“L’amore scaccia la paura"

L’Europa ha bisogno di donne e uomini che vincano la paura scegliendo di agire con amore disinteressato e creativo per il bene di tutti.

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“Il panico rischia di trasmettersi all’intero Paese. Occorre una reazione dura e ferma. Ma bisogna anche essere chiari: purtroppo non si possono escludere altri episodi del genere. Dobbiamo mantenere il sangue freddo altrimenti l’intera Germania va in tilt”.
Sono parole forti quelle usate dal direttore del settimanale “Die Zeit”, Giovanni di Lorenzo, in riferimento al possibile impatto dei recenti atti terroristici avvenuti in Germania. E, tuttavia, sono parole di rigoroso realismo, che descrivono la possibile ricaduta sull’opinione pubblica tedesca – e analogamente su quella di altri Paesi europei – degli eventi drammatici che hanno insanguinato la Francia, il Belgio e la Germania negli ultimi mesi.
Al di là della reazione immediata di sconvolgimento e di condanna della barbarie messa in atto da fanatici in nome di una ideologia folle, che ha voluto servirsi strumentalmente della religione, il giudizio del Giornalista italo-tedesco rileva il rischio più grande che possa correre la vecchia Europa di fronte alla violenza per molti aspetti inattesa che la va segnando: il diffondersi di un senso di timore panico, di una paura generalizzata e indistinta, capace di spingere a identificazioni semplicistiche del nemico da temere e di generare sentimenti di rigetto indiscriminato.
Diventa perciò quanto mai utile e urgente riflettere su questa paura collettiva, che per quanto giustificata da motivazioni apparentemente inoppugnabili, va vagliata col principio formulato dal grande matematico Renato Caccioppoli, come l’ha riportato di recente Luciano De Crescenzo nel ricordo di una lezione universitaria dell’originalissimo Professore, cui aveva assistito incantato nella Napoli del dopoguerra: “Quando qualcosa ti fa paura, prendine le misure: ti accorgerai che in fondo è una cosa molto piccola”.  In che senso può applicarsi questo principio agli eventi che stanno producendo diffuse reazioni di panico? Rispondere a questa domanda esige di soffermarsi su alcuni aspetti del timore, che si va insinuando nella coscienza degli abitanti della comune “casa europea”.
La prima causa che facilita il diffondersi della paura è che l’Europa continua a essere molto lontana dalla realizzazione dell’ambizioso progetto di costituire la “casa comune” di tutti gli Europei: senza cedere a valutazioni pessimiste, non è difficile osservare che la frammentazione e la folla delle solitudini restano tratti comuni della maggior parte delle società avanzate del Vecchio Continente.
Fatta l’Europa economica, è ancora estremamente lento e faticoso il processo per fare gli Europei: gli interessi privati e localistici emergono, imponendosi quasi dappertutto. Manca un’anima comune, un’identità condivisa, riconoscibile e da tutti riconosciuta, che permetta di alimentare sogni e progetti di vasto respiro per il bene comune.
L’Unione mercantile è certo un passo importante, ma da sola non basta e non potrà mai bastare a creare un’Europa forte nel contesto dei popoli, capace di incidere in esso a partire dal bagaglio di valori che hanno fatto grandi molti Paesi europei, quali l’affermazione e il rispetto dei diritti della persona, o i principi di solidarietà e di responsabilità, che hanno promosso nella più parte di essi un avanzato “stato sociale”, oggi purtroppo in declino.
A questa mancanza d’identità condivisa e alla crisi dei sistemi di “welfare” corrisponde un’evidente debolezza politica: unita almeno nominalmente sul fronte economico, l’Europa non lo è nella conduzione di un programma politico unitario di vasto respiro, che non c’è e non può esserci per la mancanza di un’autorità politica unitaria.
All’Europa mancano un governo e una “governance” veramente autorevoli, non sopperiti dalle pur lodevoli istituzioni dell’Unione europea, impotenti nei confronti delle avidità dei poteri locali, interessati ad avere dalla “casa comune” il massimo dei vantaggi possibili al minimo dei costi.
Fino a che non esisterà un’effettiva autorità politica europea, espressa democraticamente dai cittadini dell’intero Continente e riconosciuta da tutti, l’Europa continuerà ad avanzare in ordine sparso, e la paura e la fragilità non arretreranno nei cittadini dell’Unione.
Giungere a un simile traguardo non sarà facile, anzitutto perché il prevalere degli interessi egoistici e di un orientamento culturale segnato dal consumismo e dall’ideologia privatistica più spinta non favoriranno certo la rinuncia a singoli vantaggi da parte di nessuno in vista di un bene comune più grande, realizzato a favore di tutti e in primo luogo dei più deboli e svantaggiati. Al tempo stesso, l’Unione non deve soffocare le legittime diversità.
L’Europa unita ha bisogno di un grande sogno comune rispettoso delle varie identità, come quello che ispirò i suoi padri fondatori della statura di un De Gasperi, di un Adenauer o di uno Schuman.
È l’appello che più volte Papa Francesco ha rivolto al Vecchio Continente, invitandolo a uscire da logiche di chiusura e di interessi egoistici.
La risposta a un simile appello non potrà prodursi senza un coinvolgimento ampio delle coscienze: la sfida per il futuro è in tal senso quella dell’educazione, della formazione del cittadino europeo che riconosca, alimenti e tuteli il sogno della “casa comune”.
Le fonti cui attingere non mancano a questo compito, se si pensa alle grandi anime che hanno pervaso la storia d’Europa, la greco-latina, l’ebraico-cristiana e quella anglo-sassone.
La domanda che s’impone è allora se ci saranno o no politici ed educatori disposti a mettersi fino in fondo in gioco perché la sfida sia raccolta.
Dalla risposta a quest’interrogativo dipenderanno il futuro dell’Europa e la libertà dalla paura, che altrimenti rischierà di frenarne lo slancio e paralizzarne la crescita.
In questo tempo di vacanze, in cui più spazio può essere dato alla riflessione su quanto supera gli stretti orizzonti del quotidiano, sarebbe un guadagno per tutti meditare su questa sfida e fare scelte davanti ad essa, che siano ispirate alla volontà lucida e coraggiosa di servire il bene comune, richiamando alla mente la verità espressa in maniera icastica dalla prima lettera di Giovanni: “L’amore scaccia la paura” (1 Gv 4, 18).
L’Europa ha bisogno di donne e uomini che vincano la paura scegliendo di agire con amore disinteressato e creativo per il bene di tutti.
(pubblicato anche da Il Sole 24 Ore, Domenica 14 Agosto 2016, 1 e 12)
 

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Bruno Forte

Arcivescovo di Chieti-Vasto

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