un quadro commuovente, che punta dritto al cuore è quello del brano La Madonna delle Rose, tratto da Filumena Marturano di Edoardo De Filippo, in cui la Sastri interpreta magistralmente una donna sola e incinta, indecisa se abortire, che invoca disperatamente la Madonna, fino a ricevere in risposta: “I figli sono figli” ed è su questo assunto, che si apre il canto. Una scenografia semplice ma di impatto, con la Madonna avvolta in un velo rosa, che compare sulla scena, per confortare le donne sole: “le orfane del mare”, deprivate di un futuro, ma non della progenie.
E fuori programma, dopo che già era calato il sipario, torna Lina Sastri per un ulteriore omaggio all’inimitabile Pino Daniele, con Napule mille culure, per commemorare non solo una città ma anche i suoi artisti imperituri, ormai veri e propri “angeli custodi della città”.
Una performance d’eccezione per l’attrice campana, classe 1953, che davanti al teatro gremito confessa la sua “emozione” per questa prima e dichiara: “Pensavo di non farcela”, ricevendo in cambio fragorosi applausi e la standing ovation di Vittorio Sgarbi. Azzeccata la scelta del rosso, per una pièce ad alta tensione emotiva, concepita e diretta dall’interprete campana su un’idea scenica del maestro e scultore italo-polacco Alessandro Kokocinski, pubblicamente ringraziato dalla Sastri, insieme ai suoi musicisti – diretti da Maurizio Pica – che da anni la seguono e accompagnano, invisibili ma prodigiosi.
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Al Teatro Quirino di Roma per Quirino Grandi Eventi
Mi chiamo Lina Sastri
spettacolo in musica e parole in sette quadri
Fino al 9 Ottobre
Scritto e diretto da Lina Sastri
idea scenica e disegno luci Alessandro Kokocinski
direzione musicale e arrangiamenti Maurizio Pica
Musicisti:
Filippo D’Allio chitarra
Gennario Desiderio, violino
Salvatore Minale, percussioni
Gianni Minale, fiati
Pino Tafuto, pianoforte
Antonello Buonocore, contrabbasso
Foto: ZENIT - RR
“Mi chiamo Lina Sastri”: l’attrice si racconta in musica
Fino al 9 ottobre lo spettacolo al Quirino: un appassionato omaggio a Napoli e ai suoi artisti