Mons. Francesco Follo - Foto © Servizio Fotografico-L'Osservatore Romano

Mons. Follo: Il Battesimo di Gesù: gesto d’amore

III Domenica dopo Natale – Battesimo di Gesù – 12 gennaio 2020

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Il Battesimo di Gesù: gesto d’amore.

 

III Domenica dopo Natale – Battesimo di Gesù – 12 gennaio 2020

 

Rito Romano

Is 42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17

Rito Ambrosiano

Is 55,4-7; Sal 28; Ef 2,13-22; Mt 3,13-17

 

  • Il profeta che indica Dio.

Per capire bene il brano del Vangelo di questa domenica è utile ricordare che Giovanni il Battista è – come dice Gesù stesso – più che un profeta. Il profeta nell’Antico Testamento fa due cose, che sono un decisivo aiuto per vivere la fede.

La prima è quella di ricordare all’’uomo la promessa di Dio, se no l’uomo vive nella dimenticanza. Il profeta dice la Parola di Dio e ci richiama tutti all’ascolto di questa Parola. Ciò ci dice il primo atteggiamento che deve avere l’uomo per incontrare il Signore tanto ricercato e atteso: ascoltare la sua promessa, la sua parola, avere i suoi criteri, il suo modo di pensare.

La seconda cosa è quella di impedire l’idolatria della parola. Il profeta non richiama solamente all’osservanza della Parola, perché è pericoloso osservare solo la Parola. In effetti ci può essere un figlio che ha letto il manuale del figlio perfetto e osserva tutte le regole che sono scritte nel manuale, ma non conosce i suoi genitori e neanche li ama. Quindi il profeta è colui che impedisce l feticismo della Parola, il legalismo e richiama a Colui che parla, alla conversione al Signore.

Detto altrimenti, il profeta vero ha una duplice funzione di far osservare la Parola e di volgerci a Dio unendoci a lui con l’ascolto e lo sguardo. Guardando a Colui che parla, scopiamo non solo quello che Dio vuole che noi facciamo ma entriamo in comunione con Lui. Attraverso la sua Parola Dio non ci chiede semplicemente di eseguire i suoi ordini ma di entrare in comunione con Lui, La religione che propone non è un insieme regole e di riti, ma una religione di figli, guidati dalla legge della libertà, della libertà di figli di Dio.

Se dimentichiamo che dietro la Parola c’è Colui che parla, ci si chiude nel legalismo e facciamo l’enorme peccato di costruire la nostra, propria giustizia osservando delle leggi e imponendole eventualmente a degli altri, senza mai entrare in comunione con Dio. Facciamo del nostro “io” il nostro “dio”.

E di fatti togliendo la profezia a Israele, resterebbe una religione del libro, cioè una religione della legge; invece non lo è; Israele, oltre alla legge ha sempre i profeti. E se si trascurano i profeti, non si capisce il Signore. Di fatti il punto di arrivo della profezia è sempre il cuore nuovo, che vivere la comunione col Signore, fa vivere la Parola dal di dentro. Ed è proprio la profezia il passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento, il passaggio dalla Parola a Colui che parla e il Battista rappresenta proprio questa soglia, soglia che deve essere sempre in ciascuno di noi: l’attenzione alla Parola, alla promessa e dietro a Colui che si impegna con la sua promessa.

Quindi il Battesimo di Giovanni che, per quanti andavano da lui, era un battesimo di penitenza e di conversione, diventa per Cristo un gesto di amore, grazie al quale il Padre lo manifesta, testimoniando la sua divinità e indicandolo come l’Amato. Lui è il “Figlio diletto” e su di Lui si posa lo Spirito che lo investe della missione di profeta, che annuncia il messaggio della salvezza, di sacerdote, che compie l’unico sacrificio gradito al Padre, di re e messia che salva (cfr. Prefazio della Messa di oggi).

 

 

2) Il Battesimo di Gesù, l’Amato, l’umile Messia.

La festa del Battesimo di Gesù è nella scia delle manifestazioni che la liturgia del tempo di Natale ci propone per celebrare, contemplare e vivere il Mistero d’Amore di Dio fatto carne.

