Stefano Campanella, nato nel 1964 a Putignano (Bari), attualmente vive con la sua famiglia a San Giovanni Rotondo. È stato giornalista parlamentare e vaticanista. Attualmente è direttore di Padre Pio Tv e responsabile dell’Ufficio Stampa della Provincia religiosa di Sant’Angelo e Padre Pio dei Frati Minori Cappuccini. È autore di libri, saggi e home video di argomento religioso. In occasione della traslazione delle reliquie del corpo di del Santo di Pietrelcina nella basilica vaticana di San Pietro, ha scritto il volume La Misericordia in Padre Pio e ha collaborato al documentario del Centro Televisivo Vaticano Padre Pio. Costruttore di Misericordia. ZENIT lo ha intervistato per comprendere meglio il significato dei prossimi eventi che accompagneranno il viaggio delle reliquie di padre Pio da San Giovanni Rotondo a Roma.
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Qual è il significato della traslazione del corpo di Padre Pio da San Giovanni Rotondo a Roma?
Papa Francesco ha voluto nella Basilica di San Pietro, il 10 febbraio prossimo, due santi sacerdoti cappuccini, Pio da Pietrelcina e Leopoldo da Castelnovo (Leopoldo Mandic, ndr), che hanno in comune l’instancabile disponibilità a restare in confessionale per diverse ore al giorno, per assolvere i penitenti, e dinanzi alle urne contenenti le reliquie dei loro corpi, conferirà il mandato a circa mille missionari della Misericordia. Ciò significa che il Santo Padre vuole proporre entrambi come modello di ministri della Riconciliazione sacramentale, da donare con amore e senza risparmiarsi.
Quale utilità ha per la fede l’esposizione della salma di un santo?
La religione cristiana si fonda sulla corporeità, sulla morte e resurrezione del Figlio di Dio che si è incarnato e si è fatto uomo, perché è proprio attraverso il corpo che si stabilisce un dialogo fra il Creatore e le creature che Egli ama. Il corpo, per mezzo dei suoi sensi, sostiene la ragione nel rapportarsi con la fede, che è espressione dell’anima. In questa prospettiva, il corpo di un santo ha una forte valenza comunicativa: evoca la storia che ha vissuto ed invita a comprendere che quel percorso di vita evangelica è umanamente possibile. Nel caso specifico di Padre Pio, poi, il corpo comunica ancora di più, perché è stato «rappresentante stampato delle stigmate di nostro Signore», come disse il beato Papa Paolo VI incontrando, il 20 febbraio 1971, i superiori generali dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Il Santo di Pietrelcina, infatti, non solo ha ricevuto i sigilli della crocifissione, cioè le cinque piaghe dei chiodi e della lancia che ha trafitto il costato di Cristo, ma ha rivissuto l’intera sua passione: la flagellazione, la coronazione di spine e la piaga che il peso della croce procurò alla spalla di Gesù sulla via del Calvario. Queste esperienze mistiche, che Padre Pio confidava solo ai suoi direttori spirituali o a poche anime elette, oggi rendono quel corpo capace di ricordare agli uomini della nostra epoca l’immenso sacrificio di amore a cui si è volontariamente consegnato, 2000 anni fa, il Dio fattosi uomo.
Perché compiere questo gesto durante l’Anno della Misericordia?
Perché l’Anno della Misericordia non deve essere concepito come un “distributore automatico” di indulgenze. Attraversare una Porta Santa per cancellare completamente ogni traccia dei peccati già rimessi con l’assoluzione sacramentale è solo uno degli aspetti di questo tempo straordinario di grazia. Il Giubileo, come del resto la confessione, sono validi ed hanno un senso se, nel cuore, c’è un vivo desiderio di conversione, di cambiare vita, di diventare autentici cristiani, cioè di essere sempre più simili a Cristo. E, poiché quello di Cristo è il volto umano del Padre misericordioso, diverremo sempre più cristiani nella misura in cui diverremo sempre più misericordiosi. Porsi dinanzi a quei santi che, uomini come noi, limitati come noi, sono divenuti icone viventi della misericordia divina, ci aiuta a comprendere l’importante concetto espresso dalla Lumen gentium e poi ripreso da San Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Novo millennio ineunte: la vocazione universale alla santità, il che significa che tutti siamo chiamati ad essere santi come Cristo.
