Padre Cantalamessa: l’Eucaristia deve plasmare la vita del sacerdote

Seconda predica di Quaresima alla presenza del Papa e della Curia Romana

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ROMA, venerdì, 12 marzo 2010 (ZENIT.org).- Il sacerdote, nel suo ministero, attinge la propria forza dal sacrificio di Cristo, per questo deve imperniare tutta la sua vita attorno all’Eucaristia e aiutare anche i fedeli a viverla.

E’ quanto ha detto questo venerdì padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia in occasione della seconda predica di Quaresima tenuta nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, alla presenza del Papa e della Curia Romana.

Il sacerdozio cristiano, ha affermato il cappuccino, non si spiega “se non in dipendenza e come partecipazione sacramentale al sacerdozio di Cristo”: “l’offerta del sacerdote e di tutta la Chiesa, senza quella di Gesù, non sarebbe né santa, né gradita a Dio, perché siamo creature peccatrici. Ma anche l’offerta di Gesù, senza quella del suo corpo che è la Chiesa, sarebbe anch’essa incompleta e insufficiente, non per procurare la salvezza, ma per riceverla”.

“Gesù quando dice ‘Prendete il mio corpo’ ci dà la sua vita concreta – ha continuato –, il suo vissuto nel tempo, le fatiche, le gioie, tutto quello che ha riempito la sua vita. Dicendo ‘Prendete questo è il mio sangue’ ci dona la sua morte. L’Eucaristia è il seme della vita e della morte di Gesù”.

Per questo un sacerdote è chiamato a “offrire il tempo, le risorse fisiche, mentali, un sorriso” ma anche “le mortificazioni, le malattie, le passività, tutto il negativo della vita”. Perché tutta la giornata e non solo il momento della celebrazione è un’Eucaristia.

“L’Eucaristia – ha aggiunto – è il frutto del lavoro dell’uomo ma non solo del lavoro agricolo, perché dal grano al pane sull’altare c’è di mezzo il trasporto, la trasformazione. Allora, il lavoratore sa che sull’altare arriva il frutto del suo lavoro, il suo sudore va nel prodotto che finisce offerta a Dio: l’Eucaristia”.

E in un mondo dove il corpo è concepito come “uno strumento di piacere e di sfruttamento”, ha sottolineato, il sacerdote può insegnare ai giovani a non “dare più in pasto” il corpo alla concupiscenza:

“Aiutandoli a vivere l’Eucaristia così, a offrire il loro corpo insieme con Gesù nella messa – ha spiegato –. Allora capiranno cosa vuole dire Paolo quando diceva: glorificate Dio con il vostro corpo”.

“Il corpo diventa non più strumento di piacere da vendere ma è dono, offerta, nel matrimonio come mezzo di dialogo, di trasmissione della vita; nella vita consacrata come sacrificio, offerta, ai fratelli. Ecco, allora, tutta la vita veramente cambia”, ha quindi concluso.

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ZENIT Staff

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