Essere “misericordiosi come il Padre” significa “provare una gioia del tutto speciale nel discendere nei bassifondi dell’umanità per portarvi il suo amore gratuito che ama, perdona, consola”.
E in particolare il sacerdote deve essere “uomo di misericordia” che va incontro alle tante “povertà” di oggi. Lo ha affermato il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione del Clero, durante il convegno a Lourdes sulla misericordia nella vita sacerdotale, nell’ambito del Giubileo dei sacerdoti
Ribadendo che l’attenzione agli ultimi è “una priorità che papa Francesco vuole dare alla Chiesa”, il porporato ha ricordato che tutto ciò che “schernisce la dignità umana” non deve lasciare indifferenti.
Il sacerdote, quindi, “è chiamato a farsi commuovere dai ‘Lazzaro’ che giacciono davanti alla sua porta di casa”, pur senza lasciarsi “assorbire dai compiti di assistenza sociale”.
C’è poi il rovescio della medaglia, rappresentato dalla “ricchezza materiale” che, in se stessa, “può racchiudere una grande tristezza”, come emerge dal Vangelo del giovane ricco (Mt 19,16-30).
E, ancora, riscontriamo la povertà della salute, che rimanda il dovere cristiano alla tutela dalla vita: “dal concepimento al termine della vita umana, ogni situazione di fragilità ha diritto all’attenzione amorevole e al sostegno rispettoso dei cristiani”, ha sottolineato il cardinale Stella.
Vi è, ancora, la povertà rappresentata dalla solitudine, riguardo alla quale “Papa Francesco ci invita all’accoglienza benevola, all’accoglienza che non giudica, ma anche a uscire da noi stessi per andare verso l’altro, soprattutto se la sua sofferenza lo porta a chiudersi in sé”.
Fino ad arrivare alla “povertà più radicale”, quella legata al peccato, che costringe a “confrontarci con i nostri limiti, con le nostre ferite”. Poiché anche i santi “sanno per esperienza che, senza Gesù, non possono fare nulla”, il sacerdote assume il ruolo di “educatore nella fede”, per aiutare le persone ad aprirsi alla misericordia.
Un ultima riflessione, il porporato l’ha rivolta al perdono, qualcosa di tanto più “difficile”, quanto più “la ferita è profonda”. Non si tratta di “dimenticare ma di guardare l’altro con uno sguardo nuovo”. Pertanto “volta che il ricordo della ferita ritorna in noi, possiamo sempre domandare al Signore di ricolmare l’altro perché egli conosca la gioia dei figli di Dio perdonati”, ha poi concluso Stella.
Pontificie Opere Missionarie
Card. Stella: “Il sacerdote si lasci commuovere dai tanti Lazzaro fuori dalla sua porta”
A Lourdes, il Prefetto della Congregazione del Clero riflette sulle povertà materiali, morali e spirituali del nostro tempo