La scorsa settimana ho avuto occasione di tornare a riflettere sulla figura di Sant’Anna nell’arte, perché sono stato invitato al Castello Ventimiglia di Castelbuono, in Sicilia, incastonato nelle Madonie, a tenere una conferenza su questo tema. Infatti, nel castello si conservano le preziose reliquie di sannt’Anna, giunte li nel XIV secolo. La cappella palatina del castello Ventimiglia, fu in seguito decorata dai Serpotta, unico caso tra le loro opere, in cui viene usato il fondo a foglia d’oro a piena parete, che in seguito la bottega abbandonerà per una scelta di purezza cromatica legata ai toni di bianco, così come li conosciamo nella più famosa cappella palermitana dell’Oratorio di San Lorenzo. In questa occasione analizzando tutta l’iconografia maturata tra l’VIII-IX secolo e il XV, ancora una volta ho potuto “meravigliarmi” della peculiare capacità di Leonardo nell’affrontare, in modo antico e nuovo, questo tema. Leonardo, infatti, è come tutti i grandi artisti all’interno del “sistema d’arte cristiano” è capace di elaborare un segno pregno di significati uniti e desunti dalla tradizione, ma nel contempo totalmente innovativo, tanto da influenzare iconograficamente grandi artisti dei secoli successivi, come Caravaggio.
Nella produzione pittorica di Leonardo constatiamo una particolare sensibilità nell’affrontare il mistero dell’Incarnazione. In opere quali l’Annunciazione o la Vergine delle Rocce, Leonardo riesce, infatti, ad interpretare l’iconografia tradizionale, producendo composizioni originali, in cui l’umanità e la divinità di Cristo vengono mostrate mediante il linguaggio proprio della pittura, con sublime poesia e profondità teologica.
Questa peculiare cifra spirituale appare espressa in modo eccellente nel cartone di Burlington House, Sant’Anna, la Vergine e il Bambino ora alla National Gallery di Londra e nell’olio su tavola Sant’Anna, la Madonna e il Bambino con l’Agnellino, conservato al Louvre di Parigi. Le due opere sono simili per tema e trattazione, ma presentano alcune differenze compositive. Nella tavola conservata a Parigi, la Vergine siede sulle ginocchia di sua madre sant’Anna, ed è abbassata in avanti, cosicché Anna si impone come la figura più alta; Maria ha le braccia protese verso Gesù Bambino, che sembra voler salire per gioco su un agnellino, voltandosi verso la Madre. Il gruppo si staglia su uno sperone di roccia, su una zolla di terra, geologicamente connotata. Nel cartone conservato a Londra, i volti delle due donne sono invece vicini e Maria ha in braccio Gesù Bambino, proteso verso San Giovannino.
Vasari nelle sue Vite descrive un cartone che è forse una prima versione perduta, e che sembra essere la sintesi delle due opere che possediamo, in quanto vi sarebbero presenti sant’Anna, Maria, Gesù Bambino, san Giovannino e un “pecorino”; soprattutto Vasari fin dalla prima edizione delle Vite sottolinea l’ammirazione provata da tutti verso tale mirabile opera, in cui vengono magnificamente rappresentati i sentimenti dei santi protagonisti, in particolare di Maria: «Fece un cartone dentrovi una Nostra Donna et una Santa Anna, con un Cristo, la quale non pure fece maravigliare tutti gli artefici, ma finita ch’ella fu, nella stanza durarono dui giorni di andare a vederla gli uomini e le donne, i giouani et i vecchi come si va a le feste solenni, per vedere le maraviglie di Lionardo, che fecero stupire tutto quel popolo. Si vedeva nel viso di quella Nostra Donna tutto quello che di semplice e di bello può con semplicità e bellezza dare grazia a una madre di Cristo; volendo mostrare quella modestia e quella umiltà che in una vergine contentissima di allegrezza del vedere la bellezza del suo figliuolo, che con tenerezza sosteneva in grembo; e mentre che ella con onestissima guardatura a basso scorgeva un santo Giovanni piccol fanciullo che si andava trastullando con un pecorino, non senza un ghigno d’una Santa Anna che, colma di letizia, vedeva la sua progenie terrena esser divenuta celeste. Considerazioni veramente dallo intelletto et ingegno di Lionardo».
Si tratta realmente di una composizione pittorica estremamente significativa. Infatti, l’intreccio delle figure, fisicamente legate, risulta immagine della genealogia umana di Gesù, che è veramente figlio di Maria, che è veramente figlia di Anna. Questa genealogia umana poggia sulla terra: la descrizione pittorica della terra naturale su cui si ergono le figure sottolinea la reale umanità di Gesù.
Nel dipinto la testa di sant’Anna sovrasta Maria, e la sua figura, dalla testa fino al piede sinistro, costituisce l’asse centrale dell’intera composizione. Con questa costruzione, Leonardo si colloca in maniera originale nella tradizione iconografica tre-quattrocentesca che rappresenta Sant’Anna come progenitrice; per esempio nei dipinti di Lorenzo da Sanseverino, di Masolino, di Masaccio, di Beccafumi e di Memling, Anna sovrasta Maria in una posizione e in una dimensione più alta, in quanto madre e in quanto anziana. Ma pur essendo più anziana e in qualche modo dominante, sant’Anna viene sempre rappresentata come colei che contempla la figlia Maria, con amore di madre e fede di santa. Nel dipinto di Leonardo, sant’Anna ha lo sguardo abbassato verso Maria, la quale guarda negli occhi Gesù. In questo modo appare veramente espresso quanto poeticamente scritto da Dante nel XXXII canto del Paradiso nella Divina Commedia: «Di contr’a Pietro vedi seder Anna / tanto contenta di mirar sua figlia / che non move occhio per cantare osanna». Il volto di sant’Anna dipinto da Leonardo esprime una grande gioia: ella gioisce della propria discendenza, vedendo nella propria storia l’attuarsi della storia della salvezza.
Alle spalle delle donne, nel dipinto leonardiano c’è un paesaggio di monti che si perdono all’orizzonte. Spesso Leonardo associa i significati simbolici e spirituali della montagna e della caverna alla figura di Maria, madre di Gesù Cristo.
Proseguendo il cammino già avviato con la più giovanile tavola dell’Annunciazione, Leonardo sembra fare propri i simboli iconografici della tradizione pittorica, rivivendoli in modo originale, secondo le proprie esperienze conoscitive e contemplative.
Nella Sant’Anna, la Madonna e il Bambino con l’Agnellino il tema non facile, in quanto non narrativo e privo di una fonte diretta nelle Sacre Scritture, viene trattato con estrema ampiezza, in quanto appare collocato in una dimensione cosmica, universale. Il paesaggio che avvolge le figure traccia un ordine complesso ma unitario: dall’orizzonte tra cielo e montagne fino alle profondità della terra. Al centro, il gruppo delle sante persone appare quasi emergente dalla terra e svettante verso il cielo, nella luce che emana dal sorriso di Maria, a sua volta resa luminosa dallo sguardo di Gesù.
La poesia con cui Leonardo tratteggia il volto di Maria, nel suo relazionarsi alla madre e al Figlio, trova analogia nel sonetto 366 delle Rime di Petrarca, dedicato a Maria: «Tre dolci e cari nomi ha in te raccolti, madre, figliuola e sposa».
Sicuramente, la soluzione di Leonardo è all’origine della composizione proposta da Caravaggio nella Madonna dei Palafrenieri, opera anch’essa capace di esprimere con il linguaggio della pittura profondi significati teologici; Caravaggio aggiunge anche il segno del serpente, che viene schiacciato da Maria per mezzo di Gesù ed inoltre sostituisce il paesaggio con una porta, a sottolineare in modo diverso il mistero dell’Incarnazione.
Di fronte alla tavola ed anche al cartone dedicati da Leonardo alla Vergine con sant’Anna e il Bambino, si nota una particolare abilità poetica nella rappresentazione del volto di Maria. Sembra che l’artista abbia prestato una particolare delicatezza ed attenzione nel tratteggiare una donna bellissima, di evidente virtù e di immensa vitalità: come animata da
ll’amore. Il volto di Maria esprime infatti una cura infinita per il piccolo Gesù, e i suoi gesti annunciano i sentimenti della sua anima: il suo essere completamente protesa verso di lui, in un gesto insieme di cura e di sequela.
Leonardo ha dedicato molte opere pittoriche a Maria; le più famose sono senz’altro l’Annunciazione, l’Adorazione dei Magi, la Vergine delle Rocce e la Vergine con sant’Anna. L’insieme di queste opere mostra un profondo impegno di Leonardo su questo versante. Una profonda mariologia è prodotta da una corretta cristologia: e questo è quello che notiamo in Leonardo, dove la lode a Maria sembra sempre essere profondamente inscritta nella sua relazione al mistero della Trinità e del Verbo Incarnato. Maria è, infatti, la terra che accoglie lo Spirito del Signore, Maria è la caverna in cui fiorisce il Nazareo, Maria è la montagna che conduce alla contemplazione di Dio. Nel volto di Maria appare dipinta la sintesi di cielo e terra, perché è madre di Gesù Cristo. Lo sguardo di Maria fissato negli occhi di Gesù, nella tela che stiamo analizzando, è un segno preciso e intenso della relazione umana e divina tra Maria ed il Verbo Incarnato.
Sembra che Leonardo, per la capacità di mostrare la vera bellezza di Maria, sia animato da una ispirazione simile a quella espressa da Dante, all’inizio dell’ultimo canto della Divina Commedia: «Vergine madre, figlio del tuo figlio / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’eterno consiglio / tu se’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che ‘l suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura».
Rodolfo Papa, Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Storico dell’arte, Accademico Ordinario Pontificio. Website www.rodolfopapa.it ; Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com ; e.mail: rodolfo_papa@infinito.it.