Leggere il Vangelo con il dono dell'Intelletto, "per capire la profondità delle parole di Dio"

Nell’udienza generale il Papa ha svolto una catechesi sull’Intelletto, che non è “intelligenza umana” ma un dono dello Spirito Santo “strettamente connesso alla fede”

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L’affinità dei due termini può trarre in inganno, ma l’Intelletto non è l’intelligenza umana, bensì “una grazia che solo lo Spirito Santo può infondere” e che ci fa scrutare il disegno di Dio. Nell’udienza generale di stamattina, papa Francesco ha proseguito le sue catechesi sui doni dello Spirito Santo e, dopo essersi occupato della Sapienza, ha parlato oggi del dono dell’Intelletto.

“Non si tratta qui dell’intelligenza umana, della capacità intellettuale di cui possiamo essere più o meno dotati”, ha spiegato il Santo Padre. L’Intelletto è invece “una grazia che solo lo Spirito Santo può infondere e che suscita nel cristiano la capacità di andare al di là dell’aspetto esterno della realtà e scrutare le profondità del disegno di Dio e del suo disegno di salvezza”.

Gli effetti di questo dono sono descritti dall’apostolo Paolo il quale, rivolgendosi alla comunità di Corinto, spiega: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito” (1 Cor 2,9-10).

“Questo ovviamente – ha detto papa Francesco a proposito delle parole di San Paolo – non significa che un cristiano possa comprendere ogni cosa e avere una conoscenza piena dei disegni di Dio”. Del resto, “tutto ciò rimane in attesa di manifestarsi in tutta la sua limpidezza quando ci troveremo al cospetto di Dio e saremo davvero una cosa sola con Lui”.

Però l’Intelletto, “come suggerisce la parola stessa, ci permette di ‘intus legere’, cioè di ‘leggere dentro’: e questo dono ci fa capire le cose come le capisce Dio, con l’intelligenza di Dio”. D’accordo, “si può comprendere una situazione con l’intelligenza umana, con prudenza”, ma “capire una situazione in profondità, come le capisce Dio, è l’effetto di questo dono”. E Gesù – ha aggiunto il Papa – “ha voluto inviarci lo Spirito Santo perché noi abbiamo questo dono, perché tutti noi possiamo capire le cose come Dio le capisce, con l’intelligenza di Dio”.

“È chiaro allora – l’osservazione del Santo Padre – che il dono dell’Intelletto è strettamente connesso alla fede. Quando lo Spirito Santo abita nel nostro cuore e illumina la nostra mente, ci fa crescere giorno dopo giorno nella comprensione di quello che il Signore ha detto e ha compiuto”.

Papa Francesco ha dunque invitato a leggere il Vangelo “con questo dono dello Spirito” per “capire la profondità delle parole di Dio”. Lo stesso Gesù – ha ricordato il Vescovo di Roma – ha detto ai suoi discepoli: “Io vi invierò lo Spirito Santo e Lui vi farà capire tutto quello che io vi ho insegnato”.

Si è servito ancora del Vangelo il Santo Padre, citando “un episodio che esprime molto bene la profondità e la forza di questo dono”. Ha raccontato papa Francesco: “Dopo aver assistito alla morte in croce e alla sepoltura di Gesù, due suoi discepoli, delusi e affranti, se ne vanno da Gerusalemme e ritornano al loro villaggio di nome Emmaus. Mentre sono in cammino, Gesù risorto si affianca e comincia a parlare con loro, ma i loro occhi, velati dalla tristezza e dalla disperazione, non sono in grado di riconoscerlo. Gesù cammina con loro ma loro erano tanto tristi, tanto disperati, che non lo riconoscono. Quando però il Signore spiega loro le Scritture, perché comprendano che Lui doveva soffrire e morire per poi risorgere, le loro menti si aprono e nei loro cuori si riaccende la speranza (cfr Lc 24,13-27)”.

Quello che avviene ai discepoli di Emmaus è ciò che può avvenire anche in noi, grazie allo Spirito Santo, “che ci apre la mente, ci apre per capire meglio, per capire meglio le cose di Dio, le cose umane, le situazioni, tutte le cose”.

Al termine dell’udienza, il Santo Padre ha rivolto un pensiero speciale a giovani, ammalati e sposi novelli. Ha invitato i primi a imparare da Santa Caterina da Siena, la cui memoria liturgica si è celebrata ieri, “a vivere con la coscienza retta di chi non cede ai compromessi umani”. I secondi, ad ispirarsi “al suo esempio di fortezza nei momenti di maggiore dolore”. Infine gli sposi novelli a “imitare la solidità della fede di chi si fida di Dio”.

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Federico Cenci

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