Il cattolico e la gestione responsabile dell’ambiente (parte I)

di mons. Giampaolo Crepaldi*

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ROMA, giovedì, 14 ottobre 2010 (ZENIT.org).- La problematica ecologica, ossia la tutela dell’ambiente naturale in modo da consegnarlo in buono stato alle future generazioni perché ne possano usufruire come abbiamo  fatto noi,  senza pregiudizio per  il  loro  sviluppo, è oggi considerata una questione di primaria importanza. Essa però viene  intesa  anche  in  senso  forzatamente ideologico  e  addirittura  si  può  dire  che,  in molti  casi, l’ecologismo rappresenti una nuova religione. Contiene quindi molte ambiguità di cui anche il cattolico in politica può rimanere vittima, se non presta continuamente  attenzione  a  collegare  le problematiche dell’ecologia ambientale con quelle dell’ecologia umana. È questa  la visione strategica che può liberare l’ecologia delle maglie dell’ecologismo ideologico.

Ma in cosa consiste questo ecologismo ideologico, molto presente su giornali e rotocalchi, nella cultura di molti movimenti ambientalisti ed anche nelle politiche degli enti locali e perfino dei governi? Consiste nell’assegnare  alla  natura,  intesa  in  senso  naturalistico,  ossia come acqua, aria, boschi, fiumi, uccelli, pesci, biodiversità eccetera, una importanza primaria ed assoluta, considerando l’uomo e il suo sviluppo il principale nemico della natura. Tagliare degli alberi da un parco cittadino è considerato un misfatto, andare a caccia, seppure con la licenza, è visto come immorale, sostenere che le previsioni del riscaldamento climatico sono almeno sospette è un reato di lesa maestà. Naturalmente qui non sono in gioco, come dirò tra poco, i doveri che abbiamo – doveri verso di noi e i nostri simili, non verso l’aria o l’acqua, le quali non hanno diritti – di rispettare l’equilibrio naturale per il bene dell’umanità presente e futura. Si tratta piuttosto di esagerazioni ideologiche che fanno della natura un assoluto intoccabile e, soprattutto, più importante della stessa persona umana. dietro questa visione c’è una concezione debole e  individualistica della persona, vista  come un  individuo  che  trova  la  sua  salvezza  immedesimandosi con la natura e i suoi ritmi, cercando un equilibrio psicofisico secondo le direttive della new age, cercando di regredire ad una forma primitiva di vita che in  realtà  è  costruita  in modo molto  artificiale,  fatta di centri benessere e beauty farms, di stili di comportamento dettati dalla moda, da un amore convenzionale per la natura che solo le élites innaturali si possono permettere.

A questa concezione fa da elemento propulsore la nuova concezione  del  corpo,  inteso  come  l’aspetto  principale di noi stessi, nell’dea che l’equilibrio psicofisico sia determinante  per  ogni  altro  equilibrio,  compreso  quello spirituale che, peraltro, la nuova ideologia non distingue da quello mentale. Si vede, nell’insieme, una visione materialistica sia della natura sia della persona, la quale non emerge dalla natura stessa ma ne fa parte, senza tuttavia essere la parte principale. Succede così che ad un primitivismo naturalistico, evidente  in molti comportamenti connessi con l’uso del corpo, si associ una artificiosità di massa e perfino  l’uso avanzato della  tecnologia. Analisi dallo psicanalista, uso dell’I-phone, corsa giornaliera nel parco cittadino con la musica nelle cuffie, frequentazione di  raffinati  centri  benessere,  nudismo  sulle  spiagge del Kenya  fanno parte di un mix espressivo del nuovo ecologismo individualistico e post-ideologico.

Uno degli ambiti nei quali è più evidente il carattere  ideologico di questo ecologismo è  il  tema della vita e della  famiglia. Gli ecologisti dovrebbero essere per  la natura e opporsi ad una ideologia tecnocratica che si propone di invadere la natura e di piegarne il senso ai nostri desideri. Essi si oppongono, per questo motivo, al disboscamento delle foreste o all’inquinamento delle spiagge.

