In mezzo a rapporti anonimi, aridi, “disidratati”, quasi “insopportabili”, è necessaria “una robusta iniezione di spirito famigliare”. Perché è in famiglia che si imparano gli atteggiamenti utili a formare una persona capace di vivere e convivere nel mondo e di renderlo più giusto e più umano. Ma questo patrimonio che la famiglia offre non sempre viene riconosciuto dalla politica e dall’economia.
Su questi punti si intreccia la catechesi di Papa Francesco durante l’Udienza generale di oggi. Il ciclo di riflessioni si arricchisce ora degli spunti offerti dai tre giorni di Sinodo iniziato lunedì 6 ottobre. Il quale – sottolinea il Pontefice – è chiamato ad interpretare la “sollecitudine” e la “cura” della Chiesa verso la famiglia, “fondamentale nella testimonianza dell’amore di Dio”, e che pertanto “merita tutta la dedizione di cui la Chiesa è capace”.
Sarà proprio questa la chiave di lettura delle prossime udienze del mercoledì: “Il rapporto – che possiamo ben dire indissolubile! – tra la Chiesa e la famiglia, con l’orizzonte aperto al bene dell’intera comunità umana”, spiega Bergoglio, chiedendo di accompagnare il percorso sinodale con “preghiera” e “attenzione”.
“Uno sguardo attento alla vita quotidiana degli uomini e delle donne di oggi mostra immediatamente il bisogno che c’è ovunque di una robusta iniezione di spirito famigliare”, evidenzia poi il Papa. Che osserva come “lo stile dei rapporti” – civili, economici, giuridici, professionali, di cittadinanza – appaia oggi “molto razionale, formale, organizzato”, ma, al contempo, “molto ‘disidratato’, arido, anonimo”. Quasi “insopportabile”. Perché “pur volendo essere inclusivo nelle sue forme, nella realtà abbandona alla solitudine e allo scarto un numero sempre maggiore di persone”.
Ecco perché – afferma il Santo Padre – “la famiglia apre per l’intera società una prospettiva ben più umana”, spalancando “gli occhi dei figli sulla vita” e rappresentando “una visione del rapporto umano edificato sulla libera alleanza d’amore”. È la famiglia – incalza il Pontefice – che “introduce al bisogno dei legami di fedeltà, sincerità, fiducia, cooperazione, rispetto; incoraggia a progettare un mondo abitabile e a credere nei rapporti di fiducia, anche in condizioni difficili; insegna ad onorare la parola data, il rispetto delle singole persone, la condivisione dei limiti personali e altrui”.
Ed è sempre la famiglia che insegna l’insostituibile attenzione “per i membri più piccoli, più vulnerabili, più feriti, e persino più disastrati nelle condotte della loro vita”. Certo chi pratica questi atteggiamenti in società, “li ha assimilati dallo spirito famigliare”, dice Francesco, mica “dalla competizione e dal desiderio di autorealizzazione”.
Tuttavia, pur essendo tutti quanti consapevoli di questa ricchezza che la famiglia apporta al mondo, “non si dà alla famiglia il dovuto peso”; tantomeno essa riceve “riconoscimento e sostegno nell’organizzazione politica ed economica della società contemporanea”. “Vorrei dire di più: la famiglia non solo non ha riconoscimento adeguato, ma non genera più apprendimento!”, lamenta il Santo Padre. “A volte verrebbe da dire che, con tutta la sua scienza e la sua tecnica, la società moderna non è ancora in grado di tradurre queste conoscenze in forme migliori di convivenza civile”.
Non solo: “l’organizzazione della vita comune si incaglia sempre più in una burocrazia del tutto estranea ai legami umani fondamentali, ma, addirittura, il costume sociale e politico mostra spesso segni di degrado – aggressività, volgarità, disprezzo… –, che stanno ben al di sotto della soglia di un’educazione famigliare anche minima”. In tale congiuntura, ci si trova davanti ad un vero “paradosso”: “Gli estremi opposti di questo abbrutimento dei rapporti – cioè l’ottusità tecnocratica e il familismo amorale – si congiungono e si alimentano a vicenda”.
È in questo punto esatto che la Chiesa odierna individua “il senso storico della sua missione a riguardo della famiglia e dell’autentico spirito famigliare”, a cominciare – spiega il Pontefice – “da un’attenta revisione di vita, che riguarda sé stessa”. Quasi si potrebbe dire che lo “spirito famigliare” è “una carta costituzionale per la Chiesa”, perché la “Chiesa è e deve essere la famiglia di Dio”.
Ci sono quindi “un nuovo tipo di reti” per la missione di Pietro, chiamato da Cristo a divenire “pescatore di uomini”. “Potremmo dire – afferma colui che ne è il Successore – che oggi le famiglie sono una delle reti più importanti per la missione di Pietro e della Chiesa. Non è una rete che fa prigionieri, questa! Al contrario, libera dalle acque cattive dell’abbandono e dell’indifferenza, che affogano molti esseri umani nel mare della solitudine e dell’indifferenza”.
“Le famiglie sanno bene che cos’è la dignità del sentirsi figli e non schiavi, o estranei, o solo un numero di carta d’identità”, rimarca Papa Francesco. Non per nulla è dalla famiglia che “Gesù ricomincia il suo passaggio fra gli esseri umani per persuaderli che Dio non li ha dimenticati”. È dalla famiglia che “Pietro prende vigore per il suo ministero”. Ed è a partire dalla famiglia che “la Chiesa, obbedendo alla parola del Maestro, esce a pescare al largo, certa che, se questo avviene, la pesca sarà miracolosa”.
Un’affermazione, quest’ultima, che suona più come un auspicio per i lavori del Sinodo in corso: “Possa l’entusiasmo dei Padri sinodali, animati dallo Spirito Santo, fomentare lo slancio di una Chiesa che abbandona le vecchie reti e si rimette a pescare confidando nella parola del suo Signore”, dice infatti il Papa. Ma, al di là della speranza, c’è una certezza: “Se persino i cattivi padri non rifiutano il pane ai figli affamati, figuriamoci se Dio non darà lo Spirito a coloro che – pur imperfetti come sono – lo chiedono con appassionata insistenza”.