ROMA, giovedì, 11 giugno 2009 (ZENIT.org).- “La solidarietà vince se rifugge dal pietismo, dal cinismo e dal sensazionalismo, se realizza il bene comune, se promuove la dignità della persona”.
E’ quanto ha affermato questo mercoledì il prof. Giovanni Mottini, presidente di Harambee Africa Internationl Onlus, concludendo presso il Centro Studi Militari Aeronautici di Roma, in collaborazione con l’Associazione Romana di Studi e Solidarietà, la stagione 2008-2009 del Forum “Incontri e confronti sull’Africa, per l’Africa”, promosso dall’associazione.
Nel suo intervento, “Le nuove tendenze della solidarietà”, Mottini ha affermato che “due atteggiamenti speculari hanno impedito all’Occidente di trasformare il continente africano: l’atteggiamento compassionevole e pietistico (‘cuori teneri’) e l’atteggiamento cinico proprio della logica capitalistica (‘musi duri’)”.
Il primo, ha osservato, è “alimentato dalla cultura della pura indignazione, risulta velleitario e comunque poco incisivo”, “il secondo si limita a prendere atto della scarsa utilità o irrilevanza degli sforzi e dei tentativi fin qui compiuti e sembra voler dire: abbiamo speso per loro risorse ed energie ma loro, gli africani, non cambiano”.
Secondo il presidente di Harambee Onlus, invece, “la solidarietà, rettamente intesa come corollario della fraternità cristiana, è una virtù sociale, una disposizione permanente e perseverante a fare il bene del prossimo e, dunque, il bene comune (fai all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te)”.
Per questo motivo, ha riconosciuto, “è decisivo guardare il prossimo nella sua quotidianità, riconoscerne la dignità, interpretarne bisogni e aspirazioni”.
“Dobbiamo sì occuparci di salute e povertà, ma anche e soprattutto della dimensione immateriale delle persone”.
Nel contesto mediatico attuale, ha commentato Mottini, la solidarietà “è affrontata nell’ottica dell’emergenza e del sensazionalismo che tutto semplifica, banalizza, svilisce. Da virtù la solidarietà degrada così a sentimento virtuale che non si sporca mai le mani”.
Per invertire la rotta, ha sottolineato l’importanza della cultura e dell’educazione, “crocevia dello sviluppo dell’Africa, che faccia leva sulla professionalità degli insegnanti, sul talento dei bambini e sull’impegno delle famiglie”.
“Lavorare nel campo dell’educazione – ha concluso – ha scarso appeal mediatico, ma siamo persuasi che il futuro dell’Africa passi attraverso un processo educativo di qualità che sappia e-ducere: tirare fuori, appunto, le qualità. Di una persona, di un popolo”.