Ma non si oppongono alle tecniche abortive, vogliono la distribuzione delle pillole che provocano l’aborto chimico, negano la dimensione naturale del matrimonio. Non si riesce a capire molto bene perché sia drammatico che si estingua la rosa del Madagascar e perché non lo sia minimamente l’uccisione di esseri umani prima che nascano. È evidente che la natura viene seguita e nello stesso tempo non  seguita,  segno che  su di essa  si è proiettata una cultura di tipo riduttivo, incapace di vedere la problematica ecologica nel suo complesso. Per farlo bisogna recuperare un concetto più ampio di natura e ricongiungere l’ecologia ambientale con l’ecologia umana.

Il  cattolico  in  politica  dovrà  quindi  considerare  la natura non solo come un insieme di cose materiali, cui in fine  la  riducono  anche  i  sostenitori  dell’ecologismo ideologico, ma  come un  insieme di  forme,  vale  a dire di cose che tendono ad un loro fine, che esprimono un progetto di sviluppo. La natura è un ordine, esprime una grammatica. Non è semplice accostamento materiale di oggetti, ma ci dice anche cosa in quegli oggetti conta di più e cosa conta di meno. Ci dice anche che nella natura l’uomo ha una posizione particolare, egli è infatti l’unico essere ad emergere oltre  la natura, a poterla usare dato che tutta la natura è finalizzata all’uomo. Gli animali e le piante non usano la natura, in quanto ne fanno parte e ne sono immersi. L’uomo invece ne sporge e quindi ne può  usare. Qui  sta  l’aspetto morale  dell’ecologia. Non è  accettabile  né  che  la  natura  debba  essere  considerata una divinità intoccabile perché essa invece è finalizzata all’uomo, né che possa venire sfruttata senza criterio mediante uno sviluppo tecnologico ed economico selvaggio ed  egoistico.

La natura  va  adoperata  responsabilmente; perché questo sia possibile bisogna riconoscere nella persona umana una dignità  superiore  alla natura. Bisogna anche  che  si  vedano  tutti  i  problemi  ambientali  come collegati causalmente e finalisticamente con quelli umani. Senza la luce dell’ecologia umana non si hanno i criteri sufficienti per governare l’ecologia ambientale. Non si può pensare di riuscire ad avere un ambiente salubre, fiumi ed aria non inquinati, spiagge pulite e contemporaneamente una  famiglia degradata. Come  si può contemporaneamente  educare  le  studentesse  al  riciclaggio dei rifiuti –  in ogni aula  scolastica ci  sono ormai  i vari contenitori differenziati –  e contemporaneamente dare loro in mano la pillola abortiva? A quale rispetto per la natura le stiamo abituando? Molti sindaci si interessano che nella loro città ci siano i parchi, ma si disinteressano della prostituzione che avviene in molte strade della periferia. Ci si preoccupa che i bimbi in da piccoli imparino ad amare le piante e gli animali, ma l’inquinamento morale prodotto dalla televisione nei loro confronti e dal comportamenti di  tanti  adulti non ci preoccupa più di tanto. Siamo ormai espertissimi in diete, esercizi ginnici, attrezzi da palestra, massaggi di vario tipo, respirazione yoga, cure con le erbe, ma si diffonde un uso strumentale del corpo umano, proprio e altrui, che certo non ci fa  onore  come  persone. Ci  preoccupiamo  dei  cuccioli di  foca  e molto meno dei  cuccioli di uomo. Pensiamo che  sia  il  degrado  delle  periferie  a mettere  in  difficoltà  la  famiglia  ed  invece  è  la  difficoltà  della  famiglia  a creare  il degrado delle periferie. Le  esperienze  sessuali dei ragazzini cominciano molto presto, i teenagers sono fuori controllo  in molti paesi europei,  si distribuiscono preservativi nelle  scuole,  si permette per  legge  l’aborto anche a 16 anni e non si ha il minimo sospetto che tutto ciò sia una devastazione dell’ambiente naturale. Facendo questo  lungo  elenco  di  esempi,  ho  inteso  indicare  altrettanti  campi  dell’impegno  politico  del  cattolico  che vogl
ia veramente intendere in senso ampiamente umano il problema della tutela dell’ambiente naturale.

Per approfondimenti si veda il volume “Il cattolico in politica. Manuale per la ripresa” (Cantagalli)

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*Mons. Giampaolo Crepaldi è Arcivescovo di Trieste, Presidente della Commissione “Caritas in veritate” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e Presidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina Sociale della Chiesa.

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ZENIT Staff

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