In tendopoli, un francescanesimo radicale

Grande attesa a L’Aquila per l’arrivo del Santo Padre

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di Chiara Santomiero

L’AQUILA, lunedì, 27 aprile 2009 (ZENIT.org).- “Dalle stuoie alle tende”: sorridono sulle esperienze importanti che stanno vivendo in questi giorni, i giovani del noviziato di Spoleto dei frati minori francescani, passati dal capitolo delle stuoie di Assisi alla tendopoli di Piazza d’Armi a L’Aquila.

In turni di cinque o sei per settimana, si alternano nell’animazione spirituale del campo che accoglie circa duemila abitanti del capoluogo abruzzese costretti fuori casa dal sisma.

Non ci si può sbagliare sull’identità di chi ha allestito la cappella nella tenda bianca del ministero dell’interno: sotto il crocifisso, ai piedi dell’altare, su un mattone tolto da una casa disastrata, campeggiano le parole già rivolte a S. Francesco: “Ripara la mia casa”.

“La gente ci riserva un’accoglienza molto calorosa – racconta Giovanni Brunzini di Iesi – è contenta della nostra presenza qui”.

“In cappella c’è un orario fisso di preghiera – spiega Davide Droghini di Fano – con la celebrazioni delle lodi, del vespro e l’eucarestia ogni giorno. Ad un livello più assistenziale ci occupiamo di distribuire, insieme all’Unitalsi, i pasti ai malati che non possono recarsi alla mensa. Diventa un modo per contattare le persone e conoscerle”.

“Certo – aggiunge Gian Nicola Paladino di Vasto – è un’esperienza molto diversa da quella del capitolo delle stuoie: di carattere formativo la prima, di servizio questa in tendopoli, che richiede un’uscita da se stessi per andare incontro all’altro”.

A Piazza d’Armi, così come nelle altre tendopoli, si vive già l’attesa della visita del Santo Padre a L’Aquila prevista per il 28 aprile.

“Appena dato l’annuncio della disponibilità dei pass – racconta Droghini – la gente si è messa in fila, molto rammaricata di averne solo 350 a disposizione per tutti”.

“Il Papa – afferma fra Carmine Ranieri, maestro dei postulanti nel convento de L’Aquila – viene anzitutto a portarci il conforto di un uomo di fede. Egli è il testimone prescelto che ci ricorda la Parola del Cristo che è vera”.

“In un contesto come questo – aggiunge Ranieri – dove gli interrogativi posti alla fede sono tanti, egli saprà dare un senso teologico ad un avvenimento che sembra riguardare solo la terra e che invece riguarda cielo e terra”.

Il convento di fra Ranieri è stato gravemente danneggiato dal sisma; diversi dei postulanti sono rimasti feriti; uno degli altri confratelli è letteralmente sprofondato con il suo letto attraverso il pavimento dissoltosi con la scossa del 6 aprile e solo la presenza del materasso è servita ad attutire il colpo.

“Fratello terremoto – afferma fra Ranieri con un sorriso che stenta ad arrivare agli occhi nel rivivere il trauma di quella notte – ci ha dato una lezione di vita molto forte”.

Quella che sta vivendo adesso “è un’esperienza di francescanesimo radicale con un richiamo all’essenzialità più assoluta”. Essenzialità che si manifesta non solo “nelle relazioni umane, vissute nella tendopoli con estrema immediatezza, senza filtri” ma anche in quel senso di “espropriazione che Francesco identificava con la povertà”.

Espropriazione “dalle cose e dalla volontà, dagli spazi materiali e di tempo, dalle abitudini di vita”: “una irruzione della realtà così forte – conclude Ranieri – da toglierci dall’attaccamento al nostro piccolo mondo per essere più vicini alla vita vera”.

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ZENIT Staff

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