Perché Padre Pio riscuote ancora oggi tanta devozione. Quale sua testimonianza di vita è la più apprezzata dai fedeli?
La coerenza. Chi ha superato la fase della conoscenza superficiale della vicenda umana e della spiritualità di Padre Pio, sa quante sofferenze interiori, più atroci di quelle fisiche, ha dovuto subire per non rinnegare la scelta di vivere i consigli evangelici espressa con la professione temporanea (nel 1904) e confermata con quella perpetua (nel 1907). Padre Pio, dunque, è stato coerente con una scelta di amore, verso Dio e verso il prossimo. In una lettera al suo padre spirituale, Benedetto da San Marco in Lamis, infatti, ha rivelato: «Come è possibile vedere Dio che si contrista del male e non contristarsi parimenti? Vedere Dio che è sul punto di scaricare i suoi fulmini, e per pararli altro rimedio non vi è se non alzando una mano a trattenere il suo braccio, e l’altra rivolgerla concitata al proprio fratello, per un duplice motivo: che gettino via il male e che si scostino, e presto, da quel luogo dove sono, perché la mano del giudice è per scaricarsi su di esso? […]. Non sento altro se non di avere e di volere quello che vuole Dio. Ed in lui mi sento sempre riposato, almeno coll’interno sempre; coll’esterno qualche volta un po’ scomodo. Per i fratelli poi? Ahimè! quante volte, per non dire sempre, mi tocca dire a Dio giudice, con Mosè: o perdona a questo popolo o cancellami dal libro della vita».
Dunque possiamo dire che la misericordia di Padre Pio è un’espressione del suo ministero sacerdotale?
Certo. Ma non solo. Nel libro, che esce in questi giorni, intitolato La Misericordia in Padre Pio, e nel documentario collegato, intitolato Padre Pio. Costruttore di Misericordia, illustro le diverse opere di misericordia che il Santo ha realizzato nella sua vita (due ospedali, un centro di formazione professionale, tre asili e una cooperativa di consumo). Un’altra importante opera da lui sognata, è stata realizzata dopo la sua morte dai suoi confratelli: una serie di centri per la riabilitazione, specializzati soprattutto per i trattamenti pediatrici. Inoltre, sia nel volume sia nel video, faccio concreti riferimenti alla capacità che Padre Pio ha avuto di perdonare quelli che gli avevano fatto del male.
Quali sono le indicazioni che Padre Pio ha lasciato ai Gruppi di Preghiera Padre Pio e ai dipendenti della Casa Sollievo della Sofferenza?
Ai primi ha svelato l’importanza del dialogo costante e confidente con il Signore. Affermava, infatti: «Il mezzo per costringere Iddio a venire in nostro aiuto, si è l’umiltà dello spirito, la contrizione del cuore, la preghiera confidente. A questa dimostrazione è impossibile che Iddio non faccia buon viso, che non ceda, che non si arrenda, che non venga in nostro aiuto. La potenza di Dio, è vero, di tutto trionfa; ma l’umile e dolente preghiera trionfa di Dio stesso, ne arresta il braccio, ne spegne il fulmine, lo disarma, lo vince, lo placa e se lo rende, quasi sarei per dire, dipendente ed amico».
Ai medici del suo ospedale, invece, raccomandava: «Voi avete la missione di curare il malato; ma se al letto del malato non portate l’amore, non credo che i farmaci servano molto. […] Portate Dio ai malati; varrà più di qualsiasi altra cura».
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Padre Pio a Roma: i santi come icone viventi della misericordia divina
Stefano Campanella, direttore di Padre Pio Tv ed autore di alcune pubblicazioni sul frate di Pietrelcina, si sofferma sul significato della storica traslazione