di Jesús Colina
ROMA, martedì, 23 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Grazie ai 700.000 benefattori di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), un seminarista su sei, in tutto il mondo, può prepararsi gratuitamente al sacerdozio. Ma la crisi economica attuale colpisce fortemente anche ACS.
In questa intervista, il Segretario generale di questa associazione, Pierre-Marie Morel, traccia un bilancio del suo primo anno di servizio.
Nel gennaio del 2007 ha lasciato la carica di Vicepresidente del gruppo EADS per diventare Segretario generale internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Quali sono gli orientamenti generali della sua azione, dopo un anno di attività?
Pierre-MarieMorel: In questo anno trascorso mi sono dedicato a comprendere i problemi. Ho iniziato ascoltando, svolgendo colloqui sistematici con tutti coloro che lavorano nella nostra opera, sia nella sede in Germania, sia nei nostri 17 uffici nazionali. Questo tempo trascorso con ciascuno mi ha permesso di farmi una prima idea delle priorità.
Con le sue trecento persone fisse, attorniate da molti volontari, sacerdoti e laici, il personale è una delle grandi forze di questa realtà, grazie al loro impegno, alla loro fede e alla loro professionalità; un tesoro che occorre custodire con cura. Questo è il motivo per cui la gran parte delle misure adottate si riferiscono al personale e alle risorse messe a sua disposizione.
Un altro dei grandi fronti del 2008, che si concluderà nel 2009, è la creazione di un programma informatico comune per i nostri uffici nazionali, per conoscere meglio i nostri donatori e rispondere meglio alle necessità. I nostri benefattori sono straordinari. Sono fedeli e generosi perché conoscono i problemi e le necessità della Chiesa cattolica nel mondo.
Sono all’incirca 700.000 e appoggiano la missione pastorale della Chiesa con la loro preghiera fedele. Dedicano una messa ogni 27 secondi, in tutto mondo, ad un’intenzione particolare e sostengono così la grande preghiera della Chiesa, in unione con la Chiesa celeste, nella sua supplica per far conoscere la buona novella del Vangelo, per portare la pace e l’unità nel mondo e alleviare le sofferenze. Grazie a loro, un seminarista su sei, nel mondo, può prepararsi al sacerdozio, i fedeli possono pregare nelle cappelle, e i sacerdoti e le religiose possono continuare la loro missione pastorale. Grazie a loro è possibile rispondere a più di cinque mila richieste di aiuto ogni anno. Per la loro fedeltà rendo grazie a Dio.
Come Segretario generale lei è un osservatore privilegiato delle sofferenze della Chiesa nel mondo. Non è una visione demoralizzante?
Pierre-MarieMorel: Cristo ha dato la sua vita per ciascuno di noi. La vittoria è già stata annunciata e siamo verso la fine del cammino. Tutte le sofferenze di cui noi siamo i primi testimoni sono come il terreno coltivato e i semi della Chiesa. Siamo invitati a pregare e adorare in nome e per conto di coloro che non possono farlo. Ci troviamo nel cuore del mistero della comunione dei santi, che è un’arma efficace contro lo sconforto. A livello sociale, la messa e l’adorazione quotidiana trasmettono a ciascuno di noi questa responsabilità.
“Nella speranza siamo stati salvati”, dice san Paolo ai Romani!
Bisogna leggere l’enciclica “Spe Salvi” del nostro amato Papa Benedetto XVI. Nel capitolo terzo, a proposito di Josefina Bakhita, dice: “L’esempio di una santa del nostro tempo può in qualche misura aiutarci a capire che cosa significhi incontrare per la prima volta e realmente questo Dio”.
Josefina era nata nel Darfur, in Sudan. Rapita da trafficanti di schiavi, picchiata a sangue e venduta più volte, fu poi comprata da un padrone totalmente diverso che le permise di incontrarsi con Dio.
“Ora lei aveva speranza – non più solo la piccola speranza di trovare padroni meno crudeli, ma la grande speranza: io sono definitivamente amata e qualunque cosa accada – io sono attesa da questo Amore. E così la mia vita è buona. Mediante la conoscenza di questa speranza lei era redenta, non si sentiva più schiava, ma libera figlia di Dio”.
Allora, è sconfortante? No! Viviamo nella speranza! Siamo alimentati dalle testimonianze di santa Josefina Bakhita, di tutti i santi di oggi che danno la loro vita per Cristo e di cui noi siamo i primi testimoni.
Sono stato a Nairobi con mia moglie Anne, per partecipare al Congresso dell’Africa Family Life Federation (AFLF), presieduta da Danièle Sauvage. Siamo stati edificati dalla forza e dalla profondità delle testimonianze dei rappresentanti dei 17 Paesi presenti, disposti a lavorare insieme per salvare i valori familiari, in armonia con l’insegnamento della Chiesa.
In Palestina abbiamo incontrato cristiani che suscitano ammirazione per il loro impegno nel voler continuare a vivere e a pregare nella loro terra per diventare segno di pace tra tutte le comunità. Speranza di pace.
