Un evento atteso da anni, a cui forse molti ormai non credevano più. Papa Francesco e il patriarca ortodosso di Mosca, Kirill, sono riusciti in quello che ai loro predecessori – San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI da un lato, Alessio II dall’altro – non fu possibile.
Un incontro a sorpresa, organizzato nella massima discrezione ed annunciato con appena una settimana di anticipo. Una tempistica formidabile, che ha tarpato le ali ad ogni possibile speculazione.
Fa riflettere, poi, la scelta del luogo: Cuba, un “campo neutro” ma non troppo. L’isola caraibica è stata per decenni il simbolo delle divisioni tra l’umanità: Nord e Sud del mondo, America anglosassone e America Latina, ricchi e poveri, comunismo e capitalismo, Chiesa Cattolica e anticlericalismo, democrazia e dittatura.
A poco meno di un anno dalla ‘pace’ tra Washington e L’Avana – un processo diplomatico in cui la Santa Sede ha avuto un ruolo determinante – Francesco e Kirill si rendono protagonisti di un altro ‘disgelo’, atteso 962 anni. Molto tempo ancora ci vorrà per il ritorno alla piena comunione ma, per la prima volta dopo quasi un millennio, le due più grandi chiese cristiane del mondo possono parlare con una voce sola, alleandosi per la recristianizzazione dell’Europa e del mondo.
Evitando controproducenti linguaggi da crociata ed ogni forma di proselitismo, il Papa e il Patriarca hanno elaborato un documento comune, che, senza indulgere in fumose disquisizioni teologiche, ha puntato tutta l’attenzione sulle vere basi dell’ecumenismo: la comune ricerca della piena realizzazione dell’umano, che porta il volto del Dio, comune a entrambi, incarnato in Gesù Cristo.
Se il mondo patisce per mancanza di umanità, chi meglio dei cristiani, con il loro Dio pienamente umano, può dare una risposta? Ecco, allora, il momento dell’unità, in nome della quale si depongono le armi, si lotta per quello che San Giovanni XXIII, grande precursore dell’ecumenismo, definiva “ciò che ci unisce e non ci divide”.
Buona parte del mondo si è commosso ma l’abbraccio tra Francesco e Kirill, per i potenti della terra è ‘scomodo’; per i fautori del cultura del profitto e dell’individualismo, per i ‘signori della guerra’, si profilano notti insonni.
Insieme, il capo della Chiesa di Roma e quello della Chiesa di Mosca hanno dato una serie di precisi segnali a chi, consapevolmente o inconsapevolmente, minaccia la pacifica coesistenza tra le comunità umane sul pianeta.
È significativo, comunque, che in nome dell’“ecumenismo del sangue”, ovvero della comune esperienza del martirio, terribile ma purificatrice, i due leader religiosi abbiano menzionato la libertà religiosa come il primo dei principi da difendere. Senza la libertà religiosa – per i cristiani come per chiunque – la pace è minacciata e il fanatismo terrorista è destinato ad avanzare inesorabile.
Un principio che vale tanto per il Medio Oriente – attualmente il luogo meno pacifico del pianeta – dove il cristianesimo è nato e dove è destinato a restare, tanto per la vecchia Europa, che continua testardamente a rinnegare quelle radici che l’hanno resa grande.
In perfetta continuità con il magistero dei loro predecessori, Francesco e Kirill lanciano quindi un monito ai governanti europei ed occidentali. Ai quali ricordano quanto la scristianizzazione vada di pari passo con l’avanzare delle guerre, delle disuguaglianze, della povertà, delle nuove schiavitù.
Da questo fronte comune non è mancato un richiamo forte alla difesa della vita, dal concepimento alla morte naturale, e alla famiglia fondata sul matrimonio su uomo e donna. Il “no” ad aborto, fecondazione artificiale, eutanasia e gender, è un grande “sì” ai pilastri fondamentali della nostra esistenza e civiltà e rappresenta anche un terreno fertile su cui costruire il vero ecumenismo.
Sui principi non negoziabili, la chiesa ortodossa russa, da un po’ di anni è riuscita a stabilire un’ottima sintonia con il governo Putin. Non altrettanto è riuscita a fare la Chiesa Cattolica con la maggior parte dei governi occidentali, tuttavia c’è ancora da sperare che la grande popolarità di papa Bergoglio, come una goccia che scava la roccia, in tempi e modi che non possiamo prevedere, possa alla lunga incidere sulle coscienze di molti potenti.
Significativo è lo spazio concesso alla questione ucraina. La disamina di tale delicata crisi diplomatica è stata posta significativamente a conclusione del documento, non per ridimensionarne l’importanza ma perché, al contrario, l’Ucraina rappresenta una sorta di chiave di volta nello scacchiere geopolitico mondiale.
È nel paese slavo, tanto quanto in Siria, che si decideranno le sorti dell’umanità. L’avvertimento è a tutte le componenti politiche e religiose attive in Ucraina, compresi, in modo velato, gli USA, attualmente in piena campagna elettorale.
È presumibile che saranno proprio gli USA, assieme al Messico, nel cuore delle preghiere del Santo Padre durante questo suo 12° viaggio pastorale. In particolare la visita al santuario della Madonna di Guadalupe incarnerà la speranza di un mondo unito in nome di Maria, Colei che ancora unisce cattolici e ortodossi e che potrebbe mettere pace anche tra le due sponde del Rio Grande. Colei che ha permesso il crollo del comunismo in Europa e che, a Dio piacendo, potrà far crollare nuovi muri, dove meno ce lo aspettiamo.
Télam La Habana- Cuba, El papa Francisco y el jefe de la Iglesia ortodoxa rusa , el patriarca Kirill , se saludan durante una reunión histórica.Foto: AFP / MAX ROSSI / POOL
Un manifesto (scomodo) per il mondo che verrà
La dichiarazione congiunta di papa Francesco e del patriarca Kirill rappresenta un severo monito per i potenti della terra. Le Chiese di Roma e di Mosca, unite da Cristo e da Maria, lanciano un messaggio più che mai controcorrente