di Carlo Casini*
ROMA, domenica, 12 aprile 2009 (ZENIT.org).- La legge 194 prevede la possibilità (non l’obbligo) di una collaborazione mediante apposite convenzioni dei Consultori familiari con le associazioni di volontariato che hanno lo scopo di assistere le maternità in difficoltà sia prima che dopo la nascita. Questa opportunità non è stata utilizzata. Qualche convenzione è stata, invece, stipulata con i presidi ospedalieri dai Centri di aiuto alla vita con risultati significativi in termini di vite umane salvate.
E’ doveroso inquadrare in modo corretto i Centri e servizi ai aiuto alla vita (CAV e SAV) collegati con il Movimento italiano per la vita. La loro attività è documentata annualmente con un rapporto redatto da un Centro di coordinamento di Padova, che raccoglie le schede (evidentemente anonime e di significato esclusivamente statistico e numerico) provenienti dai gruppi locali.
Esistono inoltre documentazioni più complete, l’ultima delle quali è stata pubblicata nel 2002 con il titolo “V Rapporto al Parlamento”. Al Convegno nazionale dei CAV, svoltosi a Roma nel novembre 2007 è stata indicata la cifra di 85.000 bambini nati con l’aiuto dei CAV, a partire dal loro primo germinale sorgere nel 1975. Oggi sono più di centomila i bambini salvati dalla ivg.
Allora fu replicato alla tesi che giustificava l’aborto come aiuto alla donna con l’affermazione: “Le difficoltà non si superano sopprimendo la vita, ma superando insieme le difficoltà”.
I CAV offrono assistenza alla donna, specialmente quando vi è un rischio di aborto, in termini di aiuto sanitario, legale, psicologico, economico, abitativo, e soprattutto con una amicizia costante e durevole.
Con il tempo l’attività dei CAV si è arricchita di nuovi servizi di carattere nazionale: particolarmente il “Progetto Gemma” e il “Telefono Verde”. Il primo consiste nell’erogazione di una somma minima di 160 euro per 18 mesi tramite il CAV locale (che, ovviamente, vi aggiunge tutti gli aiuti necessari al singolo caso, nei limiti delle sue possibilità). Il singolo finanziamento è fornito da una famiglia, un gruppo, i dipendenti di un ufficio, singole persone in occasione di particolari eventi (specie matrimoni e battesimi), che segnalano al servizio nazionale, unico per tutta l’Italia, la loro disponibilità e che collega l’offerta a una delle richieste provenenti dai CAV.
Lo schema è quello delle adozioni a distanza di bambini poveri del terzo mondo. Infatti “Progetto Gemma” è denominato anche “adozione a distanza ravvicinata” e il suo slogan è: “Adotta una mamma, salva il suo bambino”. Il numero verde (800813000) è anch’esso un unico servizio nazionale, funzionante 24 ore su 24, destinato a ricevere telefonate di donne nel tormento di una decisione che le angoscia, ma anche segnalazioni di amiche, parenti, vicini quando una prospettiva di aborto è già concreta e magari pianificata. Il telefono, oltre a cercare di risolvere direttamente i problemi, consiglia il contatto con il centro locale più vicino o comunque più capace di prendere in carico con competenza, umanità e professionalità la situazione presentata.
Al “Telefono verde” si aggiunge il servizio di “Telefono rosso” (06 3050077), al quale è già stato fatto cenno. L’esperienza dei CAV si è arricchita anche di una dimensione educativa e culturale, risultata particolarmente efficace anche in termini di prevenzione post-concezionale, realizzata particolarmente, oltre che con incontri formativi di vario genere, anche mediante la diffusione di opuscoli, video e radio-cassette, DVD. La videocassetta e il DVD dal titolo “La vita umana prima meraviglia”, nei quali la parola “aborto” non è né scritta, né pronunciata, ma dove sono documentate la straordinaria bellezza e la stupefacente organizzazione della vita umana nascente, insomma, l’individualità umana del concepito, sono stati tradotti in sedici lingue.
Occorre collocare nella giusta luce l’attività dei CAV. Il sostegno alla donna incinta nella direzione della nascita non è certamente cosa nuova. Molteplici iniziative sono sempre pullulate in un popolo fortemente contrassegnato dall’umanesimo cristiano e hanno continuato a svilupparsi anche dopo l’entrata in vigore della legge 194, indipendentemente dall’organizzazione del Movimento per la vita.
Ma l’originalità dei CAV consiste nel proporre proprio quella alternativa specifica all’aborto che la legge 194 dice di desiderare, ma che non ha affatto strutturato, promosso e, tanto meno, realizzato.
Per questo l’esperienza dei CAV, a trent’anni dalla legge 194, può offrire indicazioni preziose per una rivisitazione del testo, specialmente della sua prima parte, che, a parole, dovrebbe disegnare anche una prevenzione post-concezionale dell’aborto. 100.000 bambini aiutati a nascere sono pochi rispetto alla terribile cifra di quasi 5.000.000 di aborti.
Tuttavia, il valore anche di una sola vita umana merita impegno, tanto più se esso, com’è nello stile dei CAV, si svolge accanto alla madre, insieme alla madre, per restituirle la libertà di non abortire e mantenerle quel coraggio e quella fiducia in se stessa, che sono segni caratteristici della giovinezza.
Se gruppi costituiti da poche persone, dotate di pochi, mezzi hanno potuto ottenere risultati così significativi è provato che assai più imponenti potrebbero essere i risultati se a servizio della vita fosse messa la forza dell’intera organizzazione statale con tutte le sue articolazioni.
Sono quattro le indicazioni che emergono dall’esperienza dei CAV. Tutte riguardano l’efficacia di una prevenzione post-concezionale.
– L’importanza di una educazione permanente volta a promuovere il rispetto della vita. Questa linea – che ha come suo primo caposaldo il riconoscimento della pienezza di uguale dignità di ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale – deve essere veicolata nei potenti moderni mezzi di comunicazione sociale, nei testi scolastici, in iniziative di vario genere promosse dallo Stato e dagli enti locali.
– L’efficacia di un aiuto economico, anche piccolo ma garantito, non effettuato indistintamente a pioggia, ma misurato sui bisogni di una situazione concreta e quindi affidato a centri e servizi pubblici o privati che possano decidere di volta in volta e accompagnare l’aiuto materiale con un’amicizia costante e durevole.
– L’efficacia della attribuzione ai consultori e ad eventuali altri controllati centri di aiuto alle gestanti di poteri di iniziativa, definendo una metodologia che non consiste esclusivamente nell’attesa passiva di una richiesta di consiglio e di aiuto, ma consenta di provocare – nelle forme più corrette e rispettose – l’incontro con la donna in difficoltà, anche sulla base di segnalazioni provenienti dall’ambiente in cui ella vive, o, meglio ancora, dallo stesso personale sanitario con cui la donna ha avuto contatti nel primo colloquio o per la fissazione dell’intervento.
– L’efficacia del volontariato, non sostitutivo dei compiti primari dello Stato riguardo alla protezione della vita e della maternità, ma dimostrativo di un operoso amore per la vita che è capace di suscitare risorse più persuasive di un colloquio burocratico.
In risposta a tante altre domande sulla legge 194, e questioni relative alla cultura della vita, Carlo Casini ha appena pubblicato il libro “A trent’anni dalla Legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza” (Cantagalli, 160 pagine, 7,50 Euro).
* già magistrato di Cassazione e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica. E’ presidente del Movimento per la Vita italiano, membro della Pontificia Accademia per la Vita e docente presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma