Nerone: un imperatore calunniato?

La pièce teatrale di Edoardo Sylos Labini, in scena fino 31 gennaio al Quirino, propone una lettura ‘revisionista’ di un periodo controverso dell’Antica Roma

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“Nerone era davvero un artista, un attore e soprattutto un vero amante dell’arte e della poesia”. Così ci racconta il suo personaggio Edoardo Sylos Labini, che, fino al 31 gennaio, al Teatro Quirino di Roma, interpreta l’imperatore più controverso della storia romana: Lucio Domizio Enobardo, noto ai posteri come l’imperatore Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico.
Lo spettacolo Nerone, duemila anni di calunnie è tratto dall’omonimo saggio dello scrittore e giornalista Massimo Fini, secondo l’adattamento drammaturgico di Angelo Crespi, che riscatta moralmente la figura dell’imperatore, salito al soglio di Cesare, giovanissimo, appena 17enne, dopo la morte di suo fratello Germanico.
“La calunnia è come un venticello”, scriveva Gioacchino Rossini nel Barbiere di Siviglia e si insinua nella mente, sino a farsi verità. E sono proprio queste calunnie, tutte menzogne inventate dal Senato, per diffamare un imperatore scomodo, appellato dispregiativamente “demagogo”, a ossessionare Nerone come un mantra velenoso.
“Anticristo, pazzo, assassino, incestuoso e responsabile del rogo di Roma”: queste le false accuse che pendevano sul suo capo, soffocandolo.  Fonti storiografiche moderne, citate da Massimo Fini, ne riabilitano, invece, la memoria, dimostrando che l’incendio di Roma non era opera sua, così come non lo era, l’omicidio di sua madre Agrippina, osteggiata e uccisa, in verità, dai senatori, per timore della sua influenza. Una commedia che riscatta le gesta di Nerone: un giovane sensibile, più votato alla carriera artistica, che al comando. Incapace di reagire a una madre ingombrante e manipolatrice, che lo fece assurgere al potere, solo per proprio diletto.
Panem et circenses”, era, appunto il motto dell’imperatore, che preferiva strizzare l’occhio al popolo, che ai privilegi dei senatori: “Bravi soltanto a interloquire, senza giungere mai a un risultato”. E fu proprio questo comportamento, ad attirargli l’ostilità dei patrizi, che aspiravano a mantenere lo status quo, privi di interesse per il popolo, la cui vicinanza era considerata solo fonte di disagio e sventura.
Per Edoardo Sylos Labini, non solo attore, ma anche regista della pièce: “È stato appassionante portare in scena uno spettacolo che riscattasse la figura del vituperato Nerone, un uomo difficile, con le sue manie e ossessioni, ma, pur sempre amico del popolo e autentico estimatore dell’arte”.
“Una pièce – continua il regista – che fosse, anche una metafora della situazione politica attuale”. In effetti, sono recenti le recriminazioni dei senatori di oggi, poco propensi, tuttora, a tagliare i propri stipendi, a favore di una minore vessazione tributaria sui cittadini e restii a cedere i propri privilegi, per la creazione di una Camera unica, che agevoli i processi legislativi e di riforma, davvero urgenti per risollevare le sorti del Paese.
Ne deriva una pièce godibile, ma dall’effetto meditativo. Assai curata nei dettagli: eccellente è la scenografia fastosa, simbolo della decadenza imperiale e i costumi di grande pregio, merito dell’accuratissima Marta Crisolini Malatesta.
Eccelle per charme e poliedricità Edoardo Sylos Labini, capace di dare verosimilmente, forma ai vizi e alle virtù di Nerone, per mostrarne al pubblico l’essenza autentica: quella di un uomo profondamente solo e infelice.
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Dal 19 al 31 gennaio
RG Produzioni
Edoardo Sylos Labini
Nerone duemila anni di calunnie
Dall’omonimo saggio di Massimo Fini
Per la regia di Edoardo Sylos Labini
Drammaturgia Angelo Crespi
Con la partecipazione di Fiorella Rubino
Con Sebastiano Tringali, Dajana Roncione, Giancarlo Condè, Gualtiero Scola, Paul Vallery e con gli attori della Fonderia delle Arti
Scene e costumi: Marta Crisolini Malatesta
Disegno luci: Pietro Sperduti
Musiche originali: Paul Vallery

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Rita Ricci

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