Il patriarca siro-ortodosso Ignatipus Efrem II Karim è sfuggito a un attentato sferrato da un kamikaze, che si è fatto esplodere durante una commemorazione in memoria dell’eccidio Ottomano contro i cristiani assiri (e armeni) in Turchia a inizio ‘900. L’attacco – riferisce l’agenzia AsiaNews – è avvenuto ieri mattina alle 11, mentre si stava svolgendo la celebrazione della Pentecoste ortodossa, nella chiesa di San Gabriele nel quartiere di Al Wusta, a Qamishli, nel nord-est della Siria. Il bilancio è di quattro morti, fra cui curdi e cristiani, e diversi feriti.
Nel corso della celebrazione, il 51enne capo della comunità siro-ortodossa ha benedetto un monumento commemorativo dell’eccidio, meglio noto come il massacro di Sayfo (della spada). Nell’area erano presenti migliaia di fedeli, accorsi per partecipare alla doppia funzione. Testimoni locali affermano che l’assalitore si è fatto esplodere all’esterno dell’edificio, rimanendo ucciso insieme ad altre tre persone; le vittime sarebbero tre guardie delle forze di sicurezza assire Sutoro. Almeno cinque i feriti.
Al momento non vi sono rivendicazioni ufficiali dell’attentato, di probabile matrice jihadista; già in passato nella zona avevano colpito kamikaze fedeli al sedicente Stato Islamico (Isis). Tuttavia, non si possono escludere altre ipotesi considerando il forte significato politico della celebrazione – le tensioni ancora oggi presenti quando si affronta il tema dell’eccidio – e la forte presenza curda in un’area contesa con le forze governative.
Quello di ieri è il quarto attacco contro la comunità assira di Qamishli negli ultimi sei mesi. Il 22 maggio scorso un kamikaze dell’Isis ha colpito nello stesso distretto, uccidendo almeno cinque persone tre delle quali cristiane assire. Il 24 gennaio due esplosioni hanno investito il quartiere assiro di Qamishli, uccidendo tre fedeli e ferendone altri 20. Infine, tre bombe hanno preso di mira attività commerciali della città il 30 dicembre dello scorso anno, uccidendo 16 persone.
Diverse personalità della Chiesa e della società civile hanno condannato con forza l’attentato di ieri, che voleva colpire la personalità più importante e in vista della comunità siro-ortodossa. La Federazione degli Aramei (Siriaci) sottolinea in una nota che è compito della “comunità internazionale” proteggere gli aramei “rimasti nella loro madrepatria”. “Non bisogna ignorare – prosegue il comunicato – i pianti strazianti e le richieste di aiuto di una civiltà in estinzione e, al tempo stesso, popolo della Siria”. Centinaia di migliaia di Aramei “hanno già lasciato le loro terre”, conclude la nota, un popolo che ancora oggi lotta “per il riconoscimento e per la sopravvivenza”.
Nel corso della celebrazione, il 51enne capo della comunità siro-ortodossa ha benedetto un monumento commemorativo dell’eccidio, meglio noto come il massacro di Sayfo (della spada). Nell’area erano presenti migliaia di fedeli, accorsi per partecipare alla doppia funzione. Testimoni locali affermano che l’assalitore si è fatto esplodere all’esterno dell’edificio, rimanendo ucciso insieme ad altre tre persone; le vittime sarebbero tre guardie delle forze di sicurezza assire Sutoro. Almeno cinque i feriti.
Al momento non vi sono rivendicazioni ufficiali dell’attentato, di probabile matrice jihadista; già in passato nella zona avevano colpito kamikaze fedeli al sedicente Stato Islamico (Isis). Tuttavia, non si possono escludere altre ipotesi considerando il forte significato politico della celebrazione – le tensioni ancora oggi presenti quando si affronta il tema dell’eccidio – e la forte presenza curda in un’area contesa con le forze governative.
Quello di ieri è il quarto attacco contro la comunità assira di Qamishli negli ultimi sei mesi. Il 22 maggio scorso un kamikaze dell’Isis ha colpito nello stesso distretto, uccidendo almeno cinque persone tre delle quali cristiane assire. Il 24 gennaio due esplosioni hanno investito il quartiere assiro di Qamishli, uccidendo tre fedeli e ferendone altri 20. Infine, tre bombe hanno preso di mira attività commerciali della città il 30 dicembre dello scorso anno, uccidendo 16 persone.
Diverse personalità della Chiesa e della società civile hanno condannato con forza l’attentato di ieri, che voleva colpire la personalità più importante e in vista della comunità siro-ortodossa. La Federazione degli Aramei (Siriaci) sottolinea in una nota che è compito della “comunità internazionale” proteggere gli aramei “rimasti nella loro madrepatria”. “Non bisogna ignorare – prosegue il comunicato – i pianti strazianti e le richieste di aiuto di una civiltà in estinzione e, al tempo stesso, popolo della Siria”. Centinaia di migliaia di Aramei “hanno già lasciato le loro terre”, conclude la nota, un popolo che ancora oggi lotta “per il riconoscimento e per la sopravvivenza”.