A Natale, insieme con Maria, Giuseppe e i pastori abbiamo contemplato il fatto che, in un’umile stalla di Betlemme, è nato il Verbo incarnato, manifestazione dell’Amore di Dio per noi.

Nell’Epifania, il Messia si è manifestato a tutte le genti, rappresentate dai Magi, uomini che sapevano che “i cieli narrano la gloria di Dio” (Sal 19,2); erano certi, cioè che Dio può essere intravisto nel creato. “Ma, da uomini saggi, sapevano pure che non è con un telescopio qualsiasi, ma con gli occhi profondi della ragione alla ricerca del senso ultimo della realtà e con il desiderio di Dio mosso dalla fede, che è possibile incontrarlo, anzi si rende possibile che Dio si avvicini a noi” (Benedetto XVI, 6 gennaio 2011)

Oggi, sulle rive del Giordano “nel Battesimo di Cristo il mondo è santificato, i peccati sono perdonati; nell’acqua e nello Spirito diveniamo nuove creature[1].

Oggi, Gesù si rivela a Giovanni il Battista e al popolo d’Israele e, sottoponendosi al battesimo, svela due aspetti del suo mistero: l’umiltà e la carità: l’umile Dio di misericordia e il Figlio, l’Amato, l’Unto del Signore.

Umilmente, Egli si presenta tra i peccatori, come loro riceve il battesimo in segno di penitenza, e, allo stesso tempo, il Padre dichiara solennemente che Lui è Suo Figlio prediletto.

Giovanni è sconcertato, quando vede Gesù che si è messo in fila con i peccatori per farsi battezzare. Poiché L’ha indentificato come il Messia, il Santo di Dio, Colui che è l’Agnello Immacolato, Giovanni dichiara il suo sbalordimento. Lui stesso, il battista (= battezzatore), avrebbe voluto farsi battezzare da Gesù, ma Gesù lo invita decisamente a non fare resistenza: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia» (Mt 3,15). Con questa risposta a Giovanni, Gesù manifesta di essere venuto nel mondo per fare la volontà di Colui che lo ha mandato, per compiere tutto ciò che il Padre gli chiede. “Gesù è pura trasparenza del volere del Padre, è pura e spontanea eco della volontà del Padre” (H. U. von Balthasar).

La breve e decisa risposta di Gesù rivela la divina misericordia, che adempie ogni giustizia. La giustizia divina non contrasta con quella umana ma la supera, la completa e trasforma con l’amore. Potremmo dire che la giustizia più l’amore è la misericordia.

Il Battista, anche se è sconcertato di fronte a questo inatteso gesto di Cristo, dà credito alle parole di Gesù e si piega alla volontà di Dio, come deve fare ogni uomo: abbandonare il proprio modo di pensare per accettare quello di Dio: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,le vostre vie non sono le mie vie – oracolo del Signore” (Is 55, 8). Egli giudica secondo verità e riscatta seconda la sua misericordia.

E’ per obbedire alla volontà d’amore del Padre che Egli ha accettato di farsi uomo, che “si è abbassato” per farsi uno di noi, che si è umiliato fino alla morte di croce (cfr Fil 2,7).     Dunque il primo aspetto del Mistero che oggi celebriamo è quello della misericordia umile e dell’amore solidale: è il gesto di Colui che vuole farsi in tutto uno di noi e si mette realmente in fila con i peccatori; Lui, che è senza peccato, si lascia trattare come peccatore (cfr 2Cor 5,21), per portare sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera umanità, anche della nostra colpa. È il “servo di Dio” di cui ci ha parlato il profeta Isaia nella prima lettura (cfr 42,1). La sua umiltà è dettata dal voler stabilire una comunione piena con l’umanità, dal desiderio di realizzare una vera solidarietà[2] con l’uomo e con la sua condizione.

