I divorziati che hanno intrapreso una nuova relazione affettiva non debbono considerarsi separati dalla Chiesa, tuttavia, non essendo nella grazia sacramentale, non possono ricevere la Comunione. Questo, in sintesi, l’intervento in Aula – inviato a ZENIT – di mons. Stanislaw Gadecki, arcivescovo metropolita di Poznan e presidente della Conferenza episcopale polacca.
L’allocuzione del presule polacco si immerge in uno dei temi “caldi” che hanno tenuto vivo l’interesse dell’opinione pubblica (specie di quella europea) nel corso del tempo passato tra il Sinodo straordinario del 2014 e quello attuale. Lo fa sottolineando lo “spirito di misericordia” che caratterizza la Chiesa cattolica, ma anche ribadendo il valore della Dottrina della Chiesa sulla “grazia santificante”.
“Non desta alcun dubbio che la Chiesa contemporanea – nello spirito di misericordia – deve aiutare i divorziati risposati civilmente procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita”, afferma mons. Gadecki. Tornano alla mente le parole pronunciate da papa Francesco nell’Udienza generale del 5 agosto scorso, quando a proposito dei divorziati risposati ebbe a dire che “queste persone non sono affatto scomunicate” e che “esse fanno sempre parte della Chiesa”.
L’appello di mons. Gadecki (che esprime la posizione di tutta la Conferenza episcopale polacca, come lui stesso precisa) ha un’impronta fortemente pastorale. Egli invita a fare in modo che le persone divorziate risposate siano esortate “ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio”. Riallacciandosi a quanto espresso da San Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica Familiaris Consortio, l’Arcivescovo afferma dunque: “La Chiesa si dimostri Madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza”.
Dallo stesso San Giovanni Paolo II e dagli altri Pontefici giunge però anche il richiamo a non lasciarsi condizionare dalle spinte ideologiche esterne alla Chiesa. Chiesa che “nell’insegnamento circa l’ammissione dei divorziati risposati civilmente alla Santa Comunione non può piegarsi alla volontà dell’uomo, ma alla volontà di Cristo”, afferma mons. Gadecki. Pertanto – aggiunge – “la Chiesa non può lasciarsi condizionare né da sentimenti di falsa compassione per le persone, né da falsi modelli di pensiero, anche se diffusi nell’ambiente”.
Mons. Gadecki spiega che “ammettere alla Comunione coloro che continuano a convivere more uxorio senza legame sacramentale sarebbe in contrasto con la Tradizione della Chiesa”. Egli ricorda che “già i documenti dei primissimi sinodi di Elvira, Arles, Neocesarea (svolti negli anni 304-319) ribadiscono la dottrina della Chiesa di non ammettere alla Comunione eucaristica i divorziati risposati”.
Si tratta di un’esanime conservazione di usanze del passato o ci sono altre ragioni dietro una posizione che in molti, nel mondo laico, giudicano antiquata e troppo inflessibile? Mons. Gadecki in maniera inequivocabile e cristallina dirime la questione. Rammenta che la ragione fondamentale – come hanno spiegato gli ultimi tre Pontefici in diverse occasioni – è che ‘il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata e attuata dall’Eucaristia”.
Del resto – aggiunge mons. Gadecki – “l’Eucaristia è il sacramento dei battezzati che sono in gratia sacramentalis”. E dunque “l’ammissione alla Santa Comunione delle persone divorziate e risposate civilmente, ossia delle persone che non sono in grazia sacramentale, potrebbe causare tanti danni non soltanto per la pastorale della famiglia, ma anche per la dottrina della Chiesa sulla grazia santificante”.
Ciò significa, concretamente, che una tale ammissione “aprirebbe la porta a tutte le persone che sono in peccato mortale per ottenere la Santa Comunione; ciò di conseguenza cancellerebbe il Sacramento della Penitenza e svilirebbe il significato dell’importanza di vivere nella grazia santificante”. Mons. Gadecki ribadisce poi – citando ancora la Familiaris consortio – che “la Chiesa non può accettare la cosiddetta gradualità della legge”.
E con “gradualità della legge” si intende l’esercizio di adattare la norma alle diverse circostanze. A tal proposito afferma infine il presidente della Conferenza episcopale polacca: “Come ci ha ricordato Papa Francesco, noi qui presenti non vogliamo e non abbiamo nessun potere di cambiare la dottrina della Chiesa”.
*
clicca qui per leggere il discorso integrale.