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Avvocati italiani contro le adozioni omosessuali

Su iniziativa dell’avv. Lombardelli, numerosi giuristi prendono le distanze da un documento dell’Organismo unitario avvocatura che vuole modificare la legge sulle adozioni

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Nel caldo agostano, si rincorrono sui media italiani le immagini delle prime cerimonie a seguito dell’approvazione delle unioni civili. I lustrini e i sorrisi di contraenti e sindaci cerimonieri non rappresentano però il punto d’arrivo. Prosegue infatti il lavoro di lobbying di vari settori della società per estendere agli omosessuali tutti i diritti dei coniugi.
Lo testimonia il fatto che, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozione ed affido, il 13 giugno la Camera dei Deputati ha ricevuto in audizione l’Oua (Organismo unitario avvocatura), testualmente “l’unico soggetto politico che rappresenta l’avvocatura nella sua interezza, ponendosi come interlocutore delle istituzioni”.
In tale occasione, i rappresentanti dell’avvocatura italiana hanno consegnato un documento nel quale si auspica e si propone l’apertura delle adozioni anche a single, conviventi di fatto e coppie omosessuali.
Tutti gli avvocati italiani dunque sperano che la possibilità d’adottare minori venga estesa? Nient’affatto. C’è chi ha voluto prendere le distanze dal documento stilato dall’Oua, preparando un testo che elenca i motivi per cui, al contrario, non è da desiderare una modifica della legge in materia di adozioni. L’iniziativa è partita dall’avv. Loretta Lombardelli, del Foro di Macerata, ed è già stata sottoscritta da oltre 200 giuristi.
La Lombardelli definisce il parere espresso dall’Oua come “un’inammissibile prospettiva adultocentrica in luogo del ‘preminente interesse del minore’”. In tal senso, si sottolinea che “numerosi studi scientifici (…) hanno rilevato l’importanza delle due figure genitoriali complementari e le conseguenze di tale mancanza nello sviluppo educativo e nella costruzione della personalità da parte del minore”.
Tuttavia, facendo una ricerca in rete, ci si imbatte in pareri dal mondo scientifico contrastanti su questo tema. Contattata da ZENIT, la Lombardelli ribadisce che “la più accreditata ricerca scientifica riscontra nei minori cresciuti in coppie dello stesso sesso differenze significative a svantaggio degli stessi”.
E aggiunge che, in ogni caso, “in un ambito tanto delicato come quello dei minori in stato di abbandono, che versano già in una situazione di estrema fragilità, si impone l’adozione di un criterio prudenziale: il principio di precauzione”.
A tal proposito la legale marchigiana riprende le parole di Papa Francesco pronunciate nell’aprile 2014 alla delegazione dell’Ufficio Internazionale Cattolico dell’Infanzia, con cui ha ribadito “il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva”. E ha aggiunto: “Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio!”.
Parere del Pontefice agli antipodi da quello espresso dall’Oua. L’avv. Lombardelli lamenta al riguardo di quel documento la “scarsa informazione e conseguentemente una conoscenza quasi nulla da parte degli avvocati”. Il suo auspicio è dunque che la notizia possa ora circolare per “raggiungere quanti più colleghi possibile” e suscitare “una presa di coscienza da parte di ognuno”.
Curioso che l’iniziativa dell’avv. Lombardelli prenda le mosse dal “preminente interesse del minore”, che negli ultimi mesi è stato proprio il filo rosso di diverse sentenze dei giudici che hanno aperto la porta alle adozioni alle coppie omosessuali.
“Purtroppo da qualche tempo assistiamo al moltiplicarsi di sentenze cosiddette creative che, con evidenti ed illegittime forzature del testo normativo, espropriano l’organo legislativo della funzione che gli è propria, sostituendosi inammissibilmente allo stesso”, commenta la Lombardelli.
La quale rileva che “in uno stato di diritto, qual è il nostro, retto almeno formalmente dal principio garantista della divisione dei poteri, per cui al giudice spetta applicare le leggi e non crearle, ciò non può che destare forte preoccupazione. Se il giudice infatti non è più vincolato al diritto positivo ma si sente autorizzato a ‘creare’ la norma di cui ritiene ci sia bisogno, cade ogni garanzia”.
In tale contesto – riflette l’avvocato maceratese – “anche il declamato criterio del preminente interesse del minore, nel mentre viene invocato può essere facilmente scardinato e strumentalizzato in una prospettiva adultocentrica che privilegia il diritto al figlio, regredendo la posizione del minore da soggetto a oggetto di diritto”. A tutto questo – conclude la Lombardelli – “noi ci opponiamo”.

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Federico Cenci

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