ROMA, venerdì, 5 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Galileo Galilei era un profondo uomo di fede e può diventare “patrono” del dialogo tra fede e scienza.
Sono queste le conclusioni del congresso “La scienza 400 anni dopo Galileo Galilei”, organizzato il 26 novembre a Roma dall’impresa aerospaziale Finmeccanica per preparare l’Anno Internazionale dell’Astronomia, convocato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in memoria dei 400 anni (1609) dell’utilizzo da parte di Galilei del monocolo astronomico.
Le conclusioni sono state presentate dal Segretario di Stato di Bendetto XVI, il Cardinale Tarcisio Bertone, e dal presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, l’Arcivescovo Gianfranco Ravasi.
Nel suo discorso, il Cardinal Bertone ha constatato che “in questi ultimi anni ci sono stati interventi chiarificatori che, se hanno con grande sincerità posto in luce lacune di uomini di Chiesa legati alla mentalità dell’epoca, hanno permesso al tempo stesso di far risaltare la ricca personalità di questo scienziato che con il cannocchiale astronomico scoprì che la Terra non è il centro di tutti i movimenti celesti”.
Il porporato si è riferito in particolare alla dichiarazione del 31 ottobre 1992, con la quale Giovanni Paolo II ha riconosciuto pubblicamente gli errori commessi dal tribunale ecclesiastico che ha giudicato gli insegnamenti scientifici di Galilei.
Uomo di fede
“Quel che mi pare debba essere sottolineato è che Galileo, uomo di scienza, ha pure coltivato con amore la sua fede e le sue profonde convinzioni religiose – ha detto il Cardinal Bertone -. Galileo Galilei è un uomo di fede che vedeva la natura come un libro il cui autore è Dio”.
Per mostrarlo, il porporato ha letto due citazioni di Galilei di due lettere scritte a Cristina di Lorena.
Nella prima, l’astronomo diceva: “Mi par che nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalle autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie, (…) procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio”.
Nella seconda aggiungeva: “Io qui direi quello che intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado, ciò è l’intenzione dello Spirito Santo essere d’insegnarci come si vada al cielo, e non come vada il cielo”.
Patrono del dialogo tra scienza e fede?
Per questo motivo, monsignor Ravasi, nel contesto del congresso, ha rilasciato alcune dichiarazioni alla “Radio Vaticana” proponendo Galileo come “patrono ideale per un dialogo tra scienza e fede”.
Parlando alla stampa, inoltre, ha auspicato “che l’Archivio Segreto Vaticano ripubblichi integralmente e anche con opportuna esegesi tutti i materiali del cosiddetto ‘processo Galilei'”.
“Ritengo che abbiamo guardato abbastanza al passato, che abbiamo giustamente recitato tutti i nostri mea culpa – ha osservato -. Ora è giunto il momento di guardare al futuro con ottimismo nei rapporti tra scienze a fede”.
Secondo Ravasi, “compito di scienziati e teologi è quello di cominciare a guardare reciprocamente nei rispettivi altrui terreni, vedendo che esistono dei punti di intersezione”.
“I due settori non sono del tutto estranei l’uno all’altro, ma hanno dei punti di incontro e uno stesso oggetto che è l’uomo e il cosmo. L’unica differenza è che la ‘lettura’ è fatta da prospettive differenti”, ha constatato il presule.
Non c’è opposizione tra scienza e fede
Benedetto XVI ha sottolineato la dimensione di fede di Galilei nel discorso che ha rivolto all’assemblea plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze il 31 ottobre scorso.
“Galileo vedeva la natura come un libro il cui autore è Dio così come lo è delle Scritture – ha detto in quell’occasione -. È un libro la cui storia, la cui evoluzione, la cui ‘scrittura’ e il cui significato ‘leggiamo’ secondo i diversi approcci delle scienze, presupponendo per tutto il tempo la presenza fondamentale dell’autore che vi si è voluto rivelare”.
Per questo, citando Giovanni Paolo II, il Pontefice ha mostrato la collaborazione che c’è e ci può essere tra scienza e fede con queste parole: “Sono sempre più convinto che la verità scientifica, che è di per sé una partecipazione alla Verità divina, possa aiutare la filosofia e la teologia a comprendere sempre più pienamente la persona umana e la Rivelazione di Dio sull’uomo, una rivelazione compiuta e perfezionata in Gesù Cristo. Per questo importante arricchimento reciproco nella ricerca della verità e del bene dell’umanità, io, insieme a tutta la Chiesa, sono profondamente grato”.