“La natura di questa Europa è antidemocratica”. E ancora, la ratifica del Trattato di Lisbona è “alto tradimento, un colpo di Stato”. Parole che la costituzionalista francese Anne-Marie Le Pourhiet pronunciò nel 2007. Parole politicamente scorrette, che attirarono tuttavia una polemica infinitesimale rispetto a quella suscitata da lei stessa nelle settimane scorse, per essersi scagliata contro il “femminismo radicale” e le “lobby gender” di cui “la Francia è schiava”. Segno evidente che una critica, anche assai feroce, alle Istituzioni è considerata oggi meno grave del dissenso all’ingerenza che certe minoranze rumorose esercitano sulla politica.
Gli echi delle affermazioni che Le Pourhiet – ordinario di Diritto pubblico all’Università di Rennes, vicepresidente dell’Associazione francese di Diritto costituzionale, cavaliere della Legion d’onore – ha rilasciato in un’intervista all’italiano Avvenire, sono arrivati in Francia portandosi dietro un carico di veleni. Oltremodo corrosivi poiché la Le Pourhiet è una figura storicamente legata agli ambienti di sinistra del Paese, tanto da far parte del Consiglio Scientifico della Res Publica, un think tank presieduto da Jean-Pierre Chevènement, già vice-ministro ai tempi del presidente socialista Francois Mitterand.
Probabilmente proprio in virtù della sua conoscenza diretta delle dinamiche interne alla politica, la Le Pourhiet afferma: “Abbiamo dirigenti in Francia, a destra come a sinistra, che si sono lasciati soverchiare da clientele elettorali e lobby, non osando più dire no”.
E quali sarebbero alcune delle lobby cui fa riferimento la costituzionalista? Il riferimento appare chiaro nelle parole che seguono. “Sento che siamo avviati verso un nuovo femminismo estremamente aggressivo, che sta mutando profondamente per opera di specialisti della teoria del gender e del movimento lesbico radicale, scostandosi in modo netto dalle rivendicazioni femministe del primo periodo e avvicinandosi al puro delirio e alla sovversione”. E ancora, senza alcuna esitazione, la Le Pourhiet rilancia: “Trovo paradossale che in certi ambiti questa corrente rivendichi l’assenza totale di limiti a favore della donna. Lo dimostra il progetto di legge al quale è innestato l’emendamento sull’aborto (che sopprime la condizione della sofferenza della donna incinta per il ricorso all’aborto, ndr), che è un progetto di legge completamente liberticida, di rieducazione mentale”.
Colpa di una cultura femminista che, passando “dalla difesa delle donne a quella dell’omosessualità”, promuove le nozze omosessuali “in nome dell’uguaglianza”. Concetto di uguaglianza che sembra non conoscere freni al proprio delirio, “tanto che c’è chi sostiene che il seguito dell’uguaglianza è di permettere a due uomini di poter ‘fare’ un bambino”.
A proposito del tema della generazione della vita umana, la Le Pourhiet affronta anche la problematica della maternità surrogata. “Si parla spesso di utero in affitto, ma in realtà il fenomeno va ben al di là – spiega -. Siamo davanti a contratti sulla fabbricazione di un essere umano e sul suo abbandono. È un mercato centrato sulla mercificazione non più solo del corpo ma dell’essere umano e della sua stessa esistenza”.
C’è una circolare in Francia, diffusa dal ministro della Giustizia, quellaChristiane Taubira già nota per aver promosso i matrimoni gay e le adozioni a persone dello stesso sesso, che richiede il riconoscimento dei bambini nati da maternità surrogata. La Le Pourhiet è dell’opinione che questa circolare aprirà una caotica fase di indeterminatezza giuridica. “Dopo aver messo la Francia di fronte al fatto compiuto, questi genitori sostengono che non si possono lasciare i bambini senza la nazionalità francese”, racconta. Se si cede alle pretese di questi “fruitori” di maternità surrogata, “vuol dire che i divieti della Francia e della società non pesano più. Dopodiché occorrerà piegarsi sistematicamente davanti a ogni fatto compiuto”, il suo laconico commento. D’altronde, prosegue, “la legge proibisce la maternità surrogata, allora non si può avallare la frode di chi va in India o negli Stati Uniti o altrove. Se il legislatore vuole uscire da questa situazione, che lo dica e prenda le proprie responsabilità”.
Di questi tempi, visto l’insuccesso elettorale del partito di governo alle scorse elezioni amministrative in Francia, è facile intuire che il “potere legislativo” non sia intenzionato ad “assumersi le proprie responsabilità” riguardo temi, quali sono quelli etici, su cui il popolo francese ha più volte dimostrato di pensarla in modo diametralmente opposto ai fautori del laicismo.