BOSTON (Massachusetts, Stati Uniti), martedì, 23 giugno 2009 (ZENIT.org).- L’Arcivescovo di Boston chiede un rinnovamento del sacerdozio attraverso una maggiore vita di preghiera e un senso corporativo dell’identità e della missione.
Il Cardinale Sean O’Malley lo ha affermato durante una convocazione di presbiteri per l’inaugurazione dell’Anno Sacerdotale, alla quale hanno partecipato quasi 400 sacerdoti per preparare l’Anno che segna il 150° anniversario della morte di San Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars.
Il Cardinale ha sottolineato l’esempio del Santo e il suo operato in una situazione che, “umanamente parlando, sembra impossibile”, caratterizzata da “indifferenza, ostilità, cinismo in un mondo post-rivoluzione francese in cui la cultura era stata rovesciata”.
“In molti modi, lo stato di crisi della Chiesa del suo tempo riecheggia la situazione che questa affronta nel mondo odierno”, ha constatato.
“Nella vita di Giovanni Maria Vianney c’erano grandi mentori, sacerdoti santi che hanno aiutato questo chierico dalle capacità limitate. L’incoraggiamento e il buon esempio di questi sacerdoti santi lo posero su una via che portò alla trasformazione sua e della sua parrocchia”, ha aggiunto.
Il Cardinale O’Malley ha osservato che mentori di questo tipo sono necessari anche oggi per aiutare i nuovi sacerdoti a comprendere la propria identità, e ha ricordato l’amore di San Giovanni Maria Vianney per coloro che doveva servire, “anche quando non lo apprezzavano, erano totalmente indifferenti o gli si opponevano apertamente”.
“Sapeva istintivamente che il suo compito principale era recuperare le pecorelle perdute, che erano molte di più di quelle salvate”, ha spiegato il Cardinale.
Pastore
“Parte dell’identità di un sacerdote diocesano deve essere l’amore per il suo popolo”, ha proseguito il Cardinale O’Malley. “Non un amore egoista o narcisistico, ma uno che si traduce in un pressante desiderio di aiutare la gente a conoscere Dio e a sperimentare il suo amore”.
“Un desiderio di aiutare la gente a condurre una buona vita che la preparerà per la vita eterna vivendo una vita di fede – ha sottolineato –. La nostra fede non è un pesante fardello, ma un’ala che eleva le persone e porta alla vera felicità”.
Il porporato ha osservato che il celibato sacerdotale “deve saper esprimere il nostro amore pastorale”. “Per un sacerdote diocesano, il celibato significa una paternità speciale, un amore che dona la vita per il nostro popolo”.
“Come i padri compiono tanti sacrifici per nutrire, vestire ed educare i loro figli, così il sacerdote, padre spirituale, compie innumerevoli sacrifici per assicurare la salvezza del popolo che Dio gli ha affidato”.
Il porporato ha annunciato una campagna che avrà luogo durante questo Anno Sacerdotale, chiamata “Leaving the Lights On” (Lasciare le luci accese), che includerà confessioni il mercoledì sera durante l’Avvento e la Quaresima e un programma promozionale per preparare alla riconciliazione.
L’iniziativa “incoraggerà il nostro popolo cattolico a rimettersi in contatto con questo sacramento della misericordia di Dio”, ha spiegato, e come sacerdoti “questo sacramento deve essere parte del nostro viaggio spirituale”.
Il Cardinale O’Malley ha auspicato che tutti i sacerdoti prendano ad esempio il Curato d’Ars e Padre Pio per il loro amore per il confessionale “come trono della misericordia divina ed espressione del nostro amore pastorale per il popolo di Dio e del nostro desiderio di vederlo vivere vite di grazia nell’amicizia con Dio”.
Maestro
Il Cardinale ha anche incoraggiato i sacerdoti a seguire l’esempio di San Giovanni Maria Vianney come “maestro della fede” e ad approfittare delle opportunità di “guidare nuovi discepoli nella fede”.
“La nostra vita di studio, formazione continua e riflessione personale ci aiuta a prepararci a questa sfida”.
“Dobbiamo aiutare la gente a vedere che i vari aspetti della nostra fede sono interconnessi e derivano da Cristo, che è la Guida della Chiesa”, ha ricordato. “In primo luogo dobbiamo aiutare la gente a conoscere Cristo, a sperimentare il suo amore, e allora le parole dure del Vangelo diventeranno il giogo che è dolce e il carico che è leggero”.
Per il porporato, il “ruolo della pietà e della devozione nella vita della Chiesa non può essere trascurato quando cerchiamo di aiutare la gente ad avere un rapporto personale con il Signore”, perché “una religione troppo cerebrale non tocca il cuore delle persone”.
Per questo, ha esortato i sacerdoti a “dedicare più tempo alla preghiera”, a predisporre un “programma, una regola di vita che assicuri che diamo tempo e spazio a Dio nella nostra vita”.
“Il breviario, la Messa quotidiana, alcune meditazioni dovrebbero essere l’asse portante della vita spirituale di un sacerdote. Essenziali sono anche la devozione mariana e la pietà eucaristica”.
“Il nostro ritiro annuale e il check-up con il dottore sono il modo in cui ci prendiamo responsabilmente cura di noi stessi. Trascurare uno dei due è un errore enorme”.
Il Cardinale O’Malley ha quindi esortato a un “ritorno all’antica teologia di presbiterato – una fratellanza sacramentale intima, che è stata sostituita da una forte nozione di ministero individuale”.
“Dobbiamo sviluppare un senso corporativo di identità e missione sacerdotale – ha dichiarato –. Dobbiamo diventare uomini di comunione”.
“Più diventiamo amici e ci concentriamo su Cristo e sulla missione di annunciare la Buona Novella di costruire una civiltà dell’amore, più la Chiesa di Cristo fiorirà”, ha aggiunto.
Il porporato ha poi concluso chiedendo ai sacerdoti di usare questo Anno per “riparare insieme le nostre reti, e prepararci per la pesca miracolosa”.