Da 43 anni al Servizio della Santa Sede, il 70enne Guzmán Carriquiry Lecour è oggi segretario della Pontificia Commissione per l’America latina, primo laico a ricoprire tale incarico (da maggio 2011) com’era stato il primo laico ad essere scelto come sottosegretario del Pontificio Consiglio per i laici (da settembre 1991). Uruguayano nato a Montevideo, Carriquiry nella sua attività pastorale ha collaborato spesso sia con l’episcopato latino-americano che nella preparazione di viaggi papali in quel continente. Responsabilità di primo piano le ha avute anche nell’organizzazione delle Gmg e nei contatti con le più diverse aggregazioni laicali del mondo cattolico. Tra le sue numerose pubblicazioni: “Una apuesta por America Latina” (Editorial Sudamericana, 2003) e “El bicentenario de la Independencia de los Paises latino-americanos: ayer y hoy” (Ediciones Encuentro, 2011), ambedue prefati da Jorge Mario Bergoglio, allora arcivescovo di Buenos Aires, che Guzman Carriquiry conosceva fin da quando era padre provinciale dei Gesuiti argentini…
***
Professor Carriquiry, al momento dell’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio quale fu il sentimento dominante?
Carriquiry: Ci fu l’impatto di una novità sorprendente. Ci è toccato di vivere in poco tempo due fatti inediti di una portata enorme: la rinuncia di papa Benedetto, poi l’elezione del primo Papa gesuita e latino-americano. Sono state due scosse di terremoto! Non a caso papa Francesco ripete sempre che bisogna essere aperti e accoglienti verso le novità di Dio, andare oltre le nostre “sicurezze”, persino quelle ecclesiali, pastorali, spirituali.
Anche Lei è stato sorpreso dall’elezione di un cardinale che ben conosceva e che aveva anche scritto la prefazione dei suoi libri?
Carriquiry: Ho avuto da anni la certezza spirituale che padre Bergoglio fosse destinato a divenire Papa… Lo conoscevo, frequentavo da lungo tempo e ogni volta che lo incontravo mi confermava in tale certezza…
Però nel 2005 era già stata avanzata la sua candidatura in alternativa a quella di Joseph Ratzinger, ma senza successo, pur essendo stata appoggiata da una quarantina di confratelli rossoporpora…
Carriquiry: Tutti noi pensavamo nei lunghi anni della malattia di Giovanni Paolo II che il cardinale Ratzinger, data la sua personalità straordinaria, sarebbe stato il candidato più indicato alla successione. Sono convinto che quello stesso giudizio fosse anche del cardinale Bergoglio. Credo che lui stesso fosse sorpreso di essere candidato e che lui stesso pensasse che non fosse ancora scoccata la sua ora. In ogni caso, per lo stesso Bergoglio, non fu una ‘candidatura in alternativa’.
A un anno di distanza c’è ancora entusiasmo per la ‘sorpresa‘, per la ‘novità’?
Carriquiry: La prima sorpresa di Dio è stata la velocità del passaggio dalla condizione drammatica, tesa, per certi versi oscura di cui stava soffrendo il saggio e santo Benedetto XVI in quella sorta di Via Crucis che è stata il suo pontificato alla condizione di gioia e di speranza suscitata dai primi mesi del pontificato di papa Francesco. Credo che fin dal primissimo momento il Papa latinoamericano abbia esercitato un’attrazione formidabile non solo per i cattolici, non solo per tutti i cristiani, ma anche nel mondo delle altre religioni e dei lontani, degli agnostici, perfino degli atei.
Come si può spiegare questa grande attrazione?
Carriquiry: Non soltanto con le grandi virtù comunicative di papa Francesco. C’è qualcosa di più. Forse, dopo i tempi drammatici, il cuore della gente attendeva qualcosa d’altro, serenità, gioia. D’altra parte papa Francesco dall’inizio stesso del suo pontificato ha fatto tutto il possibile, con la grazia di Dio e anche guidato dalla sua esperienza pastorale precedente, per cercare di arrivare al cuore delle persone. Questa attrazione persiste. Non è stato l’entusiasmo passeggero della novità, come tanti pensavano. Anzi, piazza San Pietro all’Angelus domenicale e nelle udienze del mercoledì è più piena che mai. E i sondaggi in tanti Paesi confermano una popolarità straordinaria, che – è anche comprensibile – nell’America latina si situa oltre il 90% di consensi.
Che cosa significa per la Chiesa avere per la prima volta un Papa latino-americano? E per l’America latina? Qualcosa di sostanziale è cambiato?
Carriquiry: Il cambiamento è profondo. Prima abbiamo avuto, dopo 500 anni, un Pontefice venuto al di là delle frontiere italiane, dalla Polonia semper fidelis. Poi un altro europeo non italiano, il più grande dei pensatori della cultura umanistica europea, il cardinale Joseph Ratzinger. Prima il Papa, pellegrino tra le nazioni; poi il maggior rappresentante della tradizione cristiana europea. Ora abbiamo un Papa che viene quasi dalla fine del mondo, al di là dell’Oceano.
Papa Bergoglio si comporta come il cardinale Bergoglio oppure ha modificato certi suoi atteggiamenti?
Carriquiry: Chi lo conosce sa che papa Bergoglio nella sua tempra umana, nella sua interiorità spirituale nella sua impostazione pastorale, nel suo slancio missionario è lo stesso che il cardinale arcivescovo Bergoglio. Però la grazia dello stato aiuta a far rifiorire quanto già è nella persona. Jorge Mario Bergoglio da Papa è rivitalizzato, ringiovanito. È noto che da arcivescovo di Buenos Aires era ormai pronto a ritirarsi in una casa di riposo del clero. Ora invece è diventato molto più espressivo nella comunicazione dei propri affetti. Già questo si notava quando andava in pellegrinaggio in un santuario argentino o si tuffava nelle feste patronali: abbracciava i poveri, gli umili. Adesso tale caratteristica è sbocciata in un grande abbraccio al gregge universale che gli è stato affidato.
Quali sono i rapporti di Francesco con la razionalità europea?
Carriquiry. È un gesuita dalla solida, profonda formazione intellettuale, quella che la Compagnia di Gesù sviluppava in 14 lunghissimi anni di studio. È stato professore di teologia, lettere, psicologia… è un uomo di solido impianto culturale che predilige la grammatica della semplicità per arrivare al cuore del suo popolo, in modo particolare dei poveri, dei piccoli.
In tal senso che cosa Jorge Mario Bergoglio ha mutuato di fondamentale da un filosofo uruguayano che è morto nel 2009, Alberto Methol Ferré? Di cui sia il Papa che Lei siete stati amici…
Carriquiry: Methol Ferré è stato mio maestro. So con quanto interesse il cardinale Bergoglio seguiva gli scritti di questo – così l’ha definito – “geniale pensatore rioplatense”, che per me è stato il maggiore pensatore laico cattolico in America latina della seconda metà del XX secolo e degli albori del XXI. Il Papa ha nutrito sempre grandissima ammirazione per Ferré. Lui ha aiutato la mia generazione e pure quella precedente – in cui includerei anche Bergoglio – a introdurci più profondamente dentro l’originalità della coscienza storica e della cultura dell’America latina, simboleggiata nel volto luminoso e meticcio di Nostra Signora di Guadalupe. Ci ha aiutati a capire più a fondo e a valorizzare la religiosità popolare come forma di inculturazione del Vangelo nella vita dei nostri popoli, ci ha aperto una comprensione della realtà odierna dell’America latina. Methol Ferré mi fa ricordare sempre ciò che diceva papa Ratzinger ad Aparecida: “Dio è il principio più reale di tutta la realtà”.
[La seconda parte verrà pubblicata domani 16 aprile 2014]
*
Fonte: Rossoporpora.org