Lo scorso ottobre sono stato con Anne a Lisieux per partecipare alla beatificazione di Louis e Zelie Martin, genitori di santa Teresa del Bambino Gesù. Che esempio per tutti i genitori del mondo che scelgono la vita e accolgono la volontà del Signore ogni giorno. Speranza nella famiglia.
Nella cattedrale di Westminster ho trovato, durante il mio incontro con monsignor Jean Benjamin Sleiman, Arcivescovo di Baghdad, una grande speranza nonostante la precarietà della situazione dei cristiani in Iraq. Speranza contro ogni speranza.
Che ricchezza ho visto nella recente riunione che abbiamo svolto con la Conferenza episcopale e il Nunzio apostolico di Russia, che hanno bisogno del nostro aiuto per continuare a portare avanti i loro progetti pastorali. È la speranza di chi ha fiducia.
Dopo li Getsemani, dopo il Venerdì santo, la Resurrezione!
Da qualche mese si sta abbattendo sul mondo una grave crisi finanziaria ed economica. Che conseguenze vede per Aiuto alla Chiesa che Soffre?
Pierre-MarieMorel: Di fronte a questi avvenimenti abbiamo due possibili reazioni. Quella del pessimismo: ripiegarsi su se stessi e abbandonare. O quella di coloro che sanno che da ogni male Dio può trarre un bene. Questa è la mia opinione. Ho lanciato il mese scorso il programma “Obiettivo 2012” (in inglese “Cape 2012”) per mobilitare l’intera nostra opera contro questa crisi. Il programma è stato presentato al Comitato dei direttori e al Consiglio generale dell’opera riunitosi a Roma due settimane fa. Quando la crisi economica raggiunge i grandi Paesi industrializzati, sappiamo bene che i Paesi poveri sono le prime vittime.
Secondo le nostre stime, nel 2012 avremo bisogno di 100 milioni di euro per affrontare tutte le necessità. Ci mancano 20 milioni di euro in quest’anno. L’aumento delle donazioni verrà dagli uffici esistenti, ma anche da quelli nuovi lì dove i cristiani potranno partecipare a questo straordinario strumento di solidarietà.
Di fronte a questa urgenza, nel numero di gennaio 2009 del Bollettino chiedo a tutti i benefattori di pregare. Chiedo loro di dare, sin dal 2009, un euro al mese in più e di cercare, ciascuno, un nuovo benefattore, spiegando il perché di questa urgenza.
Parallelamente, avvieremo un programma di riduzione dei costi per orientare le risorse il più possibile verso i progetti. Così, con la grazia di Dio, che non ci ha mai abbandonato, confidiamo nel futuro e con questa mobilitazione senza precedenti speriamo di poter rispondere alla domanda.
Lei parla di nuovi uffici. A quali Paesi si riferisce?
Pierre-MarieMorel: i criteri di cui tenere conto per valutare dove aprire nuovi uffici sono numerosi e complessi. Anzitutto, gli uffici nazionali esistenti hanno progetti per potersi sviluppare. Poi, nuovi Paesi potranno diventare Paesi di donazione nei prossimi anni. Alcuni Paesi pot
enziali sono già allo studio.
Si dice che, dopo la morte dei fondatori, le organizzazioni attraversano sempre periodi difficili. Come è stato per Aiuto alla Chiesa che Soffre, dopo la morte di padre Werenfried?
Pierre-Marie Morel: È vero. Come ogni organizzazione al mondo, la perdita del suo fondatore è una tappa dolorosa e per recuperare occorre umiltà, impegno e preghiera.
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha la fortuna di essere stata costituita da Papa Giovanni Paolo II come associazione pubblica di fedeli legata alla Congregazione per il clero.
Sotto l’impulso del nostro amato nuovo Presidente, il padre Joaquín Alliende Luco, questo stretto legame con la Chiesa è stato e rimarrà determinante per la fedeltà di questa opera al carisma del suo fondatore e per l’unità dei suoi membri nel seno della Chiesa cattolica
Da ultimo, l’indipendenza economica fa sì che questa organizzazione sia del tutto libera nel suo servizio alla Chiesa universale.
Monsignor Morel, alla fine di questa intervista, quale augurio vuole fare per questo nuovo anno?
Pierre-MarieMorel: Questo è l’anno di san Paolo! Per la nostra opera è interessante sapere che la comunità alla quale Paolo si sentiva più legato era quella dei filippesi. Anche dalla sua detenzione, e poi da libero, Paolo ebbe cura dei numerosi contatti con coloro che organizzavano aiuti economici per sostenere le attività di evangelizzazione. I nostri donatori sono i filippesi di oggi! Ascoltiamo san Paolo che si rivolge ai filippesi nel capitolo quarto.
“Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”.
Che questa lettera di Paolo ai filippesi possa essere il nostro programma per il 2009, perché arriviamo ad essere i messaggeri della Speranza di cui il mondo ha tanto bisogno.
Auguri per il Natale e per un buon e santo 2009!
Per aiutare ACS (http://www.acn-intl.org), si può inviare un messaggio agli indirizzi: acs@acs-italia.org; mail@aide-eglise-en-detresse.ch