Una ferma condanna per ogni forma di “estremismo violento, terrorismo, intolleranza, odio religioso” ed un forte appello al dialogo. Questo, in sintesi, il contenuto del discorso di mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, intervenuto il 6 maggio, a New York, ad un incontro delle Nazioni Unite sul tema “Armonia tra le fedi: promuovere il dialogo interreligioso, la tolleranza e la cultura della pace”.
In particolare, nel suo intervento – riportato dalla Radio Vaticana – mons. Auza ha elencato sei principi fondamentali dai quali partire per raggiungere la riconciliazione. In primo luogo, l’importanza di “rifiutare totalmente ed incondizionatamente la violenza perpetrata in nome della religione”, perché “nessuno può ritenersi un vero credente se pianifica e mette in atto atti di violenza”.
Il secondo principio – ha sottolineato l’osservatore permanente – è che “la violenza ed il terrorismo non devono essere identificati con una religione, una razza, una nazionalità o una cultura specifica”. Al riguardo, mons. Auza ha puntato il dito contro “il ruolo negativo dei mass-media nel diffondere, anche implicitamente, certi stereotipi che associano la violenza a determinate religioni o culture”.
In terzo luogo, il presule ha richiamato la necessità di “perseguire, in modo incessante, il dialogo interreligioso ed interculturale, anche in mezzo a persecuzioni ed intolleranze religiose, anche tra i conflitti sociali”, perché la soluzione militare “non sarà mai una risposta efficace e duratura” a tutto questo. Ciò di cui si ha bisogno, invece, è di “una cultura dell’incontro e del dialogo che favorisca l’accettazione reciproca e promuova società inclusive, contribuendo alla pace ed alla sicurezza a lungo termine”. Di qui, il richiamo all’intera società, perché un dialogo interreligioso efficace “non dovrebbe limitarsi ai leader religiosi, ma deve estendersi il più possibile a tutti i fedeli”, “portando all’incontro di cuori e menti”.
Il quinto principio è invece “lo sradicamento delle cause dell’estremismo violento”, tra cui la povertà, la disoccupazione cronica, l’esclusione sociale, la mancanza di valori e di integrazione all’interno di una comunità. Per questo, Auza ha chiesto ai governi di “impegnarsi nell’affrontare i problemi delle comunità più a rischio di estremismo e di reclutamento dei giovani” da parte di “gruppi terroristici”.
Infine, come sesto ed ultimo principio, il delegato vaticano ha affermato che “una società armoniosa non è mai il risultato di uno sforzo compiuto una volta per tutti, bensì piuttosto del consolidamento di migliaia di gesti quotidiani”. Va quindi instaurata e diffusa una “cultura della pace” che deve diventare “uno stile di vita concreto, una norma e non un’eccezione”.
In particolare, nel suo intervento – riportato dalla Radio Vaticana – mons. Auza ha elencato sei principi fondamentali dai quali partire per raggiungere la riconciliazione. In primo luogo, l’importanza di “rifiutare totalmente ed incondizionatamente la violenza perpetrata in nome della religione”, perché “nessuno può ritenersi un vero credente se pianifica e mette in atto atti di violenza”.
Il secondo principio – ha sottolineato l’osservatore permanente – è che “la violenza ed il terrorismo non devono essere identificati con una religione, una razza, una nazionalità o una cultura specifica”. Al riguardo, mons. Auza ha puntato il dito contro “il ruolo negativo dei mass-media nel diffondere, anche implicitamente, certi stereotipi che associano la violenza a determinate religioni o culture”.
In terzo luogo, il presule ha richiamato la necessità di “perseguire, in modo incessante, il dialogo interreligioso ed interculturale, anche in mezzo a persecuzioni ed intolleranze religiose, anche tra i conflitti sociali”, perché la soluzione militare “non sarà mai una risposta efficace e duratura” a tutto questo. Ciò di cui si ha bisogno, invece, è di “una cultura dell’incontro e del dialogo che favorisca l’accettazione reciproca e promuova società inclusive, contribuendo alla pace ed alla sicurezza a lungo termine”. Di qui, il richiamo all’intera società, perché un dialogo interreligioso efficace “non dovrebbe limitarsi ai leader religiosi, ma deve estendersi il più possibile a tutti i fedeli”, “portando all’incontro di cuori e menti”.
Il quinto principio è invece “lo sradicamento delle cause dell’estremismo violento”, tra cui la povertà, la disoccupazione cronica, l’esclusione sociale, la mancanza di valori e di integrazione all’interno di una comunità. Per questo, Auza ha chiesto ai governi di “impegnarsi nell’affrontare i problemi delle comunità più a rischio di estremismo e di reclutamento dei giovani” da parte di “gruppi terroristici”.
Infine, come sesto ed ultimo principio, il delegato vaticano ha affermato che “una società armoniosa non è mai il risultato di uno sforzo compiuto una volta per tutti, bensì piuttosto del consolidamento di migliaia di gesti quotidiani”. Va quindi instaurata e diffusa una “cultura della pace” che deve diventare “uno stile di vita concreto, una norma e non un’eccezione”.