In concomitanza con l’apertura dell’Expo di Milano, tra le tante iniziative sul tema del cibo e dell’alimentazione che si sono sviluppate in ambito nazionale, spicca l’incontro che si è svolto a Catanzaro il 23 aprile sul tema Il pane della Vita. Cibo, Eucaristia e solidarietà.
Un incontro organizzato all’interno di una serie di quattro, dall’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, dal Movimento Apostolico, da ZENIT, con il coordinamento del centro studi Verbum.
L’Expo di Milano è un grande evento con grandi obiettivi. Sfamare il mondo con il cibo più buono.
Dar da mangiare significa permettere e favorire l’alimentazione, l’energia e la salute del corpo e della mente ma non si tratta solo di una funzione fisiologica.
La cura e l’attenzione che si mette nel trovare e produrre gli alimenti, trattarli e cucinarli, servire e condividere le pietanze, implica la proposizione di una relazione di amore, di una cultura del dono e dell’incontro che alimenta il cuore e l’anima.
Questo dimostra che non è vero che siamo ciò che mangiamo: in realtà siamo molto di più.
Nella preghiera del Padre Nostro i cristiani chiedono al Signore “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, ma nel Vangelo si ricorda che “non di solo pane vivrà l’uomo”.
La storia ci racconta che uomini e donne primitive non si accontentarono di vivere raccogliendo, pescando o cacciando ma cominciarono a cucinare il cibo.
La scelta e l’utilizzo del cibo, in particolare la preparazione e cucina dello stesso, influenzano le relazioni tra uomini. Zuppe, pane non lievitato e stufati di carne e cereali sono presenti già 5000 anni prima di Cristo.
Dalla primordiale relazione tra uomo e creato, si passa alla relazione con prodotti generati dalla conoscenza e dal lavoro degli uomini, e poi la cultura e la cucina degli stessi, con un importantissima innovazione di tipo sociale.
La condivisione del cibo cucinato è una pratica di carattere culturale, sociale e umanizzante.
La cucina implica infatti l’esistenza di qualcuno che si impegna a preparare qualcosa di buono per gli altri, qualcosa di bello da condividere.
La bontà, la bellezza, la condivisione del cibo cucinato rende l’incontro a tavola un momento di gioia, allegrezza, amicizia, pace, fratellanza.
In questo contesti non va sottovalutata la valenza medicale del cibo, la capacità cioè di rendere l’atto donativo e di condivisione un ottima medicina per il corpo, per la mente, per il cuore.
Al contrario è facile capire quando uno sta male, quando cioè è reticente o rifiuta la condivisione del cibo.
Per produrre il cibo, cucinarlo, presentarlo nel migliore dei modi, condividerlo con amicizia, gli umani donano e si donano agli altri, sviluppano relazioni di empatia.
Ma i bisogni del cuore non si placano solo nelle relazioni con il creato e con gli altri; gli umani cercano la felicità piena, cercano l’infinito, cercano Dio.
Questo spiega il rapporto profondo che fin dall’inizio, il cibo e la cucina, hanno avuto con le religioni
I politeisti, ancora oggi offrono il cibo ai loro dei. Le religioni abramitiche segnano il tempo spirituale con pratiche culinarie e cibi particolari. Passano da tempi di digiuno e privazioni, a tempi di gioia e di festa.
Nella vicenda di Gesù Cristo, il rapporto con il cibo assume significati più profondi. Si arriva al punto che, per amore, il Nazareno si dà in pasto all’umanità ed i cristiani lo ricordano confessandosi e comunicandosi, mangiando l’ostia che salva e alimenta l’anima.
Per questo motivo, i cristiani sostengono che il corpo ed il sangue di Gesù Cristo rappresenta l’atto di amore più grande. Il Salvatore non si è accontentato di morire per salvarci dal peccato e dalla morte ma addirittura è rimasto con gli umani continuando a darsi in pasto.
Così il mal di vivere, i turbamenti dell’anima, possono guarire se ci cibiamo di Eucaristia, vertice dell’amore di Cristo.
San Giuseppe Moscati, grande medico e grande santo, davanti a un giovane con la salute devastata dai vizi impuri, prese un foglio e scrisse: “Cura dell’Eucaristia”.
Don Bosco, il Santo dei giovani, affermava: “Non ho conosciuto mai nessun giovane che si sia mantenuto casto senza fare la Comunione almeno ogni quindici giorni”; e aggiungeva: “allontanarsi dalla Comunione è lo stesso che darsi in braccia al demonio”.
Ha detto Gesù : “Se voi non mangerete la Carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo Sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
E nelle solenni esposizioni dell’Eucaristia si canta: “O Ostia di salvezza, tu ci spalanchi le porte del Cielo”.
Nella preghiera rivolta a San Francesco Caracciolo protettore dei cuochi e dei panettieri si legge:
“Tu che fosti profondamente unito a Cristo,
Pane spezzato per la vita del mondo,
aiutaci a saper promuovere,
attraverso la mensa che prepariamo,
rapporti più umani e fraterni
per contribuire alla diffusione nel mondo
della pace e dell’amore di Dio”.