Circa il cambiamento della traduzione italiana del “Padre nostro” varie obiezioni per non dire critiche e polemiche si trascinano da tempo. E questo non meraviglia visto che tradurre è l’operazione culturale maggiormente difficile, tanto più quando si tratta di un testo sacro; certo non è il massimo visto che l’ottimo sarebbe recitarlo nell’originale greco sapendo riconoscervi il substrato semitico! Tuttavia mentre si disquisisce si dimentica di cogliere quali siano le tentazioni che ci assediano e per cui si chiede di essere aiutati a non acconsentirvi.
In questo papa Francesco ripete spesso che le due tentazioni ricorrenti sono quelle di un pelagianesimo senza grazia e uno gnosticismo senza carne. La Congregazione per la dottrina della fede vi ha persino dedicato nel 2018 la lettera Placuit Deo.
Non solo per evitare tali insidie ma anche per crescere in una fede retta un aiuto viene dal pensiero e spiritualità di Iacopone da Todi espressa nel suo laudario. Infatti padre Alvaro Cacciotti nel volume “La teologia mistica di Iacopone da Todi” (Milano 2020) evidenzia che il francescano tuderte era un mistico ben radicato nella complessità e contraddittorietà della storia. Anzi proprio i doni mistici ricevuti lo rendevano ancora più attento alla realtà e certamente avrebbe sottoscritto quanto secoli prima sant’Agostino scrisse contro Giuliano per chiarire la qualità di vita spirituale dei cristiani: “Questo è l’orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel suo esempio e non nel dono della sua persona”.