Abbazia di Montecassino - Foto Copyright, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

San Benedetto Patrono e protettore dell’Europa, Paolo VI e Benedetto XVI: Influsso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea

Anniversario della proclamazione il 24 ottobre 1964

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San Benedetto da Norcia con la sua vita e la sua opera ha esercitato un influsso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea”, così Benedetto XVI sul Patrono del suo pontificato. “Paolo VI, proclamando nel 24 ottobre 1964 san Benedetto Patrono d’Europa, intese riconoscere l’opera meravigliosa svolta dal Santo mediante la Regola per la formazione della civiltà e della cultura europea.”

Ma fra le tante impressioni, che questa casa della pace suscita ora nei nostri spiriti, una pare dominare sulle altre; ed è la virtù generatrice della pace”, così Paolo VI il 24 ottobre 1964 a Montecassino. “Spesso avviene che, siccome all’idea di pace si connette quella della tranquillità, della cessazione dei contrasti e della loro risoluzione nell’ordine e nell’armonia, siamo facilmente indotti a pensare la pace come l’inerzia, il riposo, il sonno, la morte. E vi è tutta una psicologia, con la relativa documentazione letteraria, che accusa la vita pacifica d’immobilità e di pigrizia, di inettitudine e d’egoismo, e che vanta al contrario la lotta, l’agitazione, il disordine e perfino il peccato come sorgente di attività, di energia, e di progresso.

Qui invece la pace ci appare altrettanto vera che viva; qui ci appare attiva e feconda. Qui si rivela nella sua capacità, estremamente interessante, di ricostruzione, di rinascita, di rigenerazione. […] Così celebriamo la pace. Vogliamo qui, quasi simbolicamente, segnare l’epilogo della guerra; Dio voglia: di tutte le guerre! Qui vogliamo convertire «le spade in vomeri e le lance in falci» (Is. 2, 4); le immense energie, cioè, impiegate dalle armi a uccidere e a distruggere, devolvere a vivificare ed a costruire; e per giungere a tanto, qui vogliamo rigenerare nel perdono la fratellanza degli uomini, qui abdicare la mentalità che nell’odio, nell’orgoglio e nell’invidia prepara la guerra, e sostituirla col proposito e con la speranza della concordia e della collaborazione; qui disposare alla pace cristiana la libertà e l’amore. La lampada della fraternità abbia sempre a Montecassino il suo lume pio ed ardente. […]

Correva l’uomo una volta, nei secoli lontani, al silenzio del chiostro, come vi corse Benedetto da Norcia, per ritrovare se stesso (in superni Spectatoris oculis habitavit secum, ci ricorda S. Gregorio Magno, biografo di S. Benedetto): ma allora questa fuga era motivata dalla decadenza della società, dalla depressione morale e culturale d’un mondo, che non offriva più allo spirito possibilità di coscienza, di sviluppo, di conversione; occorreva un rifugio per ritrovare sicurezza, calma. studio, preghiera, lavoro, amicizia, fiducia.

Oggi non la carenza della convivenza sociale spinge al medesimo rifugio, ma l’esuberanza. L’eccitazione, il frastuono, la febbrilità, l’esteriorità, la moltitudine minacciano l’interiorità dell’uomo; gli manca il silenzio con la sua genuina parola interiore, gli manca l’ordine, gli manca la preghiera, gli manca la pace, gli manca se stesso. Per riavere dominio e godimento spirituale di sé ha bisogno di riaffacciarsi al chiostro benedettino.

Voi Benedettini lo sapete dalla vostra storia specialmente; e il mondo lo sa, quando voglia ricordarsi di ciò che a voi deve, di ciò che da voi tuttora può avere. Il fatto è così grande ed importante che tocca l’esistenza e la consistenza di questa nostra vecchia e sempre vitale società ma oggi tanto bisognosa di attingere linfa nuova alle radici, donde trasse il suo vigore ed il suo splendore, le radici cristiane, che S. Benedetto per tanta parte le diede e del suo spirito alimentò. Ed è un fatto così bello che merita ricordo, culto e fiducia. Non già perché si debba pensare ad un nuovo Medioevo caratterizzato dall’attività dominante dell’Abbazia benedettina; ora tutt’altro volto dànno alla nostra società i suoi centri culturali, industriali, sociali e sportivi; ma per due capi che fanno tuttora desiderare la austera e soave presenza di S. Benedetto fra noi: per la fede, ch’egli e l’ordine suo predicarono nella famiglia dei popoli, in quella specialmente che si chiama Europa; la fede cristiana, la religione della nostra civiltà, quella della santa Chiesa, madre e maestra delle genti; e per l’unità, a cui il grande Monaco solitario e sociale ci educò fratelli, e per cui l’Europa fu la cristianità. Fede ed unità: che cosa di meglio potremmo desiderare ed invocare per il mondo intero, e in modo particolare per la cospicua ed eletta porzione, che, ripetiamo, si chiama Europa? Che cosa di più moderno e di più urgente? e che cosa di più difficile e contrastato? che cosa di più necessario e di più utile per la pace?

Ed è perché agli uomini di oggi, a quelli che possono operare e a quelli che solo possono desiderare sia ormai intangibile e sacro l’ideale dell’unità spirituale dell’Europa, e non manchi loro l’aiuto dall’alto per realizzarlo in pratici e provvidi ordinamenti che abbiamo voluto proclamare San Benedetto Patrono e protettore dell’Europa.”

44 anni dopo, Benedetto XVI ha affermato che “oggi l’Europa – uscita appena da un secolo profondamente ferito da due guerre mondiali e dopo il crollo delle grandi ideologie rivelatesi come tragiche utopie – è alla ricerca della propria identità. Per creare un’unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l’Europa. Senza questa linfa vitale, l’uomo resta esposto al pericolo di soccombere all’antica tentazione di volersi redimere da sé – utopia che, in modi diversi, nell’Europa del Novecento ha causato, come ha rilevato il Papa Giovanni Paolo II, “un regresso senza precedenti nella tormentata storia dell’umanità” (Insegnamenti, XIII/1, 1990, p. 58). Cercando il vero progresso, ascoltiamo anche oggi la Regola di san Benedetto come una luce per il nostro cammino. Il grande monaco rimane un vero maestro alla cui scuola possiamo imparare l’arte di vivere l’umanesimo vero.”

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ZENIT Staff

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