Nel 1978, l’anno dei tre Papi, Egildo Biocca lavorava in Vaticano nel Corpo di Vigilanza (così si chiamava allora la gendarmeria vaticana). Da gendarme vaticano ha visto morire Paolo VI, ha assistito all’elezione di Giovanni Paolo I e alla sua improvvisa dipartita. Il 18 ottobre vide per la prima volta nella loggia di San Pietro il nuovo Papa.
Fu un evento storico: dopo cinque secoli i cardinali avevano eletto un papa non italiano. La prima cosa che lo colpì in Giovanni Paolo II fu la sua voce forte; dopo la flebile voce di Paolo VI e la timida vocina di Giovanni Paolo I, le parole del nuovo Pontefice suonavano possenti e riflettevano anche la sua forza fisica.
Con il passare del tempo si è scoperto che Giovanni Paolo II era un uomo sportivo, amante della montagna e dello sci. Da allora il Papa gli divenne molto “simpatico” perché anche lui, nato tra le montagne, vicino al Gran Sasso, era sciatore e grande camminatore (non a caso ha fatto il servizio militare negli alpini).
La conoscenza della montagna, la forza fisica e le doti di sciatore hanno fatto sì che Egildo è diventato uno degli organizzatori delle gite private del Papa polacco e il suo accompagnatore.
Oggi è già in pensione e con grande nostalgia mi ha raccontato i fatti legati a queste “scappatelle” pontificie. Biocca ha raccontato che per accompagnare il papa polacco nelle sue uscite in montagna ci volevano persone ben preparate. Si faceva un sopralluogo delle zone prescelte e si privilegiavano quelle dove non passava mai nessuno.
Le gite erano frequenti. Ne ha fatte molte più di 100. I giorni preferiti erano il martedì e il venerdì. Generalmente andavamo nelle montagne di Abruzzo perché da Roma si arrivava presto, ma facevamo le gite anche in Toscana e al mare, a Passoscuro, nei posti vicini a Civitavecchia, sul monte Argentario (Porto Santo Stefano).
Per gli spostamenti si utilizzavano macchine private con le targhe italiane. Anche la scorta della polizia italiana usava automobili normali e i poliziotti erano in borghese.
Nell’intervista pubblicata nel libro “Accanto a Giovanni Paolo II” (edizioni Ares), Biocca ha spiegato che “per Giovanni Paolo II le gite erano non soltanto il modo per ritemprarsi ma anche l’occasione per pregare, per parlare con Dio, per ammirare la natura, il creato”.
“Il Santo Padre – ha aggiunto Biocca -, anche se per tanti anni gli sono stato vicino, mi metteva un pò in soggezione perché era un uomo carismatico ed io sono timido di natura. Invece Lui era un formidabile compagno di gite e metteva ognuno a proprio agio. Era anche un uomo comprensivo. Una volta scalando la montagna gli ho pestato una mano. Nessuno si è accorto di niente. Lui non ha detto niente e soltanto con il suo sguardo sembrava dirmi: “Non è successo niente di grave, non devi chiedermi scusa”.
Uno dei compiti più gravosi per Biocca e gli altri gendarmi che erano insieme al Papa, era fare in modo di evitare incontri con altre persone.
Biocca ha rivelato che un giorno, mentre Giovanni Paolo II pregava nel santuario mariano della Mentorella, entrano una signora con il figliolo. Don Stanislao non osava impedire alla gente l’ingresso e il passaggio per il solo fatto che il Santo Padre stesse lì. Così queste due persone sono entrate ed hanno salutato il Papa. Andando via ho sentito il ragazzo che diceva alla mamma: „non possiamo dire che abbiamo visto Giovanni Paolo II alla Mentorella perchè nessuno ci crederebbe o ci prenderanno per pazzi!”.
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Ricordiamo che venerdì 4 aprile all’Università Europea di Roma si svolgerà alle ore 19,00 l’incontro “Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II. Due Papi due Santi” con testimonianze originali e inedite sulla santità dei due pontefici. Ingresso libero