Associazione per delinquere. È questo il capo d’accusa principale con il quale la procura di Torino presieduta da Raffaele Guariniello ha chiuso le indagini su Stamina. Gli indagati sono venti, tra cui Davide Vannoni, il “padre” del metodo. Corposo il capo di accusa, ben 72 pagine, in cui sono condensati gli esiti delle indagini dei carabinieri del Nas.
Tra le venti persone coinvolte vi sono neurologi, biologi, medici degli Spedali civili di Brescia e un dirigente dell’Aifa, l’Agenzia del farmaco. Altri medici, non indagati, che avevano fatto delle relazioni sulla terapia Stamina per Vannoni e per le famiglie dei pazienti, manifestano segni evidenti di pentimento, come si legge nei verbali dell’inchiesta. “Mi vergogno di avere avuto la leggerezza di aver potuto alimentare false speranze. Mi sono lasciato ingannare e ho creduto alla parola ‘compassionevole’”, è trascritto in uno dei passaggi. “Mi vergogno – dice un altro – mi sento colpevole se le mie relazioni possono aver contribuito a convincere i tribunali giudicanti della necessità di autorizzare la terapia del nulla. Ho sbagliato, Stamina è una scatola vuota”.
Si dice tuttavia “sereno” Davide Vannoni, docente di psicologia e “padre” del metodo in questione. Afferma che il suo staff è pronto “a riprendere le infusioni il 5 maggio ai pazienti in cura agli Spedali civili di Brescia” e conclude: “La chiusura indagine non è un rinvio a giudizio e abbiamo una marea di documenti per smentire le accuse”.
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha commentato la notizia affermando di “non essere stupita” e di voler aspettare l’esito del processo. “È una vicenda che ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso e me con molte preoccupazioni e ansie. L’importante – ha concluso la Lorenzin – è che ne esca chiarezza, perché qui le vittime sono le migliaia di persone che hanno creduto di poter avere una cura”.