La furia dell’Isis ha colpito nuovamente il patrimonio archeologico di Palmira: questa volta i miliziani hanno distrutto il celebre Arco di trionfo, vestigia di epoca romana di almeno 2000 anni. Già lo scorso agosto avevano diffuso sul web cinque foto, che ritraevano alcuni combattenti impegnati a piazzare dell’esplosivo all’intero del tempio di Baal Shamin e sui muri adiacenti.
Secondo mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo, interpellato da AsiaNews, “non è un messaggio interno, per la Siria, ma un monito alla comunità internazionale, in particolare a Stati Uniti ed Europa, che prestano maggiore attenzione ai beni e ai reperti archeologici”. “Attraverso questi gesti – ha aggiunto – i miliziani vogliono mostrare all’esterno la loro forza, la violenza, il dominio sul mondo arabo e musulmano. Un atto di grande propaganda mediatica”.
I jihadisti hanno letteralmente “polverizzato” il monumento finora conservato all’interno di un’area che è destinata a essere “condannata” se resterà ancora nelle loro mani, come riferisce il capo del Dipartimento per l’archeologia e i beni antichi del governo siriano Maamoun Abdulkari. La direttrice generale Unesco Irina Bokova parla invece di “crimini di guerra” e chiede aiuto alla comunità internazionale, perché mostri unità contro un movimento criminale che “priva il popolo siriano della propria conoscenza, dell’identità e della storia”.
Oltre a Palmira, l’arcivescovo caldeo di Aleppo parla di una “situazione drammatica” che peggiora sempre più. Proseguono infatti i bombardamenti russi sulle roccaforti dell’Isis. Oggi la notizia di circa 160 miliziani del Califfato rimasti uccisi in scontri con l’esercito regolare. In questo contesto, “la gente è divenuta povera, malata, non c’è denaro per comprare cibo, tutto è caro”, denuncia Audo. I terroristi continuano a “lanciare i loro messaggi, vogliono far capire che sono potenti e che hanno i mezzi per fare paura. E anche l’Occidente – avverte – è in pericolo di fronte a questi gruppi estremisti”. L’escalation di violenze e terrore complica ancor più la già fragile situazione della comunità cristiana, che registra un esodo di famiglie e giovani che “sembra non finire”.
“La Chiesa opera per mantenere questa presenza cristiana in Medio oriente e in Siria viva e attiva – prosegue il presule – quale segno di pluralità e dignità. Tuttavia, ci sembra che l’Occidente non presti attenzione a questo aspetto; la scomparsa dei cristiani sarebbe una perdita non solo per le Chiese orientali, ma anche per l’islam stesso; senza questa presenza ci sarebbe spazio solo per la violenza pura e semplice, una violenza voluta da una parte per poter continuare a distruggere”. La Chiesa siriana, conclude mons. Audo, cerca per quanto possibile “di dare un futuro alle famiglie e ai giovani offrendo educazione, cibo, assistenza sanitaria e sostegno psicologico; ma senza la pace, senza una soluzione politica, guerra e violenze sono destinare a continuare”.