BURGOS, lunedì, 1 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Nel contesto della crisi economica che ha investito tutto il mondo, l’etica e la religione “hanno qualcosa da dire”, sostiene l’Arcivescovo di Burgos (Spagna), monsignor Francisco Gil Hellin.
Il Vescovo e il sacerdote, ha osservato, “hanno la missione di annunciare il Vangelo, non quella di gestire l’economia e la politica”.
“Non abbiamo la competenza tecnica necessaria per affrontare una questione così complessa come l’attuale crisi economica e finanziaria”, ha aggiunto, sottolineando che questo tuttavia “non presuppone che dobbiamo ritirarci negli accampamenti d’inverno delle nostre sacrestie e lasciare che siano solo gli ‘esperti’ a dire l’ultima e la penultima parola”.
Secondo l’Arcivescovo, “anche l’etica e la religione hanno qualcosa da dire”, “in primo luogo e soprattutto perché la crisi attuale è molto più di un fenomeno economico o tecnico”.
Per comprenderlo, osserva, basta avvertire come stia portando “famiglie intere a perdere l’alloggio, a rimanere senza lavoro o con uno stipendio che impedisce di far fronte all’ipoteca”.
Dall’altro lato, non si nasconde che nella crisi hanno giocato “un ruolo molto importante – e a volte determinante – l’avarizia, la speculazione, lo sfruttamento dei più deboli e le pratiche fraudolente che hanno portato a guadagni esorbitanti e scandalosi da parte di alcuni dirigenti d’impresa, così come a correre rischi al di là del ragionevole”.
In questa situazione, la cattiva condotta individuale arriva a intaccare “la stabilità delle imprese, delle Nazioni e degli uomini e delle donne della società in cui viviamo”, al punto che “un uomo d’affari non solo gioca con il futuro di una grande impresa, multinazionale o meno, ma anche con la vita di molta gente, e a volte con quella di tutta una Nazione o di un continente”.
Dal canto loro, aggiunge, i Governi hanno la “gravissima responsabilità” di “ricercare il bene comune con professionalità, onestà e giustizia”.
A questo proposito, secondo l’Arcivescovo Hellín bisognerebbe chiedersi se “nella situazione attuale i Governi hanno saputo rispondere a queste necessità fondamentali o hanno lasciato fare alle imprese economiche e finanziarie, senza altri limiti che i propri interessi e le leggi del mercato”.
Ad ogni modo, in una prospettiva futura è necessario che i Governi si dotino di “nuovi strumenti di controllo e correzione in queste entità, perché non si ripetano le cause e le situazioni che hanno provocato la crisi attuale”.
Tutta questa situazione, prosegue il presule, dimostra che “il dibattito etico non può rimanere al margine della soluzione della attuale crisi economica”.
L’economia, infatti, ha certamente “leggi proprie e una legittima autonomia”, ma ha anche “una funzione sociale”, e lo sviluppo economico “non è mai un fine in se stesso e deve essere sempre accompagnato dalla responsabilità sociale”, perché “quando si pensa che si può mantenere uno sviluppo incontrollato, ciò che in genere avviene è che si arriva a una strada senza altra uscita che le tensioni sociali e gli scontri tra persone e gruppi sociali”.
E’ dunque necessario, conclude l’Arcivescovo, riconoscere che l’economia e la politica “non sono solo questioni tecniche, ma sono anche regolate dall’etica”.
“Dimenticarlo – avverte – sarebbe un suicidio anche per la propria sopravvivenza”.