Ancora profondamente scosso dalle dimissioni di Benedetto XVI, il Collegio cardinalizio ha fatto una scelta insolita eleggendo al Soglio di Pietro un cardinale “venuto dalla fine del mondo”. “Povertà e servizio” sono state le parole chiave che hanno caratterizzato il pontificato di Bergoglio fin dai primi giorni. Già al secondo giorno da Papa, nell’incontro con i giornalisti, con tono serio e determinato disse per ben due volte: “Sogno una chiesa povera per i poveri”.
E quando incontrò le Chiese cristiane sorelle , ribadì che il suo compito era quello di “Servo dei servi”, Vescovo tra i Vescovi, e che Roma avrebbe dovuto rinnovare il suo “primato nella carità”. Ai rappresentanti dei vari poteri politici, economici, istituzionali Francesco ha ricordato incessantemente che “il vero potere è il servizio”.
A distanza di due anni e mezzo dalla sua elezione, è diventato chiaro a tutti che Papa Francesco sta operando velocemente una rivoluzione nella Chiesa e nel mondo in senso evangelico, influenzando credenti e non credenti, laici e religiosi, ricchi e poveri, nord e sud del mondo, centro e periferia.
È in questo contesto che si può comprendere quanto accaduto al Sinodo e come stiano cambiando anche i rapporti interni in funzione di un processo in cui la leadership emerge e si rafforza contemporaneamente alla capacità di coinvolgimento, di condivisione, di discussione in libertà e democrazia. Un processo che è “segno dei tempi” e che è possibile, in velocità ed efficacia, grazie ai sistemi di comunicazione che si stanno evolvendo nelle rete.
Al Sinodo, Papa Francesco ha modificato le modalità di intervento e discussione. Invece delle riunioni plenarie, ha dato maggiore spazio ai Circoli minori, i gruppi divisi per le diverse lingue in cui i Padri hanno potuto discutere liberamente, affrontando i problemi in maniera diretta, conoscendosi meglio, riscoprendo una fratellanza ed una unità di intenti.
Inoltre è evidente una rivoluzione nell’equilibrio dei poteri interni. La maggioranza che dura da sempre dell’Europa e dell’Occidente ha cominciato a vacillare, con l’emergere dei continenti e dei Paesi di periferia, in prossimità di un collegio cardinalizio che nel giro di pochi anni potrebbe vedere la solida delegazione europea diventare minoranza. E questo per la prima volta nella storia.
D’altro canto è proprio in Europa che la Chiesa stenta a crescere. Di fronte alle evidenti minacce e ai tentativi di condizionamento da parte di poteri forti esterni e delle resistenze interne, il Papa ha rilanciato con maggior chiarezza il suo progetto di riforma. Proprio perché a servizio di Dio e degli uomini, la Chiesa deve esercitare la sua influenza sul mondo in “povertà” e “servizio”.
In questo contesto ha riproposto la struttura di una Chiesa senza nessuna tentazione temporale, e cioè il Pontefice “Servo dei servi” e i Vescovi pastori umili e accoglienti. In questo progetto non c’è la Curia, struttura che seppur nata per aiutare il Successore di Pietro a esercitare la sua missione evangelizzatrice, è diventata troppo potente e, per certi versi, secolarizzata.
Gesù Cristo realizzò la più grande delle rivoluzioni: quella del bene che vince sul male, dell’amore che vince sull’inimicizia, della fragilità umana che vince sui poteri forti. Seppur nelle debite proporzioni, Francesco sta seguendo quella stessa linea indicata chiaramente nel Vangelo: “Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli. Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati. Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli. (…) Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli”.