Il secondo aspetto è quello dell’“unzione”, come Gesù stesso ce lo insegna quando spiega quello che Gli era accaduto ricevendo il Battesimo di Giovanni il Battista. Ha lasciato il Giordano, si trova nella sinagoga di Nazareth e applica a se stesso le parole di Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me: Mi ha consacrato con l’unzione.”. Lo stesso termine di “unzione” è utilizzato da San Pietro (cfr la seconda lettura), quando parla del battesimo di Gesù: “Dio ha unto di Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth”.

 

 

3) Il Battesimo di Gesù: epifania di Grazia.

Andiamo idealmente sulle rive del Giordano, dove Giovanni Battista amministra un battesimo di penitenza, esortando alla conversione. In questo evento straordinario Giovanni vede realizzarsi quanto era stato detto riguardo al Messia nato a Betlemme, adorato dai pastori e dai Magi. È proprio Lui l’annunciato dai Profeti, il Figlio prediletto del Padre, che dobbiamo cercare mentre si fa trovare, e invocare mentre ci è vicino.

Oggi non sono i pastori o i Magi che riconoscono il Figlio di Dio, è il Padre che Lo riconosce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento” (Mt 3, 17), e che consacra Messia il Figlio mediante l’effusione dello Spirito. Dai Cieli aperti, dal Seno del Padre, il Figlio vedo lo Spirito di Dio che come una colomba plana su suo nido: “Ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di Lui.” (Mt 3, 16) e resta su di Lui, perennemente (cfr (Gv 1, 32-33). Quest’Uomo sul quale scende, come una colomba, lo Spirito Santo, è il Figlio di Dio che ha assunto da Maria Vergine la nostra carne per redimerla dal peccato e dalla morte.

E’ davvero grande questo mistero di grazie e di salvezza. Mistero nel quale ciascuno di noi è inserito grazie al sacramento del Battesimo, per cui siamo diventati figli di Dio, “figli nel Figlio”, figli del Suo Amore.

C’è un nesso profondo tra il Battesimo di Cristo ed il nostro Battesimo. Al Giordano si aprirono i cieli (cfr Lc 3,21) ad indicare che il Salvatore ci ha dischiuso la via della salvezza e noi possiamo percorrerla grazie proprio alla nuova nascita “da acqua e da Spirito” (Gv 3,5) che si realizza nel Battesimo. In esso noi siamo inseriti nel Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, moriamo e risorgiamo con Lui, “Lui ci ha risuscitati nel Suo Amore, si dona a ciascuno di noi per assimilarci aLui, perché siamo la Sua copia fedele, perché noi scompariamo in Lui e diventiamo un altro Lui-stesso” (Marthe Robin), ci rivestiamo di Lui, come a più volte San Paolo scrive nelle sue lettere (si veda per esempio 1 Cor 12,13; Rm 6,3–5; Gal 3,27).

L’impegno che scaturisce dal Battesimo è pertanto quello di “ascoltare” Gesù come veri discepoli, cioè di credere in Lui e di seguirlo cordialmente, vivendo una personale amicizia con Lui. Per realizzare questo non basta seguirlo e ascoltarlo esteriormente. Bisogna anche vivere con Lui e come Lui. Ciò è possibile soltanto nel contesto di un rapporto di grande familiarità e di totale fiducia. E’ in questo modo che ciascuno può tendere alla santità, una meta che, come il Concilio Vaticano II insegna, è la vocazione di tutti i battezzati.

Il modo con cui le Vergini consacrate tendono alla santità  mostra come la fede ricevuta in dono nel giorno del battesimo è un dono da coltivare e da testimoniare. Queste donne si sono impegnate a portare la luce di Cristo nelle tenebre del tempo (come è significato dalla lampada che ricevono il giorno della loro consacrazione cfr RCV n. 25 e n. 69); a vivere il Vangelo della speranza nel mondo del dubbio; ad essere modello per chi non intende dare ascolto alla voce dell’Altissimo. Ad essere, infine, cristiane adulte, consapevoli del proprio agire redento, portatrici non di una Promessa, ma di una Presenza, evangelizzatrici della Parola fatta carne.  Che queste donne consacrate ci siano di esempio ad avere un comportamento da discepoli secondo “logica” di Cristo seguendo l’invito di San Paolo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di in Cristo Gesù” (Fil. 2,5) e quello di San Pietro: “Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 2,4-5).

 

 

 

IL BATTESIMO DEL SIGNORE

San Massimo di Torino

Homilia XXX De Epiphania, PL 57, 291-294.

 

            Vescovo di Torino nel V secolo, San Massimo è, con S. Agostino, uno degli antichi Padri latini che ci hanno lasciato magnifiche collezioni di sermoni. E’ noto quasi unicamente per la sua opera letteraria e oratoria, che ce lo rivela vescovo ardente nella lotta per l’integrità della fede e sollecito del progresso spirituale dei suoi fedeli. La sua eloquenza, dotata di forza e, nello stesso tempo, di semplicità, è ispirata da uno zelo pastorale proteso a far ritrovare la presenza del Cristo in tutta la Scrittura.

“Il Vangelo ci racconta che il Signore venne al Giordano per essere battezzato e volle che in questo stesso fiume la sua consacrazione fosse confermata da segni celesti. Non dobbiamo meravigliarci che in questo egli abbia preceduto tutti gli altri. Volle compiere per primo quello che comandava di fare, per insegnare – da buon maestro – la sua dottrina non tanto con le parole, quanto piuttosto con gli atti che compiva…
E’ significativo che questa festa segua, nello stesso volgere di tempo, quella della nascita del Signore, nonostante siano intercorsi degli anni fra i due avvenimenti, perché credo che tale festività celebri ancora una nascita… Là nasce come uomo e Maria, sua madre, lo riscalda stringendolo al seno; qui nasce secondo il mistero e Dio, suo Padre, lo abbraccia con la carezza della sua voce, dicendo: Questi è il mio Figlio diletto nel quale ho riposto ogni mia compiacenza, ascoltatelo (Mt. 3, 17 e 17, 5)…
Oggi dunque il Signore Gesù è venuto a ricevere il battesimo e ha voluto che il suo corpo fosse lavato nell’acqua del Giordano. Qualcuno forse dirà: «Perché ha voluto farsi battezzare se è Santo?». Ascoltami dunque: Cristo è battezzato, non per essere santificato dalle acque, ma per santificare lui stesso le acque e per purificare – lui, puro – le acque che tocca. Si tratta dunque più di una consacrazione dell’acqua che di quella del Cristo.
Dal momento in cui il Salvatore è lavato, tutta l’acqua è resa pura in vista del battesimo di noi tutti é viene purificata la sorgente, perché la grazia del lavacro passi alle generazioni che si succederanno nel tempo. 
Il Cristo passa per primo attraverso il battesimo, perché i popoli cristiani seguano con fiducia il suo esempio.
Così la colonna di fuoco precedette i figli di Israele nel Mar Rosso, perché la seguissero coraggiosamente nel cammino da essa indicato e, ancora per prima, attraversò le acque, per preparare la strada a quanti la seguivano. Quest’avvenimento fu, secondo la parola dell’Apostolo, una figura del battesimo (cfr. 1Cor. 10, 1 ss.) e battesimo era veramente quello in cui gli uomini erano coperti da una nube e portati dalle acque. Tutto ciò ha compiuto lo stesso Cristo nostro Signore, che, come allora aveva preceduto nella colonna di fuoco i figli d’Israele, così nel Giordano precedette nella colonna del suo corpo i popoli cristiani. La stessa colonna, dico, che illuminava gli occhi degli Ebrei in marcia, dona la luce ai cuori dei credenti. Allora essa tracciò un cammino sicuro tra le onde, ora corrobora la via della fede in questo lavacro: chi procederà intrepido, con fede, come i figli di Israele, non temerà la persecuzione degli Egiziani” (Hom. 30, PL 57, 291-294).

 

[1] Antifona del Benedictus della Liturgia delle Ore, Ufficio delle Lodi per la Festa del Battesimo di Gesù.

[2] “Solidarietà non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune” (B. Giovanni Paolo II, Sollicitudo Rei socialis, n. 38).

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Mons. Francesco Follo è Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi.

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ZENIT Staff

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