Come umanizzare la scienza medica

Una bioetica che unisca le discipline scientifiche con quelle umanistiche

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di Antonio Gaspari

ROMA, mercoledì, 10 giugno 2009 (ZENIT.org).- Per superare lo scollamento tra le discipline scientifiche e quelle umanistiche, padre Luca M. Bucci O.F.M., già direttore dell’ufficio diocesano per la pastorale della sanità dell’arcidiocesi di Genova, ha appena pubblicato il libro: “Medical Humanities. Percorsi di ricerca propedeutici alla bioetica” (De Ferrari Editore, Genova, pp. 252, €18,00).

Padre Bucci, autore di “Cristo Medico” e “Perché dei Poveri è il Regno” (Edizioni Camilliane di Torino), ha svolto alcuni lavori scientifici su Medicina e Morale, la rivista di Bioetica del Gemelli, e altre riviste scientifiche, e recentemente ha pubblicato on-line alcuni articoli di Bioetica delle Neuroscienze su www.psicolab.net (Laboratorio di ricerca e sviluppo in psicologia).

Nel libro padre Bucci, che è docente di Scienze Umane all’Università di Genova e di Teologia Morale all’Università Pontificia Antonianum di Roma, sostiene che “occorre una sana filosofia della scienza, che gli anglosassoni ben rendono con l’espressione Medical Humanities”.

Lo sforzo dell’autore è indirizzato da un lato a offrire ai lettori uno strumento metodologico efficace nel suscitare la buona abitudine alla ricerca dei fondamenti; dall’altro a fornire un incentivo, per chi ha responsabilità politiche ed accademiche, alla crescita di contesti culturali, per una migliore qualità della vita attraverso il confronto tra il mondo del pensiero e quello scientifico.

Il libro verrà presentato dal Sindaco e  dall’assessore alla Cultura di Rapallo, giovedì 25 giugno alle ore 18:00 al Gran Caffè del Lungomare.

Per approfondire il tema su come fare per umanizzare al meglio le scienze mediche, ZENIT ha intervistato padre Bucci.

Perchè un libro su tale argomento?

Bucci: Il terreno culturale italiano è molto problematico; gli atenei sono in difficoltà e non riescono a sviluppare dipartimenti di Medical Humanities, o Scienze Umane applicate alla Medicina, come invece sarebbe opportuno. Ciò sarebbe vantaggioso anche per abbattere steccati ideologici che molto spesso si verificano quando la bioetica è interpretata in modo confessionale.

Ma dico interpretata, perché prima di tutto la bioetica richiede una buona filosofia a monte ed una filosofia della scienza adeguata, capace di affiancare alla conoscenza precisa del dato scientifico – imprescindibile per capire cosa si sta realmente facendo – una antropologia, ovvero un’interpretazione dell’essere umano per quello che veramente è: ovvero un infinito incarnato e non un coacervo predeterminato da leggi chimico-biologiche, peraltro insufficienti a dar ragione della personalità umana, ovvero di chi è l’uomo.

Ma questo non è un fatto di Chiesa né di confessione religiosa; il dato rivelato (biblico o altro) sarà piuttosto solamente una conferma di quanto la ragione già vede e crede a proposito di se stessa, dell’uomo e oserei aggiungere della sua intenzionalità, presente in tutti gli stadi della vita fisica umana.
 
Lei è medico ed oltre ad insegnare Scienze umane all’Univeristà di Genova, Teologia morale all’Antonianum ha avuto esperieze di docenza anche al Regina Apostolorum dove è nata la prima Facoltà di Bioetica (che a Rapallo, ha una sede del Master). E’ vero che nel suo cuore resta l’esperienza medica perdiatrica in Terra Santa? Come concilia le diverse esigenze?
 
Bucci: La mia esperienza medica non solo in Terra Santa, ma anche in Centr’Africa, e poi anche come cappellano ospedaliero è ovviamente improntata alla relazione umana; ma le ore della giornata sono poche, le persone sono tante.

Questo è l’unico limite che sento nella mia esistenza; ringrazio Paola Binetti, massima esperta di Scienze Umane e Pedagogia Medica, oltre che Neuropsichiatra infantile, in Italia e nel mondo, che nella sua prefazione al mio libro ha notato questo, e infatti dice qualcosa del genere; “traspare da queste pagine il molto tempo, le lunghe ore passate a discutere con studenti e colleghi”; ecco la collega ha fatto proprio centro, senza che io glielo dicessi ha colto nel segno; ed è per questo che oso e penso di poter dire che il libro non ha l’odore acre della teoria, ma profuma di pratica!
 
Fra le urgenze bioetiche che cosa si sente di segnalare per una riflessione?

Bucci: Un’adeguata riflessione sul logos, ahimè, questo sconosciuto! Lo si traduca come senso, come valore, come ragione ma non razionalistica, come parola per-formatrice, come ragion pratica, come trascendenza, come non manipolabilità, come non riduzione ad oggetto, come irrinunciabilità ad essere ridotto a strumento, come libertà in atto: possiamo definirlo in tanti modi quanti sono i filosofi e/o gli uomini e donne di buona volontà che hanno cercato il significato di essere umani con sincerità ed onestà intellettuale.

Ma è lì che dobbiamo andare per fare bioetica: ecco perché procedere dalle Medical Humanities. Dopo, solo dopo verrà il tentativo di stabilire o almeno identificare la norma etica e/ o quella giuridica; solo dopo una profonda ed attenta ricerca e ruminatio (uso un termine monastico), su chi sia l’uomo, identità che troppo spesso si perde di vista…
 

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ZENIT